19 ottobre 2005
MASETTI Umberto.
MASETTI Umberto. Nato a Parma il 4 maggio 1926, morto a Torre Maina di Maranello (Modena) il 28 maggio 2006. Motociclista. Campione del mondo 1950 e 1952 della classe 500. « stato il primo italiano a vincere il titolo della Classe 500. Figlio di un noto concessionario di moto della sua città natale, si avvicinò alle corse nell’immediato dopoguerra. Nel 1949 fu ingaggiato dalla Gilera e nel 1949 conquistò il primo titolo nazionale. L’anno successivo arrivò la definitiva consacrazione, quando batté nel mondiale Classe 500 Geoff Duke. Il grande avversario della stagione 1952 fu invece Leslie Graham. Dopo quell’anno Masetti salì alle cronache soprattutto per la sua vita molto mondana. Passato alla MV nel 1955, ottenne qualche risultato di rilievo, poi si trasferì in Sud America, dove diventò campione più volte. Rientrò in Italia nel 1972 per disputare la 200 Miglia di Imola, ma la moto lo tradì costringendolo al ritiro» (Enciclopedia dello Sport, Treccani). «Mostrava con orgoglio quella foto che lo ritraeva a Monza: capelli al vento sulla Gilera con cui poco prima aveva conquistato il secondo posto che valeva un Mondiale, il primo di un italiano in 500, nel 1950. Sulla tabella il numero 46. ”Per questo vincerà il titolo”, diceva nel 2001, quando Valentino Rossi era lanciato verso il primo iride nella classe regina. Umberto Masetti era un Valentino ”ante litteram”, gran pilota ma anche personaggio, con la parlantina fluente, la mente sveglia, la voglia di divertirsi. [...] Campione e uomo straripante, col gusto delle macchine, della bella vita, e, ovvio, delle belle donne. Si racconta, ma lui smentiva con convinzione, che per un certo periodo fosse stato legato da affettuosa amicizia, come si usa dire, a Moira Orfei, donna bellissima ma impegnata. Si narra pure che le regalò un leone, che venne abbattuto a pistolettate per il cattivo adattamento alla vita cittadina. Verità e leggende che si intrecciano. L’unica certezza è che Masetti era profondamente innamorato della motocicletta. Tanto che fin quasi all’ultimo continuava a guidare: a un’età in cui dà fastidio perfino guardarle comodamente dal divano, lui metteva tuta e casco per un’esibizione, una passerella con le moto d’epoca. Una passione che gli ha fruttato perfino una statua, che gli organizzatori di una rievocazione in Spagna, a Denia, [...] gli dedicarono. Non poteva che diventare pilota. Il padre concessionario Gilera, uno zio pilota che morì una settimana prima della sua nascita. La gavetta. E presto la gloria: ”Correvo con la Parilla, ma lo seppero alla Gilera e pensarono che non era bello per il figlio di un rappresentante di Arcore. E mi ingaggiarono. Dopo un inverno di allenamento, alla prima gara che feci nel 1950, in Belgio, ero il terzo pilota Gilera e il direttore sportivo Taruffi era stato chiaro: dovevo lasciare strada a Kavanagh e Pagani. Ma Duke scappava e loro due non riuscivano a stargli dietro. Così mi diede via libera. Io lo raggiunsi e lui cadde”. Primo a 24 anni: è la nascita di un idolo. Il ’’50 fu Mondiale (2 vittorie e 2 secondi su 5 gare) e poteva subito essere bis, se non ci fosse stato un incidente a Berna. La rivincita arrivò nel 1952: amara. Perché a fine anno la Gilera ingaggiò il grande nemico, quel Duke con cui aveva messo in piedi mille battaglie. E lui se ne andò. Arrivò alla MV, che ancora non era l’invincibile armata. Lui era già personaggio. Si vantava di essere superpagato, anche 5 milioni a stagione negli Anni ’50, ma non si è fatto mancare nulla ed ha anche pensato di ricorrere alla legge Bacchelli, che aiuta gli ex campioni, non rientrando nei requisiti per averla. Nel ’57, al ritiro delle grandi Case italiane, partì per il Cile. Aprì un’officina, corse ancora, ma quando capì che l’aria si faceva pesante tornò. Non casualmente a Maranello, e forte dell’amicizia con Enzo Ferrari, fu anche collaudatore per il Cavallino. Ma per necessità lavorò in un’area di servizio. Sempre in sella, fino quasi alla fine» (Filippo Falsaperla, ”La Gazzetta dello Sport” 30/5/2006).