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 2005  ottobre 13 Giovedì calendario

Borsa, un affare di famiglia. Il Sole 24 Ore 13/10/2005. Milano. Alcuni, come i Berlusconi, hanno deciso di allentare il controllo a valle, nel caso specifico in Mediaset

Borsa, un affare di famiglia. Il Sole 24 Ore 13/10/2005. Milano. Alcuni, come i Berlusconi, hanno deciso di allentare il controllo a valle, nel caso specifico in Mediaset. Altri, come gli Orlando, hanno fatto un passo indietro. E altri ancora, come i Romiti, hanno chiuso i capitoli dell’editoria e delle costruzioni. Ma le grandi manovre degli ultimi anni hanno intaccato solo marginalmente la presa di controllo delle grandi famiglie su Piazza Affari. Che, attraverso sapa, holding finanziarie, fiduciarie e srl sparse tra Italia, Lussemburgo e Olanda, possono ancora contare su partecipazioni calcolabili effettivamente intorno ai 30 miliardi di euro. Quanto basta per avere voce in capitolo sul 6% del listino principale. E questo considerando solo le quote nelle società di riferimento di undici famiglie storiche della Borsa: Benetton, Caltagirone, Pesenti, De Benedetti, Agnelli, Orlando, Romiti, Berlusconi, Doris, Marco Tronchetti Provera e Leonardo del Vecchio. Una base di partenza rilevante e destinata a salire se si dovesse tener conto anche dei vari pacchetti azionari disseminati tra i patti di sindacato. Fin qui le partecipazioni. Quanto ai numeri, tutte insieme le holding in questione hanno registrato nel 2004 un utile di 330 milioni di euro (di cui 178 dalle holding di Berlusconi, Tronchetti Provera, Benetton e Agnelli), regalando dividendi per 114 milioni. Ma al di là delle casseforti più famose, da quella di Villar Perosa allo scrigno di Marco Tronchetti Provera, che guida il gruppo telefonico con una quota effettiva (cioé calcolate tutte le diluizioni della catena) dello 0,8% di Telecom Italia, sfogliando i documenti ufficiali delle "meno note" non mancano le sorprese. Si scopre, per esempio, che la Fgc, cassaforte di Francesco Gaetano Caltagirone, ha chiuso l’esercizio in rosso. O ancora che nel Granducato, al numero 23 di Avenue Monterey, dove ha sede la Herule Finance di Ennio Doris, sono in corso grandi lavori di riorganizzazione, inclusa una maxi-ricapitalizzazione di 400 milioni circa. E che dire di casa Orlando? La scelta degli eredi, dopo la scomparsa del capostipite Luigi, e il passaggio della quota di riferimento del gruppo Gim alla Intek, sembra ormai quella di liquidare la cassaforte. Aumento per Herule. Negli ultimi mesi in casa Doris si è chiusa una importante riorganizzazione delle scatole di famiglia, fino a un anno fa divise tra Italia e Lussemburgo. Così, una delle tre casseforti, Fin. Prog. Italia, fino a maggio 2004, titolare di un ricco pacchetto di titoli Mediolanum, il 10,5% (che evidenziava una maxiplusvalenza rispetto al valore di bilancio di 373 milioni) ha trasferito l’intero pacchetto alla lussemburghese Herule finance che porta in dote un pacchetto del 26,3% del gruppo attivo nel risparmio gestito, di cui il 3,6% in pegno alle banche. L’intero riassetto è avvenuto in due step. E si legge nei numeri di bilancio della Herule Finance. Il passaggio della quota dall’Italia al Lussemburgo, si è tradotta nel Granducato, a fine maggio del 2004 in un incremento sensibile delle immobilizzazioni, passate da 495 milioni a 932 milioni, ma anche dei debiti, che nel giro di un anno sono saliti da 282 milioni a circa 700 milioni, ma sempre infragruppo. Di qui la decisione di varare la ricapitalizzazione. A sottoscriverla, la Fin. Prog Italia, che in questo modo è diventata prima azionista della Herule Finance con una quota intorno al 50%. Così il bilancio a giugno 2005 della scatola lussemburghese, non ancora depositato, ma che il Sole24ore è in grado di anticipare, vede debiti praticamente azzerati e chiude in utile per 25 milioni a fronte di immobilizzazioni per 908 milioni. Orlando si scioglie, Fgc in rosso. Passando dal Granducato all’Italia, si scopre che lo scrigno di Francesco Gaetano Caltagirone quest’anno ha chiuso in rosso. La Fgc spa, partecipata al 99.9% dal patron del Messaggero e allo 0,1% da Azzurra spa, ha archiviato l’ultimo bilancio, di appena sette mesi, con un rosso di 1 milione. La finanziaria che evidenzia un attivo di 530 milioni e debiti verso soci per finanziamenti di 338 milioni ha risentito degli oneri di 1,2 milioni sul prestito obbligazionario di 50 milioni emesso dalla stessa Fgc. Spostandoci da Roma a Firenze si trova poi la cassaforte della dinastia fiorentina degli Orlando, la Orlando & C gestioni finanziarie. La fotografia dell’accomandita di famiglia vede Salvatore Orlando, figlio del capostipite Luigi scomparso quest’estate, come secondo azionista con il 31,69%, dietro la fiduciaria Siref (38,6%). Il terzo socio è il cugino di Luigi, Rosolino (13,45%). E proprio da Rosolino è partita nell’ultima assemblea la richiesta di chiudere l’avventura nella Sapa, che è iniziata nel 1986. Con due motivazioni: il passaggio del controllo del gruppo Gim alla Intek e la scomparsa del capostipite Luigi Orlando. Di qui la proposta, anche al fine dell’interesse economico di mantenere unito il pacchetto del 4% di Gim per un diritto di covendita, di sciogliere la società, convocando al più presto il cda. Si tratta di vedere come andrà a finire. I profitti di Pesenti. La cassaforte che ha in pugno il controllo del gruppo Italmobiliare è l’olandese Efiparind Bv. Finora, non ha depositato il bilancio del 2004. Ma indicazioni su come è andato l’ultimo esercizio in Olanda arrivano da due delle tre principali controllate: la Privital e la Cemital, che insieme a Finanziaria Aureliana custodiscono il 50% di Italmobiliare e che hanno archiviato l’anno con un utile di circa 3 milioni ciascuno. Infine la Miotir dei Romiti che ha segnato nei conti del 2004 un miglioramento, con una perdita ridotta a 157.425 euro (da 1,4 milioni). Ma Cesare Romiti, e i figli Piergiorgio e Maurizio hanno dovuto rinunciare anche al dividendo (7,7 milioni l’anno scorso). In compenso, i 55,1 milioni di azioni Gemina nel portafoglio della finanziaria hanno davvero cambiato volto. Da dicembre 2000 fino a un mese fa trattavano in Borsa ben al di sotto del costo storico di 1,49 euro. Ora il 15% di Gemina gode di una plusvalenza di quasi 50 milioni rispetto al prezzo di ieri. Marigia Mangano