Corriere della Sera 21/09/2005, pag.37 Sergio Romano, 21 settembre 2005
Battaglia di Lissa: un solo colpevole, molti responsabili. Corriere della Sera 21/09/2005. Recentemente ho scoperto che un mio antenato morì durante la battaglia navale di Lissa il 20 luglio 1866
Battaglia di Lissa: un solo colpevole, molti responsabili. Corriere della Sera 21/09/2005. Recentemente ho scoperto che un mio antenato morì durante la battaglia navale di Lissa il 20 luglio 1866. Ho letto su diversi siti la storia di quella battaglia. L’Italia era armata meglio, aveva navi di ferro mentre l’Austria aveva navi di legno. Tutti i siti concordano nel dire che l’ammiraglio della flotta italiana Persano fu un incompetente che non fece neanche il minimo lavoro di ricognizione e sotto stress durante la battaglia cambiò nave senza avvisare il resto della flotta, perdette il controllo e si mise addirittura a litigare con i subalterni. La flotta italiana fu sconfitta pesantemente. I siti italiani dicono che l’equipaggio della flotta austriaca era fatto quasi completamente di marinai veneti. Ma ho letto su un sito americano, che mi è sembrato piuttosto imparziale, che l’equipaggio austriaco era composto per la maggioranza di marinai croati. Mi piacerebbe sapere la verità. Agostino Caserta agsticasar@aol.com Caro Caserta, fra i siti italiani da lei consultati e quello americano non vi è contraddizione. Le sette corazzate della flotta austriaca, comandata dall’ammiraglio von Tegetthof, venivano dalla base imperiale di Pola e il loro equipaggio era composto in buona parte da marinai veneti, istriani o dalmati, quindi, almeno per l’anagrafe austriaca, in buona parte croati. E veneta era la lingua usata a bordo dagli ufficiali per i comandi. giusto sostenere che l’ammiraglio Carlo Pellion di Persano, comandante in capo della flotta del Regno d’Italia e responsabile della sconfitta, fu «incompetente»? Quando assunse la guida della squadra e salpò da Ancona per l’isola di Lissa, Persano aveva fama di ufficiale serio e intelligente con un buon curriculum professionale alle spalle. Nel maggio 1860, mentre Garibaldi si preparava a salpare da Quarto per la Sicilia, Cavour gli affidò l’incarico di seguire a distanza la spedizione dei Mille, di tenere a bada la flotta borbonica e di coprire dal golfo lo sbarco a Marsala. Qualche mese dopo appoggiò dal mare le operazioni contro Ancona e Gaeta. Negli anni in cui il Regno stava costruendo una flotta moderna, fu ministro della Marina, fece un eccellente lavoro e divenne senatore. A Lissa, dove perdette due navi e subì una pesante sconfitta, ebbe molte colpe. Ma il quadro, come spesso accade in queste circostanze, è molto più imbrogliato di quanto non risulti dal perentorio giudizio con cui il Senato, trasformato per la prima volta in Alta Corte di Giustizia, lo costrinse nel 1867 a dimettersi, lo privò del grado e della pensione, lo condannò alle spese processuali. Se lei, caro Caserta, vorrà approfondire la questione, troverà in una buona biblioteca due libri di Persano a cura di Ezio Ferrante: una riedizione dell’opuscolo «I fatti di Lissa», con cui l’ammiraglio si difese di fronte all’Alta Corte, e il suo diario politico militare su «La presa di Ancona», ambedue pubblicati dallo Studio Tesi di Pordenone rispettivamente nel 1988 e nel 1990. Io mi limiterò a ricordarle alcuni aspetti di questa brutta pagina di storia italiana. Il 24 giugno del 1866 l’esercito italiano venne battuto dagli austriaci a Custoza. La guerra fu decisa nei giorni seguenti dalla strepitosa vittoria dei prussiani a Sadowa, ma l’Italia sperò per qualche settimana che una rivincita sul mare avrebbe cancellato il ricordo della sconfitta subita nel Veneto. Persano aveva di fronte a sé due possibilità. Poteva attaccare Lissa, conquistare l’isola e portare un pegno al tavolo della pace; oppure presentarsi con le sue navi di fronte al porto di Pola, costringere Tegetthof a uscire in mare aperto e impegnare in battaglia la flotta austriaca. Esitò per parecchi giorni perlustrando avanti e indietro le acque dell’Adriatico. Aveva moderne navi corazzate, costruite secondo le più recenti tecnologie inglesi, ma i fuochisti difettavano, i cannonieri non erano addestrati e gli ufficiali, provenienti dalle marine degli Stati preunitari, erano male affiatati. Fra i due obiettivi possibili scelse Lissa e cominciò un assedio troppo prudente con modesti risultati. E quando affrontò la flotta di Tegetthof dette ordini che non vennero capiti o furono male eseguiti. vero che abbandonò la nave ammiraglia, ma lo fece per salire a bordo dell’«Affondatore», la prima corazzata a torri della marina italiana, con cui sperava di speronare il vascello austriaco «Kaiser». Queste attenuanti non assolvono Persano dalle sue colpe. Ma credo che Ezio Ferrante abbia ragione quando termina la sua prefazione a «I fatti di Lissa» con una frase di Tacito: «Questa è la tristissima sorte delle guerre: quando finiscono bene, tutti se ne attribuiscono il merito, quando finiscono male, la colpa è di uno soltanto». Sergio Romano