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 2005  settembre 22 Giovedì calendario

APERTURA FOGLIO DEI FOGLI 26 SETTEMBRE 2005

Prima Katrina, poi Rita: allora è vero che il clima sta impazzendo. [1]
«Una volta, nella zona caraibica, si verificava un uragano dagli effetti devastanti ogni 4 anni. Adesso ne abbiamo due all’anno. Il motivo sta nella temperatura del mare che è in costante aumento. Gli oceani sono come pentole piene d’acqua sui fornelli della cucina. Se giriamo la manopola e alziamo la fiamma l’acqua bolle. Si crea vapore che determina la formazione di uragani. [2] Le regioni del Centro e del Sud America sono soggette a un’inedita sequenza di ”big one” meteorologici che fanno vivere quelle popolazioni in una condizione di continua emergenza. Il problema è che la climatologia è la scienza del dubbio e delle controversie. [3] Il sistema è incredibilmente complesso; è unico, il che rende impossibili studi comparativi; non si possono fare esperimenti controllati». [4]

I ghiacciai si stanno sciogliendo. [5]
«Il Glacier National Park del Montana nel 1910 ne conteneva circa 150, oggi ne sono rimasti una trentina. Le nevi del Kilimanjaro si sono sciolte dal 1912 per più dell’80 per cento. I ghiacciai del Garhwal Himalaya, in India, potrebbero sparire entro il 2035. [5] E anche sulle Alpi sopravvivono solo sotto tutela, come i panda: pensi che tremila metri quadrati del ghiacciaio di Gurschen saranno coperti da un telo di pvc spesso un centimetro». [6]

Quando si formano gli uragani? [7]
«Una regola empirica indica che affinché un urgano si formi, cresca e si mantenga le acque superficiali devono trovarsi almeno a 26 gradi e mezzo. Le temperature medie globali nell’ultimo secolo sono aumentate di poco più di mezzo grado. Può sembrare una quantità minima, ma considerate le vaste superfici dei mari tropicali, basta a far superare la soglia di formazione degli uragani e ad alimentarli con maggiore energia. [7] Il contenuto termico della superficie degli oceani ha raggiunto il quinto di watt per ogni metro quadrato: sembra un’inezia, ma moltiplicata per tutta la superficie delle acque, porta a una cifra enorme. [8] L’allarme era stato lanciato già l’anno scorso, quando quattro uragani avevano devastato la Florida, un enorme numero di tifoni si era abbattuto sul Giappone e per la prima volta un fenomeno del genere aveva interessato anche il Brasile». [9]

I fatti di questi giorni erano prevedibili? [10]
«Su ”National Geographic” di agosto, per dire, c’era un articolo dal titolo ”Hot Water’, acqua calda, in cui si prevedeva quanto sta succedendo. [10] E sappia che lo stesso ”National Geographic” nel numero dell’ottobre scorso aveva descritto in tutti i particolari quello che sarebbe successo a New Orleans: l’evacuazione, gli allagamenti, i morti, il caos dei soccorsi. La domanda non è se, ma quando, concludeva il geologo Shea Penland». [11]

Di chi è la colpa? [12]
«Dicono che nessuno è innocente: se fuori fa caldo giriamo la manopola dell’aria condizionata, se fa freddo quella del riscaldamento. Così facendo bruciamo combustibili fossili (petrolio, carbone, gas), generiamo emissioni di anidride carbonica e produciamo l’’effetto serra”. L’estate 2003, quella della grande siccità, ha segnato in Italia il sorpasso del picco dei consumi elettrici estivi su quello dei consumi invernali. un circolo vizioso: più fa caldo più compriamo condizionatori, più aumenta il consumo di energia ecc. [12] Ma stia attento: ci sono molte persone che non credono a questa tesi». [13]

Tipo? [13]
«Lo scrittore Michael Crichton. Ha preso i riassunti per i politici di alcuni studi, quelli che tutti leggiamo: un grafico dell’Hadley Center evidenzia un aumento delle temperature di quattro gradi prima del 1940, cioè prima del massiccio sviluppo industriale, che dunque potrebbe avere cause principalmente naturali. Poi, dal 1940 al 1970, le temperature sono diminuite. Per questa ragione all’epoca si diffuse la paura di una glaciazione globale. Da allora le temperature sono salite, di pari passo con i livelli dell’anidride carbonica. Il nocciolo della teoria del surriscaldamento si basa su questo dato recente, relativo agli ultimi trentacinque anni. In qualsiasi modo si leggano i dati, la prima domanda è: l’aumento della temperatura nel corso del Ventesimo Secolo è davvero straordinario?». [13]

Risposta? [13]
«Un team di ricercatori americani guidati da Michael Mann ha analizzato 112 studi cosiddetti ”approssimativi”: anelli degli alberi, isotopi nel ghiaccio e altri indicatori relativi alla temperatura. Mille anni fa i termometri non esistevano, perciò questo tipo di studi si rende necessario per avere una qualche idea dell’aumento della temperatura nel passato. Questo lavoro è alla base della teoria secondo cui il secolo scorso ha registrato il maggiore aumento delle temperature degli ultimi mille anni. O meglio: nel 2001 ne erano tutti convinti, oggi meno. Il lavoro di Mann è stato attaccato da studiosi di tutto il mondo. Hans von Storch, dell’Università di Francoforte, dice che è ”spazzatura”». [13]

E allora? [14]
«Nel corso del Novecento la temperatura media del pianeta non è aumentata che di qualche decimo di grado centigrado, ma ciò non significa che tale riscaldamento sia insignificante: 18.000 anni fa, con soltanto pochi gradi di temperatura in meno, il Canale della Manica si attraversava a piedi, e senza neppure bagnarseli. Crichton dice che le proiezioni numeriche rappresentate oggi dai modelli informatici dell’evoluzione climatica globale sono inadeguate e che le loro performance sono mediocri. indiscutibile: non un solo ideatore di tali schemi ne è soddisfatto. [14] Il fatto è che, come dicevo prima, la climatologia è una scienza inesatta». [4]

Mi faccia un esempio. [4]
«C’è un dato che non torna: la temperatura della superficie terrestre aumenta, ma quella della troposfera, il primo strato dell’atmosfera, quello dove si trova la maggior parte dell’aria e in cui si verifica la maggior parte degli eventi climatici, è costante dagli anni Settanta, se non addirittura in calo. Questo fenomeno contraddice tutti i modelli elaborati dagli scienziati e dà fiato agli scettici. Le possibilità sono tre: gli scettici hanno ragione; i modelli sono sbagliati; i dati sono sbagliati. Uno studio di Steven Sherwood, della Yale University, ha scoperto che la risposta giusta è la numero 3». [4]

Si spieghi. [4]
«Da una quarantina d’anni le stazioni meteorologiche di tutto il mondo usano palloni sonda per rilevare le temperature: mezzogiorno e mezzanotte ora di Greenwich, tutti i giorni. Queste sonde sono imperfette, dovrebbero misurare la temperatura all’ombra ma, siccome finiscono per essere esposte al sole, sono stati calcolati dei coefficienti che ne tengono conto (in sottrazione). Con il passare degli anni i termometri, sempre più accurati, fanno meno errori, ma i coefficienti di correzione non sono stati aggiornati, per questo la temperatura della troposfera sembra costante se non in diminuzione. E non va meglio coi satelliti, dove c’è un problema simile». [4]

Non si sa a chi dar retta. [4]
«Pensi che adesso hanno scoperto delle nubi marroni che si accumulano a 3.000 metri d’altezza: sono cariche di carbone nero e pulviscolo dell’inquinamento e si spostano rapide. In cinque giorni dal Nord Europa attraversano tutto l’Oceano Atlantico. Il professor Veerabhadran Ramanathan, dell’Istituto di Oceanografia dell’università della California, spiega che sono tra le cause principali dello scioglimento dei ghiacciai, perché il carbone nero che trasportano, depositandosi sulla loro superficie, li scioglie. Però intercettano la luce solare creando un’ombra che smorza il surriscaldamento causato dall’effetto serra. Senza nuvole marroni, si dice, la superficie terrestre sarebbe surriscaldata di un 50 per cento in più. Qualcuno potrebbe arrivare a dire che l’inquinamento fa bene». [15]

Vuol dire che non siamo sicuri di nulla? [13]
«Dicono che il riscaldamento è provocato dall’anidride carbonica, ma non è affatto chiaro. In passato, si immaginava che l’effetto del sole fosse abbastanza costante e che perciò ogni aumento della temperatura dovesse essere causato da qualche altro fattore. Ma ora, grazie al lavoro degli scienziati del Max Planck Institute in Germania, è chiaro che l’effetto del sole non è costante, e sembra stia raggiungendo il suo apice proprio in questo periodo. Poi c’è l’effetto ”isole di calore urbane”: in molte città si registrano 7 o 8 gradi in più rispetto alla campagna circostante. Nessuno sa quale percentuale del riscaldamento a cui stiamo assistendo sia attribuibile all’anidride carbonica». [13]

Allora non dobbiamo fare niente? [16]
«Carlo Rubbia, il premio Nobel per la fisica, dice che la mancanza di un’assoluta certezza scientifica non è una ragione per ritardare una risposta immediata che permetta di limitare i danni». [16]

Che dovremmo fare? [17]
«Una strada sarebbe quella di applicare il protocollo di Kyoto, con il conseguente impegno a ridurre del 5,2 per cento i gas inquinanti tra 2008 e 2012. [17] Ma qualcuno dice che è già troppo tardi: Guy Kirk, scienziato della Cranfield University, ha spiegato su ”Nature” che l’effetto serra riscalda prati e campi coltivati che di conseguenza producono più anidride carbonica. L’uomo ha premuto l’interruttore del disastro, adesso la natura prosegue da sola in una reazione a catena. Conclusione di Kirk: chi pensa di riuscire a domare la febbre della Terra si sbaglia di grosso». [18]

Non capisco cosa starebbe succedendo. [18]
«Le temperature in aumento avrebbero incrementato il ritmo di lavoro dei microbi rendendoli più veloci nei processi di mineralizzazione con i quali trasformano il carbone organico, intrappolato nei terreni, in anidride carbonica, che invece viene espulsa. Mentre una piccola quantità si disperde nei livelli profondi e dosi minimali si disciolgono nelle acque, la parte più consistente ”entra in circolo”, inquinando i cicli atmosferici e aumentando l’effetto serra. Terreni e foreste, insomma, non avrebbero una funzione ”pulitrice”. Se Kirk ha ragione, il quadro cambia: i terreni in tutto il mondo conservano almeno 300 volte la quantità di gas liberata ogni anno dai combustibili fossili». [18]

Arriverà una Katrina anche da noi? [7]
«I meteorologi considerano queste intense perturbazioni una calamità esclusiva delle latitudini comprese fra i due Tropici. [8] Il meccanismo dei cicloni tropicali è la convezione profonda che fa sollevare verticalmente colonne di aria ribollente per dieci e più chilometri, negli extratropicali la convezione avviene lungo un piano sdraiato. Il che, dicono, implica un minore potere distruttivo. Nel Mediterraneo sono stati osservati rari casi di vortici molto intensi che, nella loro struttura, ricordano gli uragani tropicali, ma le loro dimensioni sono molto piccole. Per ora, per noi, l’incubo Katrina o Rita non esiste. Però...». [7]

Però? [8]
«Il rischio c’è, perché il clima non funziona, come molti pensano, come un sistema lineare, che a ogni piccola forzatura, per esempio un modesto aumento di temperatura, reagisce con una piccola modificazione. Vittorio Canuto, senior scientist della Nasa, dice che funziona piuttosto come un orso: se gli fai un leggero solletico una, due, tre volte, prima nemmeno lo sente, poi reagisce con un impercettibile movimento, infine ti sferra una micidiale zampata. I fisici lo chiamiamo comportamento non lineare. [8] Hervé Le Treut, direttore del dipartimento di climatologia al Cnrs, dice che nel nostro continente si accentueranno fenomeni locali: al sud sarà più lunga e grave la siccità, che potrebbe portare carestie ma anche la comparsa di nuove malattie; nei paesi del Nord si manifesteranno violente tempeste invernali simili a quelle che si sono verificate in Francia nel dicembre 1999. [19] Mark Lynas ha scritto in Notizie da un pianeta rovente che ogni grado in più corrisponde a uno spostamento di 150 chilometri verso Nord delle fasce climatiche. [20] Ma non bisogna cedere al catastrofismo». [14]

Dice? [14]
«I rapporti che la Commissione intergovernativa sull’evoluzione del clima invia periodicamente ”all’attenzione di chi decide” sono riepiloghi spesso avventati e allarmistici, che di strettamente scientifico hanno poco. Ma l’opinione pubblica lo ignora, perché la stampa la informa sulla base di questi riepiloghi». [14]

E gli ambientalisti? [21]
«In un recente saggio pubblicato da due verdi, The Death of Environmentalism (La morte dell’ambientalismo), sta scritto che ”i concetti fondamentali del movimento ecologista, come pure il metodo seguito e le sue stesse istituzioni, sono antiquati. Oggi, l’ambientalismo non è che uno dei tanti interessi particolari presenti sul pianeta”. I verdi hanno subito una serie di sconfitte strategiche. L’’Economist” li ha criticati per l’opposizione all’aspetto più promettente del protocollo di Kyoto, il ricorso a strumenti basati sul mercato come il commercio delle emissioni di carbonio. [21] Ma molti dubitano che il mercato possa essere la soluzione. Il politologo Giovanni Sartori ha scritto sul ”Corriere della Sera” che non è un meccanismo salvatutto. E ha fatto l’esempio del petrolio». [22]

Sarebbe? [22]
«Oggi il petrolio fornisce il 70 per cento dell’energia usata nei trasporti. Benzina e diesel sarebbero sostituibili con l’etanolo ed equivalenti ricavati da piante zuccherine, come il mais; prodotti che hanno l’ulteriore pregio di essere ”puliti”. Però il solo Paese che produce olio combustibile e benzina da vegetali è il Brasile. Il mercato ha deciso così, perché ai prezzi di ieri il petrolio costava meno. Ma ai prezzi di oggi? Il guaio, ha scritto Sartori, è che il mercato ”vede corto”, non ha progettualità. E questo lo rende inidoneo, e controproducente, nel fronteggiare il futuro». [22]

Speranze? [19]
«Come dice Le Treut, l’umanità ha già affrontato molti cambiamenti climatici. L’importante è avere il tempo di adattarsi. Se riusciremo a rendere il processo di surriscaldamento meno brutale e più graduale, potremo prepararci al nuovo clima, attrezzandoci per prevenire o almeno affrontare meglio questo tipo di catastrofi naturali. [19] Purtroppo, non sappiamo esattamente cosa accadrà: come dice Rubbia, ci troviamo dentro a un’immensa provetta». [2]