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 2005  ottobre 12 Mercoledì calendario

LAPO ELKANN

Fruttero, che romanzo è la storia di Lapo Elkann?
«Una trama di una tristezza infinita. Non certo un romanzo erotico, qui i gusti sessuali diventano curiosità minori. E’ invece un racconto banale, il festino, la droga, il ragazzo ricco che si brucia e incenerisce quel bell’avvenire già tracciato».
Lapo è l’erede Agnelli, il nipote prediletto dall’Avvocato.
«Chiunque vada incontro a una cosa del genere mi fa una pena enorme. Chissà per quale motivo personale ha avuto questa caduta. Però il fatto piccante non riesco proprio a vederlo: va bene, ci sono dei travestiti ma c’è soprattutto la faccetta di un ragazzo, di un poveretto».
Che faccia è?
«Uguale a quella di tanti giovani che vedo davanti ai licei, la faccia di un nipote, e quando si diventa nonni si è più sensibili a certe tenerezze, si vorrebbe proteggere. La faccia di una grande, disarmante fragilità. Questa è l’unica parola che mi interessa: fragilità. Insieme al dolore di quei genitori».
Una famiglia importante, lo tireranno fuori, non crede?
«Da nonno immagino solo gli anni e gli anni che passeranno tra una clinica e l’altra per disintoccarlo, una vita rovinata da una sciocchezza».
C’è pure la Fiat, che si stava riprendendo.
«Qual era già il ruolo del ragazzo? Responsabile del marchio, del brand... Proprio un bel brand! Lui con la Fiat ha chiuso, sarà esiliato, dovrà scomparire, aprirà un ristorante in Messico».
Lapo si occupava di immagine. E la sua adesso?
«Incenerita, è proprio un paradosso, uno scherzo della vita».
E la vostra Torino cos’è diventata da Anna Carla Dosio, la donna della domenica, a Lapo?
«Una città in cui il Po è pieno di piscio, e il piscio è pieno di cocaina» (Carlo Fruttero a Maurizio Crosetti)