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 2005  ottobre 13 Giovedì calendario

AbuAssad Hany

• Nazareth (Israele) 11 ottobre 1961. Regista. Autore di Paradise Now • «Cosa c’è nella mente di due giovani kamikaze palestinesi nati e cresciuti in un campo di profughi? Ce lo racconta Paradise Now, premiato da Amnesty International, raccontato e diretto sui registri di un thriller, con note amare, ma che mai scelgono un punto di vista o una tesi di parte. “Perché il mio non è un film politico anche se politiche sono state alcune reazioni a esso. Mi ero prefisso di raccontare due esseri umani nel guado, tragico e profondo, del conflitto israeliano-palestinese. Il copione non giustifica mai la violenza, nè moralmente nè politicamente nè dal punto di vista religioso, ma ci fa interrogare sui prezzi da pagare che tale conflitto pone”. [...] L’ottima recensione sul “New York Times”, dopo le presentazioni al Festival di Berlino, Haifa e Toronto, ha generato repliche accese sul web [...] il film divide anche la Francia sebbene “Le Monde” abbia scritto che “è un’opera che rischia di irritare il popolo d’Israele e quello della Palestina” mentre altri hanno paventato una escalation di attentati. Il regista replica citando il giudizio di Tahar Ben Jalloun: “È un film eccellente, mai di propaganda e non risparmia alcuno, nè l’occupante nè l’occupato [...] Mi interessava raccontare un dramma di giovani, i loro conflitti interiori, esami di coscienza, e la storia di un popolo che non ha più sua terra. Gli stessi israeliani hanno girato film sulle loro verità quando non avevano più la loro terra. Oggi non c’è volontà da parte dello Stato di Israele di risolvere il problema. Sono contrario a ogni violenza, ma finché non ci saranno diritti uguali per israeliani e palestinesi, i solchi saranno sempre profondi. [...] Ammiratore del cinema di Pasolini e Sergio Leone, Abu-Assad ha realizzato il suo film con capitali tedeschi, francesi, israeliani e danesi. Ha fatto in passato, in Francia e in Olanda, dove vive, esperienze tra la fiction e il documentarismo. Dichiara: “Ho lavorato sempre in nome di un realismo figurativo capace di accendere dibattiti. Scrivendo i dialoghi, ho riletto tanti manoscritti delle interrogazioni ai kamikaze che avevano fallito le loro operazioni e sempre ho avuto un unico obiettivo: realizzare un film capace di aiutare la fine di ogni violenza e la fine di ogni occupazione”» (Giovanna Grassi, “Corriere della Sera” 13/10/2005).