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 2005  ottobre 14 Venerdì calendario

CHEN SHUI BIAN Kuantien (Taiwan) 18 febbraio 1951. Politico. Ex presidente di Taiwan. L’11 settembre 2009 è stato condannato all’ergastolo per corruzione • «[

CHEN SHUI BIAN Kuantien (Taiwan) 18 febbraio 1951. Politico. Ex presidente di Taiwan. L’11 settembre 2009 è stato condannato all’ergastolo per corruzione • «[...] Esponente della formazione politica separatista del Partito democratico progressista (Dpp), Chen è stato presidente di Taiwan per due mandati, dal 2000 al 2008, e ha rappresentato per l’isola, che la Cina considera parte del suo territorio, una svolta storica rispetto ai 55 anni di governo del partito nazionalista Kuomintang, al potere dopo la sconfitta contro i comunisti di Mao Zedong culminata nel 1949 con la ritirata sull’isola. [...]» (’La Stampa” 12/9/2009) • «Pechino lo vede come fumo negli occhi. Peggio, se possibile, del Dalai Lama. E nonostante nei suoi discorsi ufficiali abbia da tempo smussato i toni, ma non la sostanza delle sue idee, che ruotano attorno al concetto di una Taiwan libera, indipendente e sovrana, come di fatto è da oltre 50 anni, non perde occasione per indicare il presidente di Taiwan, Chen Shui Bian, come un pericoloso guerrafondaio, un provocatore, un leader arrogante e corrotto. Arrivando, per distruggerne l’immagine pubblica e la popolarità, tuttora molto forte, a imbeccare la stampa di Taiwan legata all’opposizione con periodiche ”rivelazioni” su presunte irregolarità in cui sarebbe incorso, assieme ai membri della sua famiglia, da quando è al potere. [...] un passato di avvocato delle ”cause perse” (diritti umani), non dà l’impressione di un folle che vuole scatenare la terza guerra mondiale, o di uno Stranamore a mandorla che progetta l’Apocalisse. Eventualità tutt’altro che impossibile, secondo il governo di Taiwan, ma la cui responsabilità ricadrebbe esclusivamente sull’irragionevole intransigenza di Pechino. Che alle proposte di dialogo risponde aumentando i missili puntati contro l’isola e che non vuole ammettere una realtà ormai acquisita (anche se ipocritamente ignorata dalla maggior parte della comunità internazionale). Che Taiwan non è una ’provincia ribelle’ della Cina. Bensì un paese libero, sovrano e indipendente. E democratico. Un paese che oltre a una ottima performance economica, vanta una legi slazione avanzata in tema di sanità (assistenza gratuita per tutti, compresi gli stranieri), lavoro (la settimana corta di cinque giorni garantita per legge), stampa [...] e diritti civili (le unioni di fatto, anche tra gay, sono riconosciute). E dove esercito e polizia, dopo essere stati per lunghi anni strumenti di feroce repressione in mano al governo del Kuomintang, sono oggi saldamente sotto il controllo civile. E l’hanno dimostrato nella primavera del 2004, con un’impeccabile gestione dell’ordine pubblico durante l’assedio, durato oltre una settimana, dell’opposizione nazionalista. Poteva diventare un massacro. Non c’è stato nemmeno un ferito. Una grande prova di maturità. [...] Dopo aver subito un attentato, che l’opposizione ha subito definito fasullo [...] vince le elezioni di un soffio. Ma il Kuomintang contesta la vittoria e incita il popolo alla rivolta. [...] resta sotto assedio per oltre una settimana. [...] ”[...] sapevo che come candidato e come presidente avrei dovuto resistere fino alla fine. Ed ero assolutamente convinto della legittimità della mia vittoria. Se avessi avuto anche il minimo dubbio, me ne sarei andato. Ho messo la mia vita in mano ai taiwanesi, loro mi hanno eletto, loro debbono mandarmi a casa. Ho sempre avuto fiducia nel mio popolo. E nell’esercito, che infatti è rimasto neutrale, al suo posto, al servizio del Paese. Una grande lezione. Per tutti [...] Nel 2001 ho ricevuto un premio dall’Internazionale liberale. Ma il governo danese non mi ha dato il visto, e neanche la Francia. Neanche il Parlamento europeo ha avuto la decenza di accogliermi. Ho dovuto mandare a Strasburgo mia moglie, che è su una sedia a rotelle [...] Sono venuto in Europa grazie a un funerale. Quello di Giovanni Paolo II. E così, dopo oltre 70 anni di relazioni con il Vaticano, sono stato il primo capo di Stato a metterci piede, seppure in un’occasione triste. E ringrazio il governo italiano per il visto che mi ha concesso, sia pure per volontà divina, e per avermi dato la possibilità di incontrare alcune personalità. Da clandestino...”. Il suo paese viene chiamato con tanti nomi. Ufficialmente Repubblica di Cina, ma alle Olimpiadi [...] Taipei cinese. Nei libri di storia e nel linguaggio comune [...] Formosa, mentre per il Wto e le dogane di tutto il mondo [...] ”Unità doganali separate di Taiwan, Qymoi, Kinmen, Pescadores e Mazu”. [...] ”Taiwan. il nome che più si avvicina alla realtà geografica, storica, culturale e politica. Cina e Taiwan sono state sempre entità separate. Il controllo cinese su Taiwan, più volte interrotto negli ultimi secoli, dalla dominazione spagnola a quella giapponese, durata dal 1895 al 1945, risale alla fine del ”600: fino a quell’epoca c’erano solo gli aborigeni. In tutto, si può dire che la Cina abbia amministrato Taiwan per soli quattro secoli. Non vogliamo, perché non corrisponde al vero, che Taiwan sia considerata parte della Cina. E nemmeno una ”regione ad amministrazione speciale’, come Hong Kong. Taiwan è Taiwan [...] Crediamo fermamente nella risoluzione pacifica dei conflitti, nel dialogo fondato sul reciproco rispetto. questa la strada che vorremmo perseguire. Ma Pechino non è d’accordo. E anziché allentare la tensione, continua a provocarci, e minacciarci. Ci sono 730 missili puntati contro di noi, e aumentano di cento unità l’anno. La politica di Pechino è ispirata ai cosiddetti tre ”guang’: dissuasione, minaccia, rappresaglia. Scopo finale è il nostro totale isolamento, impedire ogni ulteriore riconoscimento, compresa l’accesso alle agenzie internazionali come l’Oms. [...]”» (Pio D’Emilia, ”L’espresso” 20/10/2005).