Questo sito utilizza cookies tecnici (propri e di terze parti) come anche cookie di profilazione (di terze parti) sia per proprie necessità funzionali, sia per inviarti messaggi pubblicitari in linea con tue preferenze. Per saperne di più o per negare il consenso all'uso dei cookie di profilazione clicca qui. Scorrendo questa pagina, cliccando su un link o proseguendo la navigazione in altra maniera, acconsenti all'uso dei cookie Ok, accetto

 2005  agosto 29 Lunedì calendario

«Il tasso di natalità del Giappone, dove in pratica non c’è immigrazione, è uno dei più bassi del mondo (1,3 figli a donna): se va avanti così, nel prossimo mezzo secolo la popolazione perderà oltre il 20%, di cui l’1,3% già nel prossimo decennio

«Il tasso di natalità del Giappone, dove in pratica non c’è immigrazione, è uno dei più bassi del mondo (1,3 figli a donna): se va avanti così, nel prossimo mezzo secolo la popolazione perderà oltre il 20%, di cui l’1,3% già nel prossimo decennio. Preoccupano le pensioni di un numero crescente di anziani a carico di un numero decrescente di lavoratori, che nel prossimo decennio dovranno destinare a questo fine dal 15% al 25% dei loro salari. Poiché in Giappone vige un sistema pensionistico e sanitario redistributivo, la maggior parte proverrà dall’imposizione fiscale, ma il valore degli investimenti potrebbe essere frenato dal drenaggio massiccio del risparmio degli anziani. Nel prossimo decennio, inoltre, il modesto calo della popolazione non necessariamente comporterà la diminuzione della produzione, che potrebbe far leva sull’aumento dell’orario di lavoro e del numero degli occupati, ma... perché lavorare di più, se per meno gente ci vorranno meno strade, case e telefoni? La flessione della domanda potrebbe limare lo 0,20% del tasso di crescita nipponico e far aumentare l’attivo commerciale. Infine c’è il cosiddetto ”effetto Nasa”, che indica il declino della produttività dell’agenzia spaziale Usa via via che i baldanzosi giovanotti, che negli anni Sessanta mandarono l’uomo sulla Luna, si sono trasformati in cauti signori di mezza età. La competitività del Giappone, paese chiuso e in via d’invecchiamento, potrebbe risentirne almeno fino al 2030, in cui è previsto l’inizio del calo della popolazione in Cina»