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 2005  ottobre 12 Mercoledì calendario

Hawk Tony

• Nato a Baltimora (Stati Uniti) il 12 maggio 1968. Skateboarder. «Quando la tua cartella clinica raggiunge le dimensioni di una guida telefonica, il tuo posto nell’olimpo degli ”skateborders. Lui che ha una serie di costole in frantumi e alcune crepe lungo la spina dorsale, è dunque il Michael Jordan della tavola su ruote. l’acrobata del marciapiede, lo spericolato contorsionista da cavalcavia autostradale. il numero uno, punto e basta. Ora, può darsi che molta gente non consideri lo ”skateboard” uno sport; qualcuno lo vede persino come una minaccia, tipo l’ex sindaco di New York Giuliani che mise una taglia sugli skaters ”illegali”. E c’è chi, semplicemente, lo vede come un innocuo passatempo per mocciosi scavezzacollo. Rettifica numero uno: lo skateboard in America è praticato regolarmente da 10,6 milioni di ragazzi sotto i 18 anni. In quanti giocano a baseball, lo sport-religione, a quell’età? Poco più di otto milioni. Rettifica numero due: Tony Hawk, una moglie e tre figli, moccioso non lo è da tempo. Vive in un ranch che è grande come Milano 2 dalle parti di Los Angeles, e incassa una quarantina di milioni di euro all’anno. Semplicemente roteando sopra alla sua tavola, e neppure prendendosi troppi rischi, visto che si è ritirato dalle competizioni da diversi anni. Dunque, lo skateboard è una roba seria. Quando un’azienda di prodotti di abbigliamento ha condotto un’indagine di mercato tra i teen-agers al di sotto dei 21 anni, ha ottenuto una risposta sorprendente. Alla domanda, ”Qual è il più ’cool’ degli sportivi” (cool sta per ”figo”, ”giusto”), i tre campioni più votati sono stati: Michael Jordan, Tiger Woods e Tony Hawk. Quest’ultimo ben in testa, davanti ai suoi due colleghi. ”Non capisco bene perché mi stia succedendo tutto questo - ammette candidamente -, fino a pochi anni fa non sapevo davvero come avrei pagato l’affitto. Adesso vivo come un re. Ringrazio la provvidenza”. Ma ringrazi anche se stesso e la sua testardaggine, visto che da quando ha 9 anni gli piace fare un po’ come gli pare a lui. Le prime piroette ha cominciato a farle a San Diego sotto l’autostrada 806. Poi, con la famiglia trasferitasi a Los Angeles, ha individuato lungo le immense freeway il suo campo di allenamento ideale. Fregandosene del quartiere e della gente che frequentava. Gli amici si sparavano il crack in corpo? E lui si sballava provando un salto carpiato con la tavola incollata alle suole. Stacy Peralta, che ha scritto e diretto un film sugli skateboarders (Dogtown and Z-Boys), ha attinto parecchio alla sua vita: ”Lui è semplicemente unico. Uno di quelli che inventava le figure prima degli altri. Uno che rischiava più di tutti”. Ha creato il salto con la tavola che non si stacca dai piedi. Una roba che fa fatica a spiegarsela pure David Copperfield. All’inizio lo prendevano tutti in giro. Poi hanno provato a imitarlo. La svolta è stata l’avvento della tv in questo mondo, nel suo mondo. ”Odio la televisione - dice - perché crea delle rivalità tra gli atleti che non esistono, per aumentare l’audience. Ammetto però che ha cambiato la nostra vita”. Fu nel 1995, quando la rete Espn si inventò gli X-Games, giochi per svitati, dove si va dal lanciarsi a tutta velocità lungo una strada di montagna in discesa (su pattini), fino a tentare il salto mortale in sella allo skateboard, in una di quelle ”u” di cemento dove, se ti va bene, ti procuri arcipelaghi di croste fino alle orecchie. Tony, si è capito subito, era il più forte di tutti, perché gli X-Games se li era organizzati da solo, per anni, nella sua fantasia. Nel 1999, dopo aver chiuso una figura da due capriole e mezzo mai riuscita a nessuno, di fronte a migliaia di fan estasiati, ha detto basta, mi ritiro. Il medico personale ebbe a che fare con quella decisione. Oggi di personale ha un agente e una publicist. Per ottenere un’intervista bisogna pazientare sei mesi e il suo conto in banca fa invidia al prodotto lordo di uno Stato del Centroamerica. Nel 1996 si presentò alla Nintendo Giochi per proporre loro un videogioco sullo skateboard. Un tizio gli rispose: ”Ma a chi frega di un videogioco sullo skateboard?” Tre anni dopo ha fatto tutto da solo, lo ha prodotto lui: ha incassato 450 milioni di dollari e l’azienda col suo nome che lo commercializza ha 75 impiegati. Alla Nintendo ne saranno lieti. In più: ha creato la sua linea di abbigliamento che ha venduto in blocco ad una grossa casa di indumenti per giovani. Incasso: 13 milioni di dollari. Ovviamente si tiene stretta la compagnia che costruisce skateboards e accessori. Mica scemo: gli garantisce 25 milioni di dollari l’anno di profitto. La sua fama cresce come crescono i praticanti anche perché, da responsabile padre di famiglia, è un ottimo esempio per quelle madri preoccupate per i figli scavezzacollo» (Riccardo Romani, ”Corriere della Sera”, 28/6/2002).