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 2005  ottobre 21 Venerdì calendario

Banier FrancoisMarie

• Parigi (Francia) 27 giugno 1947. Fotografo • «In principio François-Marie Banier cammina. Cammina per Parigi con una macchina fotografica e guarda la gente. Chissà perché Parigi rende la gente più interessante di altre città. Chissà perché un barbone appare più desolato se fotografato a Londra o New York, e due innamorati sulle rive del Tevere sembrano due vecchi coniugi a confronto con l’amour fou di quelli sulle rive della Senna. Parigi poi in bianco e nero dà il meglio di sé. E nei bianchi e neri di Banier ancor di più. Dunque lui cammina e, come dice, “viene quasi risucchiato dai suoi percorsi”. Che sono quelli canonici di un flâneur: i Lungosenna, Bercy, la tour Eiffel. “La cosa bella di Parigi è che ci s’imbatte quasi ogni giorno in una manifestazione. Io scivolo dentro e ritraggo tutto quello che mi sfila davanti” [...] “Tutto” per lui vuol dire impiegati e studenti, vecchi e bambini, barboni e professionisti. Tutto vuol dire cercare nei volti di ognuno di loro un pezzetto di storia, lo spirito dei tempi, miseria quotidiana e grandezza epica. Dietro Banier c’è Balzac e quella commedia umana che solo i francesi sanno narrare così bene. Dietro Banier c’è il duro sguardo del realismo di Courbet, che non è mai pittoresco come il nostro verismo. Per questo, come fa con i barboni, Banier riesce a fotografare le star, i filosofi, i grandi scrittori. Non c’è differenza: lui coglie sempre l’attimo. Li ritrae in momenti imprevisti, svela la loro intimità. “Ciò che non amo mostrare è quello che l’altro ama esibire. Ciò che amiamo nel prossimo è proprio quello di cui non è cosciente”, dice. Ed ecco Marcello Mastroianni che si abbandona a un ultimo tango fuori scena, Johnny Depp infantile che mette sul naso una collanina, Silvana Mangano in un gesto di stanchezza che la rende monumentale Mater Dolorosa, Nicole Kidman che ride di gusto tradendo il suo cliché di bellezza algida. “Si dovrebbe fare un film con le foto di Banier”, scrive il regista Patrice Chéreau [...]: “Riprendere gli stessi personaggi, farli lavorare usando le stesse inquadrature”. Ma poi conclude sconsolato che “sarebbe un film impossibile, bisognerebbe avere lo stesso suo aplomb, la sua villania, la sua insensibilità apparente. Un’insolenza che pure è tenera e affettuosa”. Eppure è vero: ogni foto è un film, ogni foto è un racconto. D’altra parte Banier non nasce fotografo ma romanziere e drammaturgo. Nasce a Parigi nel 1947 e già a vent’anni è considerato uno scrittore di valore. È con questo sguardo letterario che comincia a fotografare ed è questo sguardo che gli riconosce Salvador Dalí che lo esorta a continuare. Ma sarà solo nel 1991 che il Centre Pompidou, per sua e nostra fortuna, mette in scena la sua prima grande mostra legittimando la sua vocazione e il suo talento. “Fotografare è scrivere in modo definitivo e per l’eternità un viso, un corpo”. E che la differenza fra le sue arti sia per lui sempre più sottile diventa evidente nelle opere dell’ultima fase. Pezzi unici, foto istoriate di pensieri e scritti. Paesaggi di volti e città trasformati in testo. Diario visivo dove l’immagine è racconto, e la parola segno e disegno» (Alessandra Mammì, “L’espresso” 27/10/2005).