Corriere della Sera 18/09/2005, pag.15 Luigi Accattoli, 18 settembre 2005
L’ultima frase di Wojtyla: lasciatemi andare. Corriere della Sera 18/09/2005. Città del Vaticano
L’ultima frase di Wojtyla: lasciatemi andare. Corriere della Sera 18/09/2005. Città del Vaticano. «Verso le 15,30 con voce debolissima e parola biascicata, in lingua polacca, il Papa chiedeva "lasciatemi andare alla casa del Padre". Poco prima delle 19 entrava in coma»: è il passo più toccante del racconto ufficiale della morte di Papa Wojtyla, come apparirà negli «Acta apostolicae sedis» (Atti della sede apostolica), una specie di «Gazzetta ufficiale» vaticana. Quell’ultima frase del Pontefice morente, mormorata il primo pomeriggio del 2 aprile, il giorno del trapasso, non si conosceva. Inediti sono anche alcuni particolari della narrazione ufficiale, che al momento si conosce soltanto attraverso le anticipazioni che ne ha dato ieri l’agenzia Apcom. Una narrazione ufficiale in latino della «extrema aegrotatio, obitus et funebria» (ultima malattia, morte e funerali) di un papa è una novità nella storia degli «Acta». stata decisa per evitare la nascita di dispute su quanto avvenuto, com’è capitato in particolare con Giovanni Paolo I. Il racconto è minuzioso e inizia con la prima drammatica corsa verso l’ospedale, la notte dell’1 febbraio, quando risultò «necessario il ricovero d’urgenza al Gemelli in autoambulanza attrezzata a centro mobile di rianimazione: erano le ore 22,50». Il 10 febbraio il rientro in Vaticano in papamobile: «Completati gli accertamenti diagnostici, inclusa la Tac total body, che consentivano di escludere altre patologie, il Papa in auto rientrò in Vaticano verso le 19,40». Ma tornano le crisi di soffocamento, tanto che il 24 febbraio «si rese indilazionabile un secondo ricovero che avvenne verso le 11,50». Vengono narrate anche le apparizioni pubbliche. Ecco quella di domenica 6 marzo: «Il Papa indossando la casula rossa celebrava la messa» e «pronunciava la formula di benedizione finale con voce flebilissima e discreta dizione». Minuzioso è pure il resoconto sull’assistenza medica nel palazzo vaticano: «Il 13 marzo il Papa rientrava in Vaticano verso le 18,40. L’assistenza medica era costantemente assicurata da una équipe vaticana composta da 10 medici rianimatori e 4 infermieri». Si direbbe che la narrazione ufficiale faccia suo, per i momenti più drammatici, il linguaggio sobrio dei titoli dedicati alla vicenda dai media: per esempio il 20 marzo «il Papa compiva una apparizione alla finestra del suo studio, muta, limitandosi alla benedizione con la mano destra». Il 27 marzo è l’ultima Pasqua di Karol Wojtyla: «Si trattenne per 13 minuti dinnanzi alla finestra aperta sulla piazza san Pietro gremita di fedeli», poi «tentò di leggere le parole della benedizione senza successo e in silenzio con la mano destra benedisse la città e il mondo». Mercoledì 30 marzo l’ultima apparizione alla finestra: «Veniva comunicato che era stata intrapresa la nutrizione enterale (intestinale, ndr) mediante il posizionamento permanente di un sondino nasogastrico. Lo stesso giorno, mercoledì, si presentò alla finestra del suo studio e, senza parlare, benedisse la folla che attonita e dolente l’attendeva in piazza san Pietro. Fu l’ultima statio pubblica della sua penosa Via Crucis». Inedita è la descrizione della crisi decisiva, che arriva il 31 marzo: «Poco dopo le 11 il Papa, che si era recato in cappella per la celebrazione, venne colto da un brivido squassante, cui seguiva una forte elevazione termica sino a 39,6. Quindi subentrava un gravissimo shock settico con collasso cardiocircolatorio, dovuto ad una accertata infezione alle vie urinarie. Veniva rispettata la sua volontà di rimanere nella propria abitazione. Nel pomeriggio era celebrata la messa ai piedi del letto del Papa che partecipava con gli occhi socchiusi, ma al momento della consacrazione alzava debolmente il braccio destro per due volte e accennava a battersi il petto durante la recita dell’Agnus Dei. Il cardinale Marian Javorski gli amministrava l’estrema unzione». L’1 aprile «il paziente con visibile partecipazione si associava alla continua preghiera di coloro che lo assistevano». Ma la mattina del giorno dopo «cominciava a presentare una iniziale compromissione della coscienza». Dopo aver riferito le ultime parole del Pontefice, che abbiamo riportato all’inizio, la narrazione ufficiale così prosegue: «Secondo una tradizione polacca, un piccolo cero acceso illuminava la penombra della camera e canti religiosi polacchi accompagnavano la celebrazione e si univano a quelli dei giovani in piazza. Alle ore 21,37 il Papa moriva. Il decesso era accertato anche mediante l’esecuzione dell’elettrocardiotanatogramma protratto per oltre 20 minuti, come da norma vaticana». Luigi Accattoli