Questo sito utilizza cookies tecnici (propri e di terze parti) come anche cookie di profilazione (di terze parti) sia per proprie necessità funzionali, sia per inviarti messaggi pubblicitari in linea con tue preferenze. Per saperne di più o per negare il consenso all'uso dei cookie di profilazione clicca qui. Scorrendo questa pagina, cliccando su un link o proseguendo la navigazione in altra maniera, acconsenti all'uso dei cookie Ok, accetto

 2005  settembre 23 Venerdì calendario

Storia della lavastoviglie

Nel 1850, un prototipo di lavastoviglie fu inventato da Joel Houghton. Si trattava di una macchina di legno con una ruota azionata da una manovella, che spruzzava acqua su piatti e posate: sebbene mancasse di qualsiasi praticità, servì senza dubbio come modello per le lavapiatti del futuro. Nel 1865, un tal L.A. Alexander ottenne il brevetto per un disposivo abbastanza simile, ma che in più muoveva anche una sorta di cestello con i piatti. Non sembra, comunque, che la macchina funzionasse con successo. Bisognerà attendere il 1886, quando l’americana Josephine Cochrane proclamò disgustata che «se nessuno ancora aveva inventato una macchina per lavare i piatti, l’avrebbe fatto lei stessa». E così fece, presentando il suo prototipo alla Fiera Mondiale del 1893. La Cochrane si attendeva un largo consenso popolare, ma soltanto gli alberghi e grossi ristoranti parevano interessati al prodotto. Lo stato delle cose restò immutato fino al 1950, anno in cui le lavastoviglie domestiche cominciarono ad apparire sul mercato statunitense. La macchina della Cochrane era, naturalmente, un dispositivo automatico ma comunque manuale, poiché sulla fine dell’Ottocento l’elettricità era ancora poco diffusa. La brillante inventrice morì a 74 anni, a causa di un esaurimento nervoso. Ammise: «Se avessi saputo un tempo tutto ciò che conosco oggi, non avrei mai avuto il coraggio di cominciare». Ma il suo apparecchio pian piano conquistò terreno. Nella foto, ad esempio, si vede il modello Colston, presentato nel 1962 alla 40° Fiera Campionaria di Milano: lavava, risciacquava due volte e asciugava 24 piatti, 12 tazzine o bicchieri e un numero considerevole di posate. Le sue dimensioni non superavano quelle di un televisore e si adattava al piano del lavandino.