Questo sito utilizza cookies tecnici (propri e di terze parti) come anche cookie di profilazione (di terze parti) sia per proprie necessità funzionali, sia per inviarti messaggi pubblicitari in linea con tue preferenze. Per saperne di più o per negare il consenso all'uso dei cookie di profilazione clicca qui. Scorrendo questa pagina, cliccando su un link o proseguendo la navigazione in altra maniera, acconsenti all'uso dei cookie Ok, accetto

 2005  ottobre 03 Lunedì calendario

CHESSA Pasquale

CHESSA Pasquale Alghero (Sassari) 5 agosto 1947. Giornalista. Di “Panorama” • «Una vita da vicedirettore. Di Alberto Statera, di Nini Briglia, di Andrea Monti, di Carlo Rossella. E soprattutto di cattivo carattere. All’“Espresso”, all’“Europeo”, a “Epoca”, a “Panorama”: ogni volta grandi polemiche, grandi litigi. Un destino da secondo? Una scelta? [...] insegnante di Storia del fascismo in Europa a Scienze Umanistiche alla Sapienza di Roma, uomo con il Dna a sinistra che lavora a “Panorama” [...] “È capitato. Mi sarebbe potuto capitare anche di fare il direttore. Ma sarebbe stato peggio. Non avrei potuto farlo bene come mi sarebbe piaciuto. Meglio fare il vice [...] Ho cominciato alla radio, al programma di Maurizio Costanzo, Buon pomeriggio. Avevo poco più di vent’anni. Quando me lo presentarono dissero: ‘È uno molto potente. Si aumenta l’età per sembrare più grande di noi’. Ho lavorato con lui, e con Dina Luce, per cinque anni [...] Livio Zanetti, all’‘Espresso’. Quando mi fecero vicedirettore di ‘Epoca’ mi telefonò per farmi i complimenti. A modo suo. Mi disse: ‘Per me, i vicedirettori non contano un cazzo’. Appena arrivato mi rimproverò subito. In riunione di redazione, per darmi un tono, sfogliavo vecchi numeri dell’‘Espresso’. Mi fulminò: ‘Se il nuovo giovane redattore, con il bassissimo stipendio che prende rispetto al mio, non ascolta quello che sto dicendo, c’è qualcosa che non funziona in questo giornale’”. Terzo direttore, Mario Pirani, ”Europeo”. “Ottimo giornalista, pessimo direttore. L’Europeo andò subito male”. Poi arrivò Lamberto Sechi. “Il quale pensava che gli uomini portati da Pirani fossero tutti dei sottopancia politici, dei nullafacenti, dei pazzi [...] Di me aveva un giudizio negativo di seconda mano: creativo e fancazzista. Fu sconvolto quando per tre sabati consecutivi mi scoprì in redazione a lavorare”. Dopo Sechi, Claudio Rinaldi. “Cinico, abile, intelligente. Uno dei migliori. Insieme a Carlo Rossella...”. [...] altri direttori. “[...] L’inadeguato Giannella, il furibondo Vaccari, l’ottimo Statera”. Andrea Monti, a “Panorama”. “Alterne simpatie. Era uno che esercitava il massimo dell’adulazione, soprattutto con i subalterni, fino all’ultimo redattore, a scopo di controllo sociale. Dopo ‘Panorama’ gli ho sentito pronunciare una frase illuminante: ‘Ho passato tutta la vita dando ragione agli altri, adesso mi sono rotto i coglioni’”. [...] Giuliano Ferrara. “Tra i più bravi direttori che abbia mai avuto, soprattutto per questa folle idea di fare un giornale futurista, surrealista, con una grande lucidità culturale”. Nini Briglia [...] sia a “Epoca” che a “Panorama”. [...] “Faccio parte della minoranza catalana all’interno della minoranza sarda [...] Non ho l’ottusa fierezza di chi è rimasto a coltivare il proprio provincialismo sterile, ma non sono nemmeno un marrano rinnegato [...] Cinque fratelli in tutto, ma si narra che mio padre ne avesse 19. Tutti figli e nipoti di agricoltori proprietari. Molto litigiosi. Una grande famiglia, anzi enorme. A casa nostra non c’era il frigorifero [...] Ai benestanti il frigorifero non serve, alla mattina arriva sempre la roba fresca. Ricordo il giorno in cui andai con mia madre a comprare il frigorifero. Eravamo diventati poveri. La crisi dell’agricoltura [...] Leggevo volentieri. Studiavo malvolentieri. Allora mio padre mi mandava in campagna a fare il bracciante. Sveglia alle quattro e partenza con la littorina, insieme ai contadini [...] Portavo il trattore col letame. Mia madre insisteva perché studiassi. Il riscatto, diceva, avviene con la cultura. Lei era maestra. [...] juke box, feste da ballo, passeggiate ai giardini, corteggiamenti. Pochi. Molto biliardo, molte carte. Poi la liberazione [...] Il presalario. Mezzo milione per le spese universitarie. Partii alla conquista di Roma. Scelsi Lettere perché non c’era a Sassari, così i miei non potevano opporsi al mio trasferimento [...] Asor Rosa, Sapegno, Colletti, Romeo, Argan, Garroni, Santo Mazzarino... Studiavo, studiavo e studiavo. Nel ’68 cambiò tutto. La politica, le discussioni, gli slogan. Quello a cui rompevamo di più i coglioni era l’etruscologo Pallottino. E lui diceva che noi eravamo dei figli di papà, che rubavamo gli esami. E allora mandavano avanti me e Fraschetti, io perché ero un fuorisede sardo e Fraschetti, ora cattedratico di Storia Romana, perché era figlio di un camionista, credo, entrambi con un libretto pieno di trenta e lode [...] L’età era giusta giusta. Ma non venni preso dall’ubriacatura. Ma non mi perdevo un gruppuscolo, però. Per un provinciale a Roma che mangiava alla Casa dello studente era un modo sicuro di farsi tanti nuovi amici. Servire il Popolo, i gruppi bordighisti napoletani, i giovani comunisti romani, il gruppo leninista di Vincenzo Sparagna. Mai Lotta continua. Andavo, ascoltavo, alla terza riunione scappavo. Io avevo fatto il boy scout, mica venivo dall’Azione Cattolica. In quel periodo cominciai a frequentare la Rai [...] il giornalismo è un mestiere, nei giornali ci sono dei ruoli e questo non impedisce di avere proprie idee [...] sono stato fatto vicedirettore di ‘Panorama’ da Franco Tatò [...] Ho scritto un libro intervista con Renzo De Felice, Rosso e nero, e ho capito che per essere antifascisti non bisogna necessariamente essere comunisti, e per essere anticomunisti non bisogna essere necessariamente di destra [...] nella guerra della Mondadori ho fatto il tifo per De Benedetti e poi De Benedetti se ne è andato e io sono rimasto prigioniero. [...] ‘Europeo’. Direttore Salvatore Giannella. L’ufficio stampa di Berlusconi si mette d’accordo con Giannella per ‘una giornata con Berlusconi’. Mezz’ora di tempo. Ma diventa una delle interviste più belle che abbia mai fatto. Li conservo ancora quei nastri. Domande polemiche? Tutte. Con gentilezza un po’ condiscendente. Risposte fulminanti. Sulla Sme, se ne parla ancora. Berlusconi disse: ‘Io non conosco nemmeno il cavalier Barilla’. In quel momento si aprì la porta e un segretario disse: ‘C’è il cavalier Barilla al telefono’ [...] Disse: ‘Touché’, perché era sempre molto sportivo. Poi raccontò tutti i suoi rapporti con Craxi. Spiegava: se uno è proprietario delle tv, sta combattendo una battaglia contro il monopolio, è amico del presidente del Consiglio, che fa? Non lo fa intervistare prima delle elezioni? Il suo discorso non faceva una grinza. Suonava solo un po’ sfrontato. Berlusconi ha una specie di inferiority complex quando sta con una persona, ma appena se ne va vince il superiority complex e decide ciò che vuole. Gli mandai l’intervista da leggere e lui la rimandò al direttore Giannella del tutto riscritta [...] Una furibonda notte di trattative con il direttore. Ma non vorrei che apparisse come un atto di coraggio. Io ero dispostissimo a compiacere un intervistato così brillante come Berlusconi. Ma non telefonò a me [...] Avrei tolto tutto quello che chiedeva, se non fossi riuscito a convincerlo di accettare la mia versione. Io voglio il mio potere. Se faccio la marchetta la faccio io, non il mio direttore. La mia impuntatura non era eroica, era strumentale, legata all’idea che ho della mia professione. Che non è un’idea virginale [...] Dopo il ’68 non ho più fatto politica. Ora mi sento un agnostico [...] Non voglio dire per chi voto. Sono sempre stato un moderato di sinistra [...] Non ho mai votato a destra. Nemmeno quando ne avrei avuto voglia [...]”» (Claudio Sabelli Fioretti, “Sette” n. 37/2002).