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 2005  settembre 18 Domenica calendario

Pasolini all’ala e Camus in porta (col suo unico paio di scarpe). Liberazione 18 settembre 2005. Per me è stato un onore partecipare al Festivaletteratura di Mantova

Pasolini all’ala e Camus in porta (col suo unico paio di scarpe). Liberazione 18 settembre 2005. Per me è stato un onore partecipare al Festivaletteratura di Mantova. come la finale di Coppa dei Campioni per un calciatore. Al Campo Canoa, ho parlato di calcio e letteratura. Solo una pioggia torrenziale, come succedenel football, ha interrotto, a pochi minuti dalla conclusione, quell’emozionante, intenso, leggero incontro. Con me c’erano, sul palco sotto il tendone, davanti a quasi trecentopersone, belle e colte e attente persone. Il pubblico si è appassionato alla mia formazione di scrittori. Scrittori che hanno narrato il calcio e che, in alcuni casi, lo hanno addiritturagiocato. Facendo il tifo per questo o per quello, proprio come allo stadio. La mia squadra, dunque. Numeri antichi, quelli dall’uno all’undici. Ruoli di un tempo. Ho puntato, per la difesa, sulla scuola europea, in attacco su quella sudamericana, Pasolini a parte (ma fu PPP a definire ”poetico” ilfutébol). In porta, Albert Camus. Giocò tra i pali in Algeria, nel Racing Universitarie, anche per via del consiglio della nonna: «Albert, hai solo un paio di scarpe. Fai almeno il portiere! Tu e questa passione per il pallone, non fai altro dalla mattina alla sera...»). Terzino destro, lo spagnolo Javier Marias, tifoso del Real Madrid e amante della pelota («Poche cose mi hanno dato così tanta soddisfazione negli ultimi anni come il fatto che mi chiedessero di scrivere di calcio ogni tanto: un vero riposo»). I suoi ”selvaggi e sentimentali” sono già un mito. Terzino sinistro, Peter Handke. Per via, soprattutto, del suo Prima del calcio di rigore, un giallopsicologico-esistenziale, con quelle ultime pagine che rappresentano un piccolo capolavoro: l’ansia del portiere davanti al penalty. Stopper, il mio Giovanni Arpino, lo scrittore che sdoganò definitivamente il giornalismo sportivo portandolo dalla Serie B alla Serie A, trasformandolo in genere letterario. Arpino scrisse Azzurro tenebra, romanzo dentro il mondo del pallone: un’opera straordinaria. Libero, un altro spagnolo: Camilo José Cela. Che fu libero di interpretare il football con ironia nei suoi Undici racconti sul calcio, con un arbitro che viene impiccato per non aver letto Voltaire. Centrocampo. Mediano di spinta: Gianni Brera. Fu lui a dare vigore al nostro mestiere, inventando il calcio-linguaggio. E poi quella galleria immensa di personaggi: Rombo di Tuono, l’Abatino, Bonimba. A lui dobbiamo anche, sulla scia crepuscolare di Guido Gozzano, il «calcio mistero senza finebello!». Interno destro, alla Didì, Carlos Drummond de Andrade, amante del "futébol" in maniera intensa, divertita, onirica. Ha scritto Pelé: «Unavolta Drummond mi omaggiò con parole che mi sono rimaste impresse: ”La cosadifficile, straordinaria, non è fare mille gol, come Pelé. E fare un gol come Pelé”. Oggi dico: ”La cosa difficile, straordinaria, non è scriveremille testi, come Drummond. E’ scrivere un testo come Drummond”». Affido il numero 10 a un calciatore vero, a un ex campione del mondo, con l’Argentina di Diego Armando Maradona, in Messico nell’86, e ora scrittore giustamentecelebrato: Jorge Valdano. Attacco. All’ala destra Pier Paolo Pasolini che giocò, per divertimento, per passione, con il numero 7, proprio come Garrincha e Meroni. PPP tifava per il Bologna, sapeva imitare alla perfezione il doppio passo di Biavati e allo stadio andava con Giorgio Bassani (della Spal), Mario Soldati (della Juventus) e Vittorio Sereni (dell’Inter). Una frase: «Io in questo sono rimasto all’idealismo liceale, quando giocare al pallone era la cosa più bella del mondo». Centravanti Osvaldo Soriano, che fu centravanti per davvero da ragazzo, nel Confluencia di Cipolletti. Tifava per il San Lorenzo e sognava di diventare un fuoriclasse come Omar Sivori. Dobbiamo a Osvaldo racconti indimenticabili, storie tenere, romantiche, irresistibili. Questoil suo calcio d’inizio: «Mi ricordo i tempi in cui abbiamo cominciato arotolare insieme, la palla e io. E’ stato su un prato a Rio Cuarto de Cordoba dove ho scoperto la mia vocazione di attaccante". Alla sinistra, il mio amico Eduardo Galeano, autore di una vera e propria Bibbia per noi bracconieri di tipi e personaggi: Splendori e miserie del gioco del calcio. A lui, il fischio finale: «Per quanto i tecnocrati lo programmino perfino nei minimi dettagli, per quanto i potenti lo manipolino, il calcio continua a voler essere l’arte dell’imprevisto. Dove meno te l’aspetti salta fuori l’impossibile, il nano impartisce una lezione al gigante, un nero allampanato e sbilenco fa diventare scemo l’atleta scolpito in Grecia». Darwin Pastorin