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 2005  ottobre 18 Martedì calendario

Arriva il "conto" dei baby boomer. Il Sole 24 Ore 18/10/2005. "Il vero test per l’euro arriva quando la generazione del baby boom si presenta alla cassa per la pensione", ha messo in guardia il danese Frits Bolkestein, già commissario Ue al Mercato interno

Arriva il "conto" dei baby boomer. Il Sole 24 Ore 18/10/2005. "Il vero test per l’euro arriva quando la generazione del baby boom si presenta alla cassa per la pensione", ha messo in guardia il danese Frits Bolkestein, già commissario Ue al Mercato interno. Ci siamo, o quasi. Per i baby boomer della prima ora la mezza età è agli sgoccioli. Dal primo gennaio prossimo, data-simbolo, l’avanguardia della più folta generazione di tutti i tempi fatta di forte natalità e bassa mortalità compie 60 anni. Anche se parecchi ormai resteranno al lavoro fino ai fatidici 65 e forse oltre, incomincia a entrare in area pensione la grande ondata del dopoguerra che stravolse in molti Paesi le previsioni demografiche, raddoppiandole. Sono 80 milioni negli Stati Uniti (77 milioni sopravissuti, più 8 di coetanei immigrati), non meno di 60 milioni in Europa occidentale, circa 15 milioni in Italia, cospicui qui non tanto per l’esplosione del loro numero in linea con i robusti decenni precedenti, quanto per il vuoto che li ha seguiti. Il che, al fine di capire come figli e nipoti pagheranno la loro pensione, è lo stesso. All’avanguardia di una generazione che ha cambiato stili di vita, contestato i padri, trasformato i consumi e le abitudini, che ha pensato di reinventare molto della vita, resta la vecchiaia, per quanto "moderna". Per i sistemi previdenziali del mondo occidentale, e non solo, sta per incominciare la vera prova, come ricordava ai Paesi Ue nel 2003 il "Rapporto congiunto di Consiglio e Commissione sulle pensioni adeguate e sostenibili". Per i mercati è in arrivo una nuova cultura di "giovani anziani", spesso con buone capacità di spesa. Per la società intera di numerosi Paesi fra i quali l’Italia si apre una fase mai vista, una massa senza precedenti di capelli grigi che impone al sistema finanziario e pensionistico il più grosso trasferimento intragenerazionale della storia. Nati fra il 1946 e il 1964 secondo la definizione più ampia, fra il ’46 e il ’57 secondo quella più stretta protagonista del vero e abnorme salto di natalità americano, i baby boomer hanno rappresentato per gli Stati Uniti 17 milioni di bambini in più rispetto alle previsioni tarate sui tassi di natalità degli anni 20 e 30, che avevano accentuato un calo di fertilità vecchio ormai di un secolo, comune a molti altri Paesi (non all’Italia, e, unica eccezione in Nord Europa, non all’Olanda), e che si riteneva acquisito. E lo era, visto che a quei livelli si è ritornati, ma dopo la "bolla" non prevista da nessuno dei grandi demografi di 70 o 60 anni fa. Vari demografi dicono che occorrerebbe risalire almeno al ’43, se non alla fine degli anni 30. "Credo però che la data del ’46 sia quella più indicativa, e che la cause molteplici siano non solo la fine della guerra, come è successo diffusamente pure in Europa, ma anche il rilancio dell’American dream, l’ottimismo, la ripresa economica le nuove più spaziose case fuori dai centri urbani. In Europa, dopo una fiammata postbellica, si dovette aspettare qualche anno per vedere qualcosa di simile", dice Massimo Livi Bacci, docente a Firenze e uno dei più stimati esperti demografici mondiali.  stato prima di tutto un fenomeno del mondo anglosassone. Ma anche l’Europa continentale ha fatto la sua parte, a partire dalla Francia che dall’indicatore di fertilità di 2,1 figli per donna di prima della guerra, livello di mantenimento della popolazione, passava a 3 dal ’46 al ’49 e si manteneva a 2,6 fino al ’67, per poi cadere e riprendere, eccezione o quasi in Europa, negli ultimissimi anni. "stata una parentesi dovuta a una serie di circostanze eccezionali", dice Fabienne Daguet della Divisione demografica dell’Insee, l’Istituto nazionale francese statistico-economico, tanto più eccezionale in una Francia che per prima aveva inaugurato a fine ’700 il declino della fertilità occidentale. Ma anche l’Italia, che pure era stata fra gli ultimi a vedere un (debole) rallentamento della natalità con il ’900, tornava a superare già nel ’46 il milione di nascite (1,046) portandosi sui valori prebellici falsati dalla campagna demografica mussoliniana. Il record del ’46 non veniva eguagliato neppure nell’ultimo gran finale del ’64. Si chiudeva quell’anno con 1,016 milioni di nascite, e in sintonia perfetta con quasi tutti gli altri Paesi occidentali, la straordinaria stagione dei baby boomer di metà Novecento. L’esubero di forza-lavoro fornita dai baby boomer in molti Paesi rispetto alle coorti demografiche precedenti consentiva 40 e 30 e ancora 20 anni fa la crescita e la generosità dei sistemi pensionistici pubblici a ripartizione come quasi tutti quelli europei, o la stessa (meno generosa) Social Security americana. L’esubero ormai vicino di pensionati rispetto alla generazione successiva, la cui avanguardia ha da poco doppiato il capo dei 40 anni, costringe ora al percorso contrario. Le nascite di 60 e 50 anni fa vanno integrate con le altre variabili, come diminuzione delle morti, allungamento della vita, declino della fertilità, allungamento o meno dell’età lavorativa, immigrazione, in parte valutabili anche sul lungo periodo, in parte più incerte, per arrivare alla fine al dato demografico che più interessa dal punto di vista della solvibilità del sistema, e cioè la dependency ratio o il tasso di dipendenza generazionale. Il rapporto fra chi è in età da lavoro fra i 20 e i 64 anni e chi ne avrà più di 65: un calo costante che porterà da una media europea di 4 a 1 oggi a un 2,4 in Gran Bretagna nel 2050 a 2,3 in Francia, 2 in Germania a un 1,5 in Italia, maglia nera assoluta, dato un tasso di fertilità anch’esso da anni ormai record negativo assoluto. Per l’Italia, dove ormai la piramide delle generazioni (molti giovani alla base, pochi anziani al vertice) è un ricordo e sta diventando quasi un rettangolo poggiato su uno dei due quasi identici lati più brevi, l’esodo dei figli del dopoguerra resta un problema pensionistico non ancora pienamente risolto. Quelle che saranno le pensioni dei giovani di oggi sono state drasticamente adeguate alle possibilità future. Mentre le pensioni dei baby boomer che hanno alle spalle leve spesso dimezzate rispetto alla consistenza numerica dei più anziani possono ancora riservare sorprese, secondo molti. "L’Italia si è più o meno attrezzata per il lungo periodo sull’orizzonte successivo al 2030-2040 con la riforma del ’95, ma è proprio la gobba dei baby boomer grossomodo nel periodo 2010-2030 a creare problemi. La riforma di un anno e mezzo fa non basta, servirà flessibilità per fare le correzioni necessarie", dice Tito Boeri, docente di Economia del lavoro alla Bocconi. Tutti si stanno occupando del ritiro dei baby boomer. La corsa alla pensione scatterà in pieno negli Stati Uniti fra due anni quando a 62 anni i nati nel ’46 (in casi specifici lo fanno già) potranno accedere alla pensione pubblica, la Social Security, mediamente tarata per pagare il 35-40% dell’ultimo salario. Negli Usa è un problema, perché 77 e oltre milioni di pensionati alle porte prosciugheranno l’attivo del sistema nel 2018 e faranno saltare la cassa, salvo ulteriori riforme, nel 2042. E in Europa, dove le aspettative sono di un 80% circa dell’ultimo salario? Riforme, come noto, sono state fatte un po’ ovunque. Ma devono affrontare ancora la prova dei numeri. E sarà, come ha detto Bolkestein, anche la prova dell’euro, che dovrà reggere all’urto senza essere fiaccato da bilanci pubblici fuori controllo. La moneta unica europea è stata creata per tre motivi, come ricordava ogni tanto il primo presidente della Bce, lo scomparso Wim Duisenberg: moneta-simbolo del legame tra la Germania del marco e l’Europa; moneta del Mercato unico; e moneta della disciplina budgetaria, voluta esplicitamente anche per evitare che in futuro, a fronte soprattutto del debito pensionistico, qualche Paese scegliesse la strada dell’inflazione. Si spera che i baby boomer decidano di restare al lavoro il più a lungo possibile. Intanto la pubblicità con teste grigie, molto grigie e quasi bianche, dedite ad acquisti e viaggi favolosi, aumenta sempre più in America e in Europa. E una generazione molto conscia di essere stata la prima del benessere diffuso e globale (nel mondo dei ricchi), protagonista in Europa di un’inedita lunghissima stagione di pace e in America del sogno nazionale di supremazia e primato, incomincia a farsi da parte, anagraficamente. Consapevole di essere stata, dalla culla alla pensione e oltre, qualcosa di diverso e irripetibile. Mario Margiocco