Varie, 11 ottobre 2005
TONINI
TONINI Giorgio Roma 5 gennaio 1959. Politico. Eletto al Senato nel 2001, 2006, 2008 (Ulivo, Pd) • «[...] un passato da responsabile della comunicazione del Partito (’Ai tempi di Veltroni ho ideato il famoso slogan I care”). ”Anch’io come Pera ho frequentato filosoficamente Popper e con il presidente del Senato ho condiviso le battaglie referendarie dell’inizio degli anni ”90”. I due sono anche vicini di collegio (Tonini: ”Io a Pistoia, lui a Lucca”). [...]» (’Sette” n. 48/2002) • «[...] senatore cattolico dei Ds, fondatore dei Cristiano sociali e tra i 12 saggi che hanno vergato il manifesto del Pd. L’articolo sul Corsera in cui Veltroni elencava le riforme urgenti è opera sua, ma anche l’introduzione all’ultimo libro del sindaco (La nuova stagione) è scritta da lui: il pantheon strapieno di padri nobili della Dc non è casuale. [...]» (Emiliano Fittipaldi, ”L’espresso” 11/10/2007) • «Ma che c’entrerà la morte? I politici in sala guardano Giorgio Tonini con un filo di ansia, ma lui tira dritto nella sua digressione: ”Vedete, noi siamo la prima generazione della storia che non procrea e una delle ragioni sta nella rimozione del tema della morte: poiché ognuno di noi si ritiene ”immortale’, non abbiamo il problema del futuro, perché il futuro siamo noi. Lo stesso fenomeno accade nel Pd...”. sabato 27 settembre 2008, Giorgio Tonini, uno degli uomini più vicini a Veltroni, sta parlando ai cristiano-sociali del Pd riuniti ad Assisi per un’adunata della loro mini-componente, ma il suo non è un discorso di corrente: ”Il dramma è che dietro di noi cinquanta-sessantenni c’è il vuoto, non abbiamo preparato un ricambio, come fecero la Dc e il Pci” e dunque gli attuali dirigenti del Pd ”rischiano di uccidere il loro partito”, ”proprio perché si sentono immortali!”. Una provocazione tra antropologia e politica che Tonini rincara in chiusura: ”Siamo ad Assisi e San Francesco nel suo Cantico delle creature scrisse ”Laudato mio Signore per Sorella morte corporale’...”. [...] Tonini è stato il capofila dei cristiano-sociali e dunque tutti sanno che ”Giorgione” non va preso alla lettera, mica si è augurato la morte di Massimo D’Alema, Franco Marini o di Francesco Rutelli. Ma ha impostato senza ipocrisie il tema del ricambio di una intera classe dirigente, tema sussurrato sottovoce e mai declinato in chiaro. Eppure il discorso di Assisi si rivelerà di lì a poco l’inizio di una escalation che nel giro di pochi giorni ha trasformato il mite Tonini nella ”bestia nera” dei notabili del Partito democratico. L’indomani Tonini va al convegno dei Liberal ad Orvieto e lì si produce in un’altra ”provocazione”: ”Il rischio di putinismo denunciato da Veltroni? Una delle ragioni sta nell’impotenza manifestata dalla maggioranza che ha sostenuto il nostro governo”. La frettolosa sintesi delle agenzie (’Pagata l’impotenza di Prodi”) attira su Tonini una grandinata di scomuniche, con tutti che prendono per buona la versione del killer postumo del Professore. Pollice verso da parte di ex popolari come la Bindi e Letta. Ex prodiani come Sircana e la Zampa. Ex ds come la Turco. Per tutti potrebbe far testo il giudizio espresso da Massimo D’Alema e contenuto nell’ultimo libro di Bruno Vespa: ”Io sono un carissimo amico di Veltroni, ma c’è qualche pasdaràn come Tonini e Ceccanti che si presenta come veltroniano in violenta contestazione delle cose che dico io”. In poche settimane Giorgio Tonini è diventato l’uomo nero della nomenclatura democratica. Curiosa nemesi per questo omone che è un libero pensatore di proverbiale gentilezza. [...] cattolico, padre di sette figli che vivono a Trento, tesi di laurea sul problema del consenso in Giambattista Vico, già presidente della Fuci montiniana, pupillo di un personaggio anticonformista come Pierre Carniti, da anni ghost-writer di Veltroni, Tonini racconta di essere ”addolorato per essere apparso addirittura un pugnalatore di Prodi, una roba che mi ripugna se non altro per la stima che ho per lui”. E poichè nel Pd tutti sanno di che pasta è fatto Giorgione, nello scatenersi del furore contro di lui forse c’è altro: tra i dirigenti di punta del Pd, Tonini è l’unico a non essere un ex. Non è ex democristiano come Franceschini, Fioroni, Bindi, Letta; non è ex comunista come D’Alema, Bersani, Finocchiaro e Veltroni, che [...] lo ha pubblicamente difeso: ”So cosa volesse dire Giorgio, Prodi ha fatto benissimo”. Tonini non è neppure ex prodiano e non è legato a cordate personali. Ma se uno gli chiede se abbia attirato l’unanimità delle scomuniche proprio perchè è uno dei pochissimi potersi definire ”democratico e basta”, lui scuote la testa: ”Non lo so, mi sembra troppo pensare questo. Forse c’è troppo nervosismo in giro. Ma una cosa è certa: spararla non è nel mio stile, ma la libertà di pensiero è la cosa cui tengo di più”» (Fabio Martini, ”La Stampa” 1/10/2008).