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 2005  ottobre 03 Lunedì calendario

Berger Patrick

• Vienna (Austria) 17 marzo 1929. Sociologo • «Uno dei più acuti sociologi della religione del mondo. Lavora all’Università di Boston, dove dirige l’Institute on Religion and World Affairs. un profondo conoscitore delle principali tradizioni religiose, che analizza sovente in modo comparato, alla ricerca di ciò che esse hanno in comune e di ciò che le distingue. Ma su tutto è uno studioso che intende misurarsi con la sfida che la modernità pone alle religioni. Che cosa ha da dire la fede cristiana alla coscienza moderna? In che cosa crede un cristiano che non intende rinunciare né alla fede né alla ragione? Quali sono le ”tensioni” e le speranze a cui va incontro un credente nell’epoca del pluralismo, in un tempo in cui chiunque abbracci una fede religiosa è consapevole del carattere ”relativo” di questa scelta? Quella di Berger è una professione ”scettica” del cristianesimo. Il suo ragionamento è scettico in quanto non presuppone la fede e non si sente vincolato da ciò che le autorità religiose dicono in materia di fede. Ciò non significa che il suo discorso sia debole o distaccato. Anche se aperta al dubbio e vagliata dal bagaglio di conoscenze e di esperienze a disposizione di un credente colto, si tratta pur sempre di una professione di fede cristiana, per quanto eterodossa. il tipico atteggiamento di chi afferma di essere ”cattolico” o protestante o ebreo, ”ma... a certe condizioni”. Del resto, l’autore non fa mistero delle sue radici luterane e del fatto di riconoscersi nella tradizione del protestantesimo liberale (che risale a F. Schleiermacher), che intravede nell’equilibrio tra ”scetticismo” e ”affermazione” l’unico modo di essere cristiani senza uscire dalla modernità. L’idea dello scetticismo richiama un termine assai caro a Berger, quello dell’eresia. Il suo libro L’imperativo eretico è stato uno dei contributi migliori nel descrivere la condizione dei credenti nell’epoca del pluralismo. Hairesis in greco significa ”scelta”, per cui l’eretico è colui che sceglie pur restando perlopiù all’interno della tradizione. La scelta è inevitabile in un tempo in cui, anche dal punto di vista religioso, non si può più dare nulla per scontato. La modernità ci presenta un grande mercato dei significati, tra cui molte fedi religiose che ci offrono ogni giorno la loro verità e via di salvezza. Il credente è così costantemente chiamato a riflettere sulla questione religiosa, se non vuole rendere insignificante e banale la sua adesione alla fede. Il pluralismo religioso di oggi ci riporta ai primordi della fede cristiana, quando Paolo di Tarso predicava nell’agorà di Atene, dove molte divinità erano in competizione tra loro. Siamo dunque diventati contemporanei dei primi cristiani, per i quali la fede era possibile solo come scelta deliberata. L’impianto di questo viaggio nel territorio della teologia (un esempio di teologia laica) è a un tempo semplice e originale, già nelle tappe che propone. Ogni capitolo del volume è scandito da una frase del Credo degli Apostoli, molto simile al Credo niceno, quello che viene comunemente recitato nella liturgia. Ne deriva un giro di orizzonte delle convinzioni cristiane, una riflessione sui punti irrinunciabili della coscienza credente. Non c’è dunque ”questione di fede” su cui Berger non misuri il proprio livello di conoscenza alta e la propria esperienza di credente. Al teologo laico e un po’ eterodosso ”l’Io credo...” richiama anzitutto i chiaroscuri di un atteggiamento di fede. La fede è una scommessa (come diceva Pascal) sulla fondamentale bontà del mondo, ma è anche una condizione che mette perlopiù a confronto gli esseri umani col silenzio di Dio. L’oscura notte dell’anima è un’esperienza comune a tutte le grandi religioni, sia quelle monoteistiche sia le grandi scuole dell’induismo, del buddhismo, del taoismo. Per alcuni privilegiati o ”virtuosi”, la situazione si sblocca o per intervento diretto di Dio o per la certezza di un interiore contatto che essi maturano nel tempo. Ma la maggior parte della gente deve accontentarsi solo di esperienze di ”seconda mano” della trascendenza. Si crede non perché si è stati visitati da un angelo, o perché folgorati sulla strada di Damasco, o perché Dio si è manifestato in un roveto ardente. Il silenzio di Dio non è assoluto, ma la sua presenza è per molti solo mediata dalle sacre scritture, dalla comunità dei credenti, dai ”santi” nella fede e nella carità. Anche nel manifestare la sua onnipotenza Dio sembra essere parsimonioso. Perché risponde ad alcune preghiere e non ad altre? Soprattutto, perché non ascolta le preghiere delle vittime innocenti? Qui irrompe con forza il problema della teodicea, ovvero della giustizia di Dio, molto più avvertito dalle religioni monoteistiche, che coltivano l’idea di un Dio personale, che da altre tradizioni religiose che concepiscono la realtà ultima in termini impersonali o come una lotta cosmica tra le divinità del bene e del male. Perché Dio ha così spesso abbandonato il suo popolo ”eletto”? Che senso ha l’esperienza di Giobbe, che non è solo confinata nei canoni della Bibbia? Che dire di fronte all’Olocausto, la rivelazione nella nostra epoca del male assoluto? Come ha potuto Dio permettere l’uccisione di un milione di bambini ebrei? Perché gli tsunami e gli uragani continuano a imperversare nel mondo? La drammaticità di questi eventi non esime i credenti dal riflettere su come comporli con la loro fede. Il pensiero è un balbettio continuo, fragile, incerto. Sia nel cosmo sia nella storia si consumaun incredibile dramma: Dio è alle prese con i difetti della creazione. Il balbettio di Berger continua nello sperare una lotta non infinita. Alla fine, il potere di Dio avrà il sopravvento, la creazione sarà risanata e, per dirla con il Corano, ”Egli regnerà sovrano”. Uno dei passi del Credo riguarda ”... la Chiesa cattolica (intesa come universale) e la Comunione dei santi”, in cui emerge in modo esplicito l’attrazione di Berger per la figura del credente solitario. In molti casi un credo religioso viene condiviso all’interno di una Chiesa, una realtà che può però avere funzioni ambivalenti, contribuendo a rendere vivo e a addomesticare il messaggio religioso; presentandosi come un luogo di ricerca o di certezza-sicurezza; alimentando istanze di liberazione o di fanatismo. Il quesito di fondo è se la fede cristiana debba esprimersi necessariamente in una comunità, ed eventualmente in quale; e se - in un contesto di varietà dei carismi - anche l’appartenenza a una Chiesa non sia una questione di ”vocazione”. Molte altre importanti ”questioni di fede” compongono questa rivisitazione del Credo cristiano operata da Peter Berger. Come quelle della natura di Cristo, della sua passione e resurrezione, dello ”scandalo della croce”, della presenza dello Spirito Santo, della remissione dei peccati, della resurrezione della carne e della vita eterna. Tutti temi su cui vengono richiamati i contributi offerti nel corso della storia dai Padri della Chiesa, dai teologi, dai filosofi; un patrimonio di conoscenze a disposizione dell’umanità - credente e non - per meglio collocarsi nell’universo e riconciliarsi con la propria identità ultima» (Franco Garelli, ”La Stampa” 29/5/2005).