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 2005  ottobre 06 Giovedì calendario

MENIA

MENIA Roberto Pieve di Cadore (Belluno) 3 dicembre 1961. Politico. Eletto alla Camera nel 1994, 1996, 2001, 2006, 2008 (An, Pdl) • «[...] Conosciuto [...] col simpatico nomignolo di ”Roberto Mena”, dove l’abolizione della ”i” nel cognome sottolinea i metodi spicci che praticava un tempo [...] E la giovinezza? Quella musicale la canta, con l’ardore del balilla, ogni volta che può, come la sera del 22 ottobre 2000 che festeggiò al ristorante ”Tolada” la Marcia su Roma: ”Giovinezza, Giovinezza, / primavera di bellezza /nella vita e nell’asprezza, / il tuo canto squilla e va”. [...] una giovinezza davvero gagliarda, testimoniata da un libriccino intitolato Venti anni di lotte e di sogni dove traboccavano i saluti romani, i fez e le croci celtiche. Anni di lotte, anni di botte. Come quelle che Roberto andava impavido a sfidare coi ”rossi” quando intonava il suo ritornello preferito: ”Rosso xè el cul del scimmiotto / rosso xè el fiasco de vin / rosso xè quel cu’o roto / de nome Giuseppe Stalìn!”. Si faceva beccare allora dalla polizia alle manifestazioni femministe con borse stracolme di opuscoli dal sobrio titolo La voce della fogna. Occupava il consiglio comunale per protesta contro l’ipotesi che i tank serbi passassero per Trieste nella ritirata dalla Slovenia dopo l’inizio delle ostilità nella ex Jugoslavia. Bollava come ”sc/iavo de merda” il suo nemico storico Samo Pahor, colpevole di aver chiesto lo sgombero della sala consiliare. E poi accompagnava a Belgrado Gianfranco Fini per cercare un accordo con Milosevic sulla spartizione della Croazia: ”Ci dissero: ma che aspettate a trovare un generale liberale, magari un nuovo D’Annunzio, per riprendervi la costa che storicamente vi appartiene?”. Attaccava il Papa reo d’aver pregato a Trieste anche in sloveno: ”Sono disgustato”. Riassumeva la sua versione del rispetto per la diversità così: ”Non mi venga a dire che la scuola non ha il sacrosanto diritto di cacciare un insegnante culo”. Insomma: era vivace. ”Vivacità” confermata dopo l’elezione alla Camera. Per esempio con l’attacco ai 740 in sloveno: ”Agevola l’evasione”. O con la caccia automobilistica alla fidanzata Gabriella, che l’avrebbe denunciato: ”Nel corso dell’inseguimento il Menia ha ripetutamente cercato (sorpassandomi e poi frenando all’improvviso) di farmi perdere il controllo della mia vettura”. Per non parlare degli anni della ”maturità”. Quelli in cui, dopo aver liquidato i berlusconiani come gente della stessa pasta degli ulivisti (’per noi l’uno o l’altro, Ulivo o Forza Italia, sono la stessa melma”), è diventato assessore alla cultura di Trieste inanellando una serie di iniziative destinate a sollevare polemiche. Tipo l’abolizione del 25 aprile sostituito da una festa generica per tutti i morti, di destra e di sinistra. O il patrocinio del Comune al raduno al caffè ”San Marco” dell’Associazione culturale del Novecento che aveva come ospite d’onore Christian de la Maziere, volontario SS nella Divisione Charlemagne. O ancora la battuta sui dipendenti dell’ospedale che contestavano la giunta polista: ”Nettacessi”. O per finire l’invettiva lanciata dal palco al congresso di An a Bologna: ”Qua pare che son tutti gay... se non sei culo, non sei politicamente corretto”. Nulla, però, merita di renderlo famoso agli occhi della pubblica opinione [...] quanto gli exploit compiuti sul fronte dell’ubiquità. [...] La prima volta, il 2 agosto 2001, votò alla Camera mentre contemporaneamente si metteva in bella mostra al Teatro Verdi di Trieste. La seconda, il 19 settembre 2002, ha partecipato al voto in aula mentre stava nello stesso tempo dalle parti di San Giusto al tavolo di presidenza di un convegno di Liberal. A beccarlo, tutte e due le volte, è stato un collega triestino del gruppo misto, Roberto Damiani. [...]» (Gian Antonio Stella, ”Sette” n. 45/2002).