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 2005  ottobre 03 Lunedì calendario

SPENCER Freddie Shreveport (Stati Uniti) 20 dicembre 1961. Ex motociclista. Campione del mondo delle 500 nel 1983 e nel 1985, anno in cui conquistò pure quello delle 250 • «Si trasferì stabilmente in Europa nel 1982, avendo già alle spalle 15 stagioni agonistiche negli Stati Uniti

SPENCER Freddie Shreveport (Stati Uniti) 20 dicembre 1961. Ex motociclista. Campione del mondo delle 500 nel 1983 e nel 1985, anno in cui conquistò pure quello delle 250 • «Si trasferì stabilmente in Europa nel 1982, avendo già alle spalle 15 stagioni agonistiche negli Stati Uniti. Debuttò a cinque anni, cimentandosi con successo nello short track e nel dirt track, e a undici intraprese la carriera di velocista nelle derivate di serie fino a 250 cmc, assicurandosi una serie di campionati minori. Ottenne il primo titolo nazionale nel 1978 e nel 1980 disputò il Campionato Ama Superbike. Si fece notare anche nel Transatlantic Trophy, una sfida tra Stati Uniti ed Europa, e il primo posto davanti a Roberts e Sheene convinse la Honda a investire su di lui, chiamandolo a guidare prima l’avveniristica ma inefficace NR 500 4 tempi e poi la NS 3 cilindri. Con quest’ultima moto si laureò campione del mondo nel 1983, dopo una bella lotta con Roberts. L’anno successivo una brutta caduta a inizio Campionato gli precluse la difesa del titolo, ma nel 1985 superò se stesso aggiudicandosi le Classi 250 e 500, ultima perla di una carriera che in seguito avrebbe presentato solo l’annuncio di molti ritiri e altrettanti improvvisi ritorni» (Enciclopedia dello Sport Treccani). «[...] Tutto comincia alla fine della stagione 1981. Marco Lucchinelli, conquistato il titolo iridato 500 con la Suzuki del team Gallina, a sorpresa accetta l’offerta della Honda preferendola alla Yamaha, che pure gli sta facendo ponti d’oro. Lucky motiva così la decisione: ”Ho scelto la Honda perché è la Ferrari delle due ruote”. Viene creduto solo da pochi. Un gran numero di supercritici ritiene, invece, che a convincerlo sia stato un assegno da un milione di dollari (all’epoca un ingaggio da primato) e che il suo futuro sarà grigio a causa della scelte tecniche della Honda. La Casa giapponese, dopo gli straordinari insuccessi del non meno straordinario concentrato di innovazioni e tecnologie rappresentato dalla NR 4 tempi (la moto che nel ’79 ha segnato il suo ritorno alle corse dopo 12 anni), mette in campo una vera armata, optando per una soluzione originale: un mezzo agile, leggero, con un motore due tempi tre cilindri a V con alimentazione a lamelle. Per molti soloni dell’epoca è facile, nella pausa invernale, sparare a zero sulla soluzione. Il refrain è ”Tre cilindri, uno schema da vibrazioni continue e che non garantisce potenza a sufficienza: le lamelle, poi, andranno bene per i motori del cross; nella velocità ci vuole il disco rotante, come hanno Suzuki, Yamaha e Kawasaki”. Invece la Honda è subito competitiva: nell’82 vince tre Gran Premi e, seppure troppo spesso fermata da guasti meccanici, dimostra una grande competitività. Purtroppo per Lucchinelli (condizionato da un tremendo incidente nella seconda gara stagionale mentre duellava per il successo), a beneficiare di questo eccellente avvio, preludio a un 1983 di trionfi, è un altro pilota del superteam Honda, lo statunitense Freddie Spencer. ”Simpatico, gentile. Che tipo perfettino. Scende dalla moto, si toglie il casco e non ha un capello fuori posto, non una goccia di sudore, nemmeno un moscerino sulla visiera o sulla tuta. Ma come farà? Certo va forte, sarà un cliente pericoloso”. Giudizi ironici, ma anche chiarificatori delle possibilità di Spencer quelli che Lucchinelli traccia dopo i primi test a Daytona a inizio ’82. L’americano sfrutta al meglio il primo anno suo e della Honda nel Mondiale. Sul campo conquista stima e devozione della Casa giapponese che accoglie in pieno tutte le sue indicazioni per sviluppare e trasformare la NS 500.La moto che il primo fabbricante al mondo schiera nel campionato del 1983 è completamente inedita. Nuovo telaio in tubi di alluminio di sezione quadra (all’esordio nell’80 il telaio era ancora in tubi tondi in acciaio), nuove sospensioni Showa e rinnovato impianto frenante Nissin, nuovi anche i cerchi componibili Comstar,e un motore, sempre a tre cilindri, reso più affidabile e potente seppure inferiore di quasi 10 cavalli (il tetto è di 125/130 Cv) a quello della concorrenza, ma molto più trattabile. Una moto per la quale non è agevole raggiungere una perfezione nell’assetto, e anche insidiosa per una certa imprevedibilità dell’avantreno. Va guidata con il pugno di ferro nel guanto di velluto. Come fa Spencer, abilissimo nella messa a punto e pilota straordinario, un fenomeno contro il quale anche un ValentinoRossi avrebbe faticato a imporsi senza evitare poi di soccombere in altre occasioni. Spencer è speciale come pilota e come personaggio.
Diplomato alla high school, dove era un ottimo giocatore di basket, nel paddock si fa notare per la disponibilità, i modi garbati e una fidanzata da capogiro (Miss Louisiana) che però non gli regala la fama di novello sciupafemmine. In pista impone uno stile nuovo: ritarda la frenata, raddrizza più rapidamente la moto dalla piega dunque anticipa il momento dell’inizio dell’accelerazione. Per la quasi totalità dei piloti in pista è imbattibile, proprio come accade [...] per Valentino Rossi. Come avversario principe, però, non ha piloti dal rendimento altalenante quali un Sete Gibernau e un Max Biaggi versione 2005, ma uno dei più straordinari talenti nella storia del Mondiale, Kenny Roberts, già tre volte iridato e dotato di una Yamaha più faticosa da condurre rispetto alla Honda ma anche più potente. ”Questa comincia a essere una moto. La Yamaha dello scorso anno, invece, pareva una mucca da rodeo”. Dice Roberts in Sud Africa alla vigilia della prima gara di una stagione entrata nella storia. Non tanto e non solo perché è quella che assegna il primo titolo della top class alla Honda ma soprattutto per lo straordinario equilibrio tra i due contendenti. Sei vittorie a testa per Spencer e Roberts nei 12 appuntamenti di un campionato che sembra scritto da un re del thriller. Continui colpi di scena che, a dire il vero, penalizzano più Roberts, e titolo assegnato solo all’ultima gara, a Imola dove Kenny vince la gara ma Spencer, secondo, si laurea campione con due soli punti di margine.
In realtà la contesa si era virtualmente chiusa nel precedente Gran Premio, in Svezia, dove Roberts e Spencer restano incollati l’uno all’altro per tutta la gara. All’ultima curva dell’ultimo giro Spencer azzarda il sorpasso impossibile: infila Roberts, entrambi finiscono fuori pista, ma senza cadere e Spencer vince con 16/100 di vantaggio. Proprio come la spallata di Rossi a Gibernau a Jerez. Soltanto che quella volta ad Anderstorp in ballo c’era un titolo da consegnare alla storia» (Carlo Canzano, ”La Gazzetta dello Sport” 30/9/2005).