La Repubblica 23/09/2005, pag.1-4 Alberto Statera, 23 settembre 2005
Il Governatore e la rete che lo protegge. La Repubblica 23/09/2005. Alle 14,38 il Falcon 2000 con a bordo il governatore della Banca d´Italia Antonio Fazio decollava dall´aeroporto di Ciampino per Washington, schivando un brutto temporale meteorologico, ma lasciandosi alle spalle un terremoto politico
Il Governatore e la rete che lo protegge. La Repubblica 23/09/2005. Alle 14,38 il Falcon 2000 con a bordo il governatore della Banca d´Italia Antonio Fazio decollava dall´aeroporto di Ciampino per Washington, schivando un brutto temporale meteorologico, ma lasciandosi alle spalle un terremoto politico. A Roma l´ormai ex ministro del Tesoro Domenico Siniscalco, raccolte le sue cose nel salone con camino del palazzone di via XX Settembre già calcato da Quintino Sella, si metteva in viaggio per Torino, dove da oggi tornerà a insegnare Economia Politica. Non sappiamo se, negli stessi minuti, Antonio Fazio a bordo del Falcon con i suoi cinque collaboratori fosse fiero di sé, unico banchiere centrale al mondo che nel giro di due anni ha creato una crisi istituzionale finita sotto i riflettori di tutta la comunità finanziaria internazionale e ha mandato a casa, in un gorgo di impotenza, due ministri dell´Economia. Sappiamo però che il professor Siniscalco, riempiendo le sue borse dopo tante incertezze, ha vissuto un momento di liberazione, non solo perché da mesi la moglie gli diceva «Lascia perdere, torna a Torino», ma soprattutto perché dal 24 marzo scorso, quando cominciò la diatriba sull´"italianità" delle banche, di fronte all´offensiva di Bbva e Abn Amro su Bnl e Antonveneta, ha visto crescere intorno all´inquilino di Palazzo Koch "qualcosa". «Che cosa? «Una cosa - diceva agli amici - che c´è, ma non so che cos´è». Come le sbarre virtuali di una gabbia di protezione e di invulnerabilità più solida dei ministri, dei governi, delle istituzioni repubblicane. O comunque più forte di un governo, debole, guidato da un presidente del Consiglio impegnato, giorno dopo giorno, a nascondere la polvere, anzi alla fine la fanghiglia, sotto i tappeti di Palazzo Chigi, nell´insano sogno senile di passare alla storia come l´uomo che, nell´Italia dei governi a getto continuo, ha condotto a termine un´intera legislatura. Quando la politica decideva, quando il blocco di potere democristiano era ancora forte e vendicativo un grande governatore gentiluomo come Paolo Baffi fu rimosso in poche ore con un complotto organizzato dal fedele scudiero di Andreotti, Franco Evangelisti, non certo perché minasse la credibilità del paese, ciò di cui Fazio viene accusato per aver abdicato all´imparzialità che è la ragione di esistere di qualunque autorità di controllo nel mondo capitalista, ma perché, con Mario Sarcinelli, rifiutò il salvataggio del bancarottiere Michele Sindona e ordinò ispezioni all´Italcasse e al Banco Ambrosiano, feudi della politica dominante. Ai giorni nostri, invece, sembra che i malfattori, più che inseguiti, siano stati vezzeggiati, non solo Fiorani, il Fanfulla di Lodi di cui i magistrati stanno scoprendo il cospicuo «tesoretto», ma Tanzi e la Parmalat, Cragnotti e la Cirio, gli autori di grandi scandali a danno dei risparmiatori che la Banca d´Italia non disvelò in tempo, come avrebbe dovuto. Cos´è allora la "cosa", percepita, ma non razionalizzata da Siniscalco, che ha eretto intorno a Fazio la gabbia d´invulnerabilità che ha imprigionato Berlusconi per mesi, impedendogli fino ad oggi di sfiduciare il governatore? Forse la stessa che costrinse alle dimissioni Giulio Tremonti, neo-bis ministro dell´Economia, il quale non nutre più molta stima per il suo ex direttore generale e suo successore (e adesso anche predecessore) Siniscalco, ma che, come lui, sentì il peso di un potere extrarepubblicano nella sua partita a scacchi con Fazio, che lo vide sconfitto. Il teorema tremontiano è questo: «Conosco bene Fazio, è un tipo che non cede. E´ un uomo che si è creato un sistema di potere abnorme sconfinante nella politica, un potere così forte che riesce a sopravvivere a qualunque ministro che provi ad attaccarlo». Tremonti dimentica i suoi amici ministri leghisti che del governatore, dopo tanti anni di guerriglia, sono divenuti i pretoriani più affidabili. Ma ha ragione quando dice che il «caso Fazio» doveva forse nascere ben prima, quando il Fondo Pensioni, che è il braccio operativo della Banca d´Italia, comprava titoli Parmalat, secondo lui una sorta di aggiotaggio di Stato. La trasmutazione, il passaggio storico che porta alla degenerazione dell´istituzione che era la più solida, autonoma e prestigiosa del paese, secondo il neo bisministro del Tesoro, data a quando, perdendo la gestione della moneta, Bankitalia si trasforma in «paladina dell´economia nazionale» e come «ubi consistam» si dà il risiko delle banche. Ma l´analisi di Tremonti ha qualche buco, per spiegare una vicenda nella quale s´impastano potere, politica, ideologia, fede e, forse, psicanalisi. Abbiamo chiesto perciò a chi conosce bene il governatore e ai suoi principali avversari di questi mesi quali sono i tre principali motivi per cui ha resistito così a lungo. E come questo sia stato possibile, al prezzo della fiera di ridicolo tutt´altro che commendevole di cui da oggi l´Italia è protagonista nel consesso del Fondo Monetario e che di sicuro non rispetta la massima di Donato Menichella continuamente citata da Fazio: «Fuge rumores». Ne abbiamo ricavato una serie di giudizi che, pur contrastanti tra loro, forniscono una bozza di fenomenologia di Antonio Fazio. Punto primo: Fazio, ossessionato dalla volontà di definire a suo modo l´assetto del sistema bancario italiano, è convinto di avere ragione, di essersi sempre mosso nella correttezza giuridica e con l´eccellenza richiesta nelle cose terrene dall´Opus Dei, la prelatura di San Escrivà de Balaguer di cui è ufficialmente "amico". Non sappiamo come nel suo foro interiore giustifichi i favori a un signore come Chicco Gnutti, già condannato per insider trading, problema peraltro non soltanto della sua coscienza, ma della comunità nazionale e dei risparmiatori fregati. Del resto, anche Calvi, a suo tempo, pensava di essere un eroe per aver finanziato Solidarnosh e Sindona per avere assai concretamente appoggiato Fanfani nel referendum sul divorzio. Poi - ha sempre detto il governatore agli amici - non ci si dimette sotto la pressione di una «campagna mediatica» di un accanimento mai visto in Europa. Una campagna che nasconde «interessi». Quali? Il piano è chiaro, secondo le confidenze del governatore: gli olandesi di Abn Amro si impossessano dell´Antonveneta, tra l´altro la banca di Padova, la città del Santo, essendo già grandi azionisti di Capitalia di Cesare Geronzi, con la quale si andrà a un´alleanza più stretta e forse a una fusione. A quel punto, i protestanti olandesi sferreranno l´attacco ai tre gioielli-cardine del capitalismo italiano, Generali, Mediobanca e Rizzoli - Corriere della Sera, e detteranno legge nel nostro paese. Punto secondo: mai Fazio avrebbe potuto resistere così a lungo se Berlusconi non avesse chiuso entrambi gli occhi, dopo l´accordo dello «Sciacchetrà», dal nome del vino che servirono a Palazzo Chigi quando il governatore e il premier decisero la difesa dell´"italianità" delle banche. E se un bel pezzo di maggioranza e anche di opposizione non lo avessero sostenuto, per ragioni diverse. La maggioranza per gli agganci con molti dei «furbetti del quartierino», una parte dell´opposizione per non compromettere l´operazione Unipol-Bnl e anche per il timore di vedere al posto di Fazio «un Galliani», come ha paventato Massimo D´Alema. La Lega, con Maroni, Castelli e tutti i principali potenti padani, perché con «Gianpi» Fiorani, Fazio gli ha tolto dalle mani la patata del crac di Credieuronord, la banca di Bossi. Gratitudine eterna a Fazio e al suo banchiere di riferimento, ricatto esplicito a Berlusconi sulle sorti della maggioranza in caso di rimozione dell´uomo di Palazzo Koch. Infine, il vero potere extrarepubblicano, il Vaticano, che già nel 1993 si spese con determinazione perché il successore di Ciampi fosse un cattolico assai fervente come Fazio - Lamberto Dini lo era un po´ poco - e non un laico. Ma, nonostante la fede così prepotentemente esibita, il tomismo quasi ossessivo, pare che negli ultimi giorni persino oltre il portone di bronzo le gesta del pio governatore abbiano suscitato qualche fastidio. Non ultima l´esibizione della figlia più giovane che prende i voti tra i flash dei reporter. Estremo aiuto del cardinal Ruini, la condanna delle intercettazioni telefoniche. Poi basta. Nell´attesa dell´atterraggio del Falcon governatoriale, a Washington circolano soprattutto boutade sul governatore inchiodato, le dimissioni di Siniscalco, l´Italia che va a rotoli, mentre da mesi si perpetua il balletto «Fazio sì, Fazio no». La migliore che ci hanno riferita, che è anche la peggiore per l´Italia, dice: «Gli uomini passano, i debiti restano». Alberto Statera