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 2005  settembre 21 Mercoledì calendario

Colpa di Bush se oggi siamo nella m...elma fino al collo in Iraq, se i giovani pakistani della piccola borghesia hanno deciso di farsi saltare per aria nelle nostre metropolitane e le madrasse musulmane hanno deciso di far piangere le madri cristiane ed ebree? Nemmeno per sogno! La colpa è di Eschilo, il drammaturgo greco, autore, 2

Colpa di Bush se oggi siamo nella m...elma fino al collo in Iraq, se i giovani pakistani della piccola borghesia hanno deciso di farsi saltare per aria nelle nostre metropolitane e le madrasse musulmane hanno deciso di far piangere le madri cristiane ed ebree? Nemmeno per sogno! La colpa è di Eschilo, il drammaturgo greco, autore, 2.477 anni fa, dei Persiani. Una tragedia scritta partendo dal punto di vista dei Persiani, e non da quello dei Greci, in modo che il regista fosse libero di far dire ai suoi nemici quello che gli faceva più comodo. Ad esempio, il re persiano, Serse, che le aveva prese dai Greci, ed è costretto ad ascoltare lo spirito del suo predecessore, il defunto Dario I, che gli suggerisce di non rompere più le palle agli Ateniesi, gente tranquilla e democratica, non sporchi imperialisti, barbari, saccheggiatori, stupratori come i Persiani. Insomma, un po’ come se Rumsfeld avesse scritto un dramma teatrale dal punto di vista degli iracheni, dove il fantasma di Saddam consiglia, agli Al Zarqawi di turno, di non seccare più quei poveri americani, già tartassati, a casa loro, dal terrorismo meteorologico di Katrina. Secondo la buon’anima dello storico palestinese Edward Said, le grane fra l’Occidente e il resto del mondo, in particolare Medioriente e Asia, sono iniziate proprio da questa versione, poco obiettiva, dei fatti, da parte del signor Eschilo. Said non ha tutti i torti. L’Impero persiano, il Forgotten Empire, l’impero dimenticato, come dal titolo di una fenomenale mostra in corso al British Museum, era tutt’altro che una dittatura sanguinaria e barbara. Da questa civiltà sono usciti sculture, gioielli, bronzi a metà fra la purezza divina e la sensualità acerba e adolescente dell’arte classica. La Persia era una società che, in largo anticipo sul vocabolo, aveva un’idea di globalizzazione ben più raffinata della nostra, dove culture e religioni diverse prosperavano, più che sfruttarsi a vicenda. QUEI PERSIANI COMUNISTI CONTRO I GRECI DEMOCRISTIANI Se i Persiani, oltre a essere ”global”, avessero avuto il senso del marketing come gli Egizi, ogni museo italiano avrebbe già avuto la sua bella mostra con la sua bella fila di visitatori fuori. I Persiani erano, per i Greci, quello che i comunisti erano per la Democrazia Cristiana, dei mangia bambini. Ma non solo i Persiani si astenevano dal cannibalismo infantile: Ciro il Grande, della dinastia degli Achemenidi, è stato quello che per primo, nella storia dell’umanità, ha buttato giù una dichiarazione dei diritti umani. Una replica del cilindro dove lui l’aveva scritta è in mostra alle Nazioni Unite, promemoria, spesso dimenticato, del perché i caschi blu siano stati inventati. In Persia, Islam, Ebraismo o Cri-stianesimo non avevano ancora cominciato a guastare le feste. Zoroastrismo, Mitraismo o Manicheismo erano religioni che divertivano di più, roba poco monoteista e più dualista. Sull’altopiano iranico si tentava di capire, più che altro, dove finisce il corpo e dove comincia lo spirito. Si discuteva se, prendendo un calcio nel culo, è l’anima che ne soffre o il culo. I Greci avevano, giustamente, paura dei Persiani, come tutte le persone intelligenti davanti a persone più intelligenti di loro. Per questo il timore di Bush era esagerato davanti a Saddam, non essendo, nessuno dei due, un’aquila. Il Presidente americano dovrebbe invece ricordare, con preoccupazione, che tutti i grandi imperi sono, prima o poi, andati a ramengo, e gli Stati Uniti sono un grande impero. Per i Persiani il declino inizia con una batosta militare presa da Alessandro il Grande verso il 331 avanti Cristo. Da allora il Persiano medio, come l’italiano quando perse con la Corea del Nord nei Mondiali di calcio del 1966, ha cominciato a deprimersi e il suo impero a restringersi. I trucioli della sua gloria sono oggi luoghi come il Turkmenistan, l’Armenia, l’Afghanistan o l’Iran, che era riuscito a rimanere Persia fino al 1935, poi il primo Scià, della dinastia Pahlavi, decise di cambiargli nome. L’ayatollah Khomeini ha fatto il resto, e pare che il nuovo, simpaticissimo presidente Mahmoud Ahmadinejad potrà completare la frittata. Sarà allora meglio andare a Londra a vedere i tesori di Ciro e di Dario. Corre voce, infatti, che il governo iraniano stia per dare inizio ai lavori di una diga che spazzerà via le città archeologiche di Pasargard e Persepoli, gioielli dell’antica Persia. Provare a salvarli non farebbe schifo. Gli iraniani, invece di tirar su una diga, affogando Persepoli, e intestardirsi a voler arricchire l’uranio per impoverire gli altri, potrebbero riflettere meglio sulle proprie origini, ricordando di essere gli eredi di una civiltà cosmopolita che ascoltava il mondo, invece di urlargli addosso. Potrebbero chiedersi quando e perché le cose abbiano iniziato a cambiare, mandando tutto, per dirla in farsi (la lingua della Persia di oggi, cioè l’Iran), a farsi fottere. OCCIDENTE-RESTO DEL MONDO: LA PARTITA NON FINISCE MAI Un tempo arte e cultura seguivano gli eserciti e spesso li sostituivano. Oggi gli eserciti distruggono statue millenarie e lasciano che il museo di Bagdad venga saccheggiato, mentre a casa propria prendono bene la mira su chi saccheggia i supermercati avendo la dispensa allagata. L’Impero persiano, che si estendeva fino all’India e la Cina, partendo dall’odierno Iran, era più grande di quello americano. Il fantastico cane di marmo nero, rimasto a guardia per duemilacinquecento anni della propria civiltà, ci ricorda che, forse, la pazienza, alla lunga, dà più risultati della violenza. La partita, Occidente-Resto del Mondo, cominciata nel quarto secolo avanti Cristo, è ancora aperta, ma andare ai supplementari potrebbe essere una guerra ”persia” per tutti. Francesco Bonami