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 2005  settembre 12 Lunedì calendario

Gli albori di Ricucci e l’ Opa su Telecom. CorrierEconomia 12/09/2005. Sono passati poco più di dieci anni da quando Stefano Ricucci costruiva villette a Zagarolo e San Cesareo (Roma) con i mutui edilizi della Banca di Roma

Gli albori di Ricucci e l’ Opa su Telecom. CorrierEconomia 12/09/2005. Sono passati poco più di dieci anni da quando Stefano Ricucci costruiva villette a Zagarolo e San Cesareo (Roma) con i mutui edilizi della Banca di Roma. Poco più di quattro anni da quando è improvvisamente comparso nelle cronache finanziarie: era il 21 aprile 2001 e l’ ex odontotecnico, con un patrimonio immobiliare in crescita miracolosa, entrava nel consiglio e nel capitale della bresciana Hopa, guidata da Emilio Gnutti. Poi è stato un crescendo: Popolare di Lodi, Capitalia, Lazio, Bnl, Meliorbanca, Antonveneta, Rcs (editore del Corriere) e altro ancora. Con il sostegno, non solo morale, del banchiere di Lodi Gianpiero Fiorani e del finanziere di Brescia Gnutti. Ma prima chi c’ era al suo fianco? Come è arrivato alla corte di Gnutti? Chi ce l’ ha portato? Quali affari ha fatto fuori dall’ immobiliare? Chi gli ha dato i soldi? Domande che finora non hanno trovato risposte esaurienti. Oggi è possibile ricostruire, almeno in parte, il percorso del Ricucci anni Novanta» con una buona precisione perché da alcuni documenti riemergono i numeri dei conti correnti su cui ha operato Ricucci direttamente e attraverso la sua società Magiste. Da qui, seguendo i conti, lavorandoci intorno, si arriva lontano, fino alla scalata Telecom e a un banchiere amico che l’ ha «sdoganato» portandolo dalla «bassa» romana alla bassa padana. Da Zagarolo a Mantova. Prima traccia: conto corrente Banca Agricola Mantovana (Bam) numero 69578 intestato a Ricucci o a una sua società. E’ il 1995, il futuro marito di Anna Falchi ha un giro d’ affari di pochi miliardi di lire e qualche proprietà immobiliare ipotecata dalla Banca di Roma (7-8 miliardi di lire). Sempre in Bancaroma ci sono quattro conti correnti che a fine anno sono in rosso di 2,3 miliardi; fuori Zagarolo è praticamente sconosciuto. Eppure trova credito 500 chilometri più a nord, in una banca di provincia che non ha nemmeno uno sportello a Roma. Strano, no? Su quel conto Bam il 10 novembre 1995 transita un’ operazione di pronti contro termine (è uno strumento di investimento di breve periodo) da quasi 5 miliardi di lire e complessivamente l’ esposizione nei confronti della Bam (8,5 miliardi) arriva all’ 80% del totale dei debiti bancari riconducibili a Ricucci. Nulla che faccia sospettare operazioni irregolari, le cifre poi fanno quasi ridere pensando ai due miliardi di euro di patrimonio che oggi dichiara l’ imprenditore romano. Spicca solo la curiosità di una banca, la Bam (popolare legata al territorio), che affida per cifre consistenti un cliente anomalo e fuori piazza. Ma il motivo c’ è, come vedremo. Nel ’ 95 Ricucci dichiara al fisco, secondo quanto emerso, tra l’ altro, in un’ inchiesta del Sole 24 Ore, meno di 5 milioni di lire di reddito. La moltiplicazione dei conti. Un anno dopo (’ 96) sempre in Bam vengono aperte due gestioni patrimoniali su due differenti conti più una gestione monetaria (numero identificativo: 80461) e una azionaria (80462) dove transitano alcune operazioni finanziarie per 5-6 miliardi complessivi. I debiti a breve con Bam salgono a 13 miliardi su 18 totali: è evidente che l’ immobiliarista è un cliente «raccomandato». Nel ’ 97 le gestioni patrimoniali e il trading sui titoli Bam vanno alla grande, Ricucci comincia a prendere confidenza con Piazza Affari. Del resto sembra questo il ruolo della banca mantovana: appoggiare il Ricucci finanziere più che il Ricucci immobiliarista. E in effetti i primi investimenti in Borsa avvengono tramite Bam e un agente di cambio. Dunque tra il ’ 95 e il ’ 97 l’ istituto guidato da Piermaria Pacchioni «adotta», contro ogni logica per una piccola banca che dovrebbe sostenere il proprio territorio, questo giovane immobiliarista romano. La svolta del ’ 98. Andiamo avanti sulle tracce dei conti. Siamo già nel ’ 98. Esattamente il 4 marzo la Banca Nazionale dell’ Agricoltura (presso la quale nel frattempo Ricucci ha aperto il conto corrente 4778K) gli concede una linea di credito da 15 miliardi di lire specificamente dedicata al trading borsistico. Proprio così: mirata alla compravendita di azioni. 15 miliardi significa 30 volte il patrimonio netto della Magiste, la società di famiglia. Mai finanziamento fu più tempestivo, quasi si fiutasse nell’ aria un grande colpo. Ricucci prende i soldi, li investe in azioni e fa subito una barca di soldi. Comincia qui la svolta, è fondamentale questo finanziamento come è fondamentale quello che è successo in Borsa nel 1998. Ne parleremo. Intanto, però, per avere prestiti Ricucci ottiene la copertura di ignoti «terzi fideiussori» che garantiscono le banche. Metà dei debiti (saliti a 70-80 miliardi) sono controgarantiti. Nel frattempo l’ attività originaria del neofinanziere è ancora in rosso ma il suo è un progetto di medio termine. In effetti nel giro di un paio d’ anni (grazie anche al boom del settore) le vendite di immobili alimenteranno sempre più l’ altro business, gli investimenti in Borsa. Torniamo a quello snodo importante della primavera del ’ 98. Con l’ assist finanziario di Bna (allora del gruppo Bancaroma, poi ceduta ad Antonveneta) cresce contestualmente il portafoglio azionario di Ricucci che si avvicina ai 30 miliardi. Dopo aver messo le radici in Bam adesso si appoggia anche a Bna con cui prima non aveva avuto rapporti. E, tra l’ altro, il neocorrentista di Bna sempre nel ’ 98 partecipa a una gara per ristrutturare una grande agenzia bancaria. La vince, l’ ente appaltante è proprio Bna. L’ amico banchiere. Bam nel ’ 95 e Bna all’ inizio del ’ 98: sono le tappe dell’ ascesa del giovane Ricucci. Ma sono anche passaggi che si sovrappongono in modo quasi complementare con la carriera del banchiere Massimo Bianconi: in Bam dal ’ 95 come condirettore generale e poi in Bna dalla primavera del ’ 98 come amministratore delegato. La terza coincidenza arriva nel 2000 quando Cariverona, mai nessun rapporto prima, presta 20 miliardi di lire al finanziere-immobiliarista romano. una delle banche più esposte. Chi la guida? Il direttore generale Bianconi che nel frattempo aveva lasciato Bna. Ma è proprio lo stesso Bianconi, oggi numero uno di Banca delle Marche dopo essere stato top manager di Unicredito e SanPaolo Imi, a prendere le distanze da Ricucci tra la fine del 2000 e il 2001, quando l’ immobiliarista dà il via alle scalate con pegno su titoli azionari. Si interrompono sia le frequentazioni personali che professionali.Tuttavia Ricucci già dal 2000-2001 è integrato nel grande giro di Emilio Gnutti che ha un asse preferenziale con il banchiere di Lodi Gianpiero Fiorani, il re dei pegni. La culla dell’ Opa Telecom. Ritorniamo a fine anni Novanta e ripensiamo a date, nomi e circostanze: la Bam, il primo prestito consistente ottenuto da Bna nel ’ 98 per trading borsistico, il rapporto con Gnutti.... La Banca Agricola, oltre ad essere la culla finanziaria di Ricucci, è anche la culla dell’ Opa Telecom. Gnutti è uno dei migliori clienti di Bam oltre che grosso azionista. Roberto Colaninno, che sta risanando con successo Olivetti, è un influente consigliere della banca. L’ assalto a Telecom parte da Mantova e Brescia ma non è diretto: prima vengono rastrellate le Olivetti attraverso la lussemburghese Bell (1998), poi (1999) scatta l’ Opa su Telecom che viene lanciata da una controllata di Olivetti, la Tecnost. Nel ’ 98 Olivetti mette a segno in Borsa un rialzo clamoroso: +508%, grazie al risanamento di Colaninno ma anche alla scalata di Bell. L’ anno successivo è Tecnost che fa una cavalcata sbalorditiva: +746% nei 12 mesi, miglior performance del listino che complessivamente guadagna il 22%. Piazza Affari. Qual è il titolo su cui punta Ricucci nel ’ 98, muovendo decine di miliardi? Olivetti. E nel ’ 99? Tecnost. In entrambi i casi rappresentano almeno i due terzi del patrimonio investito. Vuol dire grande convinzione, sicurezza, tocco magico e capacità non comune di muoversi tra le insidie del trading. Piazza Affari gli dà grandi soddisfazioni e anche sul fronte degli immobili il progetto di medio periodo comincia a dare buoni frutti. L’ immobiliarista è diventato ricco. A Torino gli aprono le porte quelli di Banca Intermobiliare e lui spedisce 70 milioni di euro da gestire. il momento di uscire allo scoperto. Ricucci entra in Hopa, è il 21 aprile 2001. Comincia una nuova era. Mario Gerevini