Varie, 22 settembre 2005
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VERHEUGEN Günther Bad Kreuznach (Germania) 28 aprile 1944. Politico. Socialdemocratico. Commissario Ue all’Industria e vicepresidente della Commissione europea
VERHEUGEN Günther Bad Kreuznach (Germania) 28 aprile 1944. Politico. Socialdemocratico. Commissario Ue all’Industria e vicepresidente della Commissione europea. Già commissario europeo all’allargamento. Grandi polemiche quando, il 24 aprile 2009, di fronte al possibile acquisto della Opel (e della Chrysler) da parte della Fiat commentò: «Mi chiedo dove questa società altamente indebitata trovi i mezzi per portare avanti allo stesso tempo due operazioni di questo genere» • «Di lui, dicono che abbia un Maggiolino Volkswagen al posto del cuore. Ma pochi lo conoscono bene. Per esempio, [...] anni fa: ”Verheugen – proclamò la tv pubblica austriaca Orf – ricono sce la disfatta”. Svarione colossale: non di Gunther Verheugen si trattava, ma di Guy Verhofstadt, primo ministro belga appena sconfitto alle elezioni. E se gli austriaci aves ero conosciuto il commissario Gunther, non avrebbero preso un granchio così: ”Ri conosce la disfatta”, per uno che ha fama di possedere la schiena o la mascella più diritte in tutta la Commissione europea, e di aver fatto politica per 40 anni sempre e solo in difesa dell’industria tedesca, e di essere l’incarnazione delle lobbies industriali germaniche, è frase di poco senso. Del resto pareva una disfatta, in termini di immagine, anche quella del 2006: quando il velenoso Times descrisse una foto in cui Verheugen [...] vedovo e risposato, passeggiava ”vestito solo di un cappellino da baseball, su una spiaggia per nudisti della Lituania, con la sua assistente che è stata appena promossa” ai piani alti della Ue. ”Mia moglie era informata di questa vacanza – spiegò il commissario – credo che la questione delle mie vacanze in agosto, dove vado e con chi le trascorro, sia un affare privato, e non riguardi nessuno se non mia moglie”. Lo scossone arrivò fino a Berlino, al governo di Angela Merkel. La coalizione tremò. Anche perché la signorina della foto, secondo il Times, era l’unica tedesca dell’Est ai vertici Ue, e aveva lavorato nell’ultimo governo tedesco-orientale; e chi aveva fra i suoi collaboratori a quei tempi? Una tale Angela Merkel. Al culmine delle polemiche, tuonò anche ”Der Spiegel”: ”Verheu gen sta diventando un peso per l’imminente presidenza tedesca della Ue. Si parla di sue dimissioni...”. Ma, appunto, l’uomo non mollò. E lo difese chi ricordava certi suoi attacchi agli ”euroburocrati arroganti”: non poteva essere quella la vendetta di qualcuno, chi aveva spedito il paparazzo fra i nudisti? Il commissario non si dimise, né si dimise la sua assistente. Con lo stesso piglio, Verheugen continuò a rappresentare la Germania ai vertici Ue. Nato in Westfalia, ”nel cuore industriale della Germania” come ama sempre ricordare, giornalista in gioventù, è politico di antico pelo: iniziò con i liberaldemocratici, poi passò con i socialdemocratici. Approdato a Bruxelles nel 1999, Verheugen non ha mai cambiato stile: poche parole, l’uso della lingua tedesca ribadito nelle conferenze stampa, fra colleghi che ostentano l’inglese o il francese. Quanto alle idee, ”io ho vissuto il miracolo economico tedesco, non ho dubbi sul valore dell’impresa... Ma la responsabilità del successo o del fallimento è suo: non dobbia mo privatizzare i profitti nei tempi buoni e socializzare le perdite in quelli cattivi”. [...]» (Luigi Offeddu, ”Corriere della Sera” 25/4/2009) • «Quando s’infuria sussulta e cambia colore. Successe in modo clamoroso nel corso di una delle prime apparizioni in sala stampa coi galloni di responsabile europeo dell’Industria, era l’estate 2005 e i vertici della Volkswagen cadevano come birilli per lo scandalo dei festini a luce rossa. Günter Verheugen trattò la materia con cautela e un giornalista gli chiese se lui fosse nel libro paga della casa di Wolfsburg. Arrossì e trattenne a stento la collera. Come quando [...] gli chiesero come mai avesse giocato il tutto per tutto pur di annacquare a vantaggio delle grandi case auto tedesche il piano di riduzione delle emissioni CO2 del collega Dimas. Si infiammò e negò. Negò tutto. Non ha un carattere facile lo ”Zio Günter”, come lo chiamano scherzosamente i cronisti tedeschi. [...] è un politico impetuoso, dice sempre quello che pensa anche quando sa che le parole possono avere l’effetto d’una sassata in una cristalleria. La sua lunga carriera da commissario Ue è segnata da uscite controverse. A cominciare da un intervista del settembre 2000 - quando era il responsabile dell’allargamento della gestione Prodi e lavorava sull’accesso delle giovani democrazie dell’Est - in cui propose di convocare in Germania un referendum-trappola sull’ampliamento del club di Bruxelles. Fu smentito con forza dal ”Professore” e costretto ad un formale retromarcia nell’emiciclo di Strasburgo. ” sempre stato il paladino della tradizione tedesca” confessa una fonte di Palazzo Berlaymont. Sulla storia della consultazione popolare destinata a tenere lontani polacchi e ungheresi, Verheugen, un liberale divenuto socialdemocratico, ”era stato spinto dall’esigenza di salvaguardare il lavoro in Germania”. Comunque sia, si è rifatto nel 2004 quando annunciò che i rumeni erano pronti ad unirsi all’Ue poco prima delle elezioni e fu contestato per l’ingerenza a favore del governo in una campagna già tesa. Una toppa peggiore del buco. [...] anni fa ha irritato tutto l’apparato della burocrazia comunitaria definendolo ”impossibile da dirigere”. I giornali non lo amano, sopratutto la stampa popolare che ha avuto modo di sguazzare nella vicende personali dello Zio Günter. Nell’autunno del 2006 sono uscite alcune foto he lo ritraevano in un campo nudisti: indossava solo berretto da baseball e se ne andava con la capo di gabinetto, Petra Erler. Poteva non commentare, era la sua vita privata. Invece smentì. ”Un incontro di lavoro durante le vacanze”, disse. Salvo poi separarsi e ufficializzare il legame con la collaboratrice, promossa con aumento di stipendio, peraltro dopo l’inizio della relazione. Per l’industria tedesca si è sempre speso senza risparmiarsi. Lo fanno tutti i commissari, anche se non dovrebbero, ma in genere si cerca di avere un po’ di stile. Verheugen si è sbilanciato per la chimica quando si trattò di approvare Reach, il registro europeo per il controllo delle sostanze pericolose: poco dopo l’adozione del pacchetto, andò a un convegno a Bologna e lì demonizzò l’iniziativa; tornato a Bruxelles, fu accolto da una rovente polemica, sopratutto per il mancato rispetto delle decisioni del collegio di cui lui stesso faceva parte. Per l’auto ha fatto ancora di più. In materia di emissioni ha cercato con ogni mezzo di salvare le grosse cilindrate tedesche. Quindi si è battuto per un piano di sicurezza a quattroruote e l’introduzione di sistemi antislittamento che costringessero i costruttori italiani e francesi a sforzi di investimento aggiuntivi. ”Nonostante l’apparente europeismo - dicono a Bruxelles - è ad ogni effetti un ”Tedesco’ [...]”. [...]» (Marco Zatterin, ”La Stampa” 25/4/2009).