MACCHINA DEL TEMPO agosto 2005, 26 settembre 2005
Il pomodoro, originario delle Ande, veniva coltivato in Messico dagli Aztechi che lo chiamavano ”xitomatl”, ovvero ”frutto polposo”
Il pomodoro, originario delle Ande, veniva coltivato in Messico dagli Aztechi che lo chiamavano ”xitomatl”, ovvero ”frutto polposo”. In effetti, anche se normalmente è considerato un ortaggio, il pomodoro è proprio un frutto e appartiene alla famiglia delle Solanacee, della quale fanno parte anche patate, peperoni e melanzane. Il pomodoro arrivò in Europa verso la metà del 1500. All’inizio, però, si coltivava solo come pianta ornamentale perché nessuno lo riteneva buono da mangiare. Le prime segnalazioni del suo impiego come alimento commestibile risalgono al XVIII secolo. A Napoli, nel 1839, Don Ippolito Cavalcanti, nella sua «Cucina teorico pratica» racconta quella che era diventata una moda: condire la pasta col pomodoro. Era nata la pastasciutta al pomodoro, o meglio i ”vermicelli con le pommedore”. Da allora il pomodoro ha iniziato la sua scalata verso il successo, e non si è fermato più. Ogni anno gli italiani ne consumano 74,7 kg a testa, un trend in crescita continua dagli anni 60 a oggi: come consumatori siamo al quinto posto al mondo dopo Grecia, Libia, Egitto e Israele. E come produttori? Secondo i dati della edizione 2005 di ”Tomato Conference”, in cima alla classifica mondiale c’è la Cina (oltre 30 milioni di tonnellate), seguita da Stati Uniti (12.400.000) e Turchia (8.000.000). L’Italia, al sesto posto con 6.500.000 tonnellate, è invece ai vertici della classifica in fatto di ricchezza di varietà (dal San Marzano al Pachino, dal Riccio bolognese al Cuore di bue). «I pomodori sono un vero concentrato di salute», ha spiegato durante il convegno il nutrizionista Carlo Cannella. «Ricchi di vitamina C, sono la principale fonte di un pigmento rosso, il licopene, che possiede proprietà antiossidanti e anticancerogene».