22 settembre 2005
Tags : Ji-Sung. Park
Park JiSung
• Nato a Seul (Corea del Sud) il 25 febbraio 1981. Calciatore. Dal 2005/2006 al Manchester United. «Centrocampista esterno [...] Detto ”la Stella”. Per capirci, Park è il piccoletto del Psv Eindhoven che nella [...] semifinale di Champions contro il Milan - rimbalzando come una pallina da flipper dal centrocampo in su - ha fatto impazzire Nesta e Pirlo, e ha segnato il gol che ai rossoneri avrebbe evitato se non altro lo shock di Istanbul. Dicono che la crisi del Milan degli Incredibili (o degli Invincibili o come cavolo si chiamava) sia iniziata da lì. Pensateci. Subito dopo quella partita stravista in mondovisione, la città di Suwon (Sud Corea) dove Park ha passato l’adolescenza, gli ha dedicato una strada: Park Ji Sung Road. Interisti? Comunisti? Improbabile. Diamine però. Se il Psv vinceva la coppa cosa intitolavano a Ji-Sung, una città intera? Viale Park è lungo 1 chilometro e 380 metri, largo 35. Ha 86 metri di barriere fonoassorbenti decorate con ritratti del piccolo prode calciatore, e circa 10.000 alberi piantati ai lati. Confina con un parco, al centro del quale c’è un’altra gigantografia di Park Ji-Sung, 4 metri per 2. il Parco di Park (!?). Ma non basta. Allo stadio di Suwon c’è anche un’esposizione permanente dedicata alle gesta del nostro eroe: [...] la vetrinetta contiene circa 20 cimeli, tra cui le scarpe usate contro il Milan e la [...] maglietta del Manchester United. [...] Gli ottimisti vedono in lui l’erede di Ryan Giggs sulla fascia sinistra. I pessimisti dicono che è un altro acchiappagonzi per vendere magliette in Oriente (non sarebbe primo [...]). Dice lui: ”Non sono qui per fare marketing, ma per giocare”. L’allenatore Ferguson ha fatto una giusta media: lo ha sempre messo in campo nella tournée estiva del Manchester in oriente, poi lo ha usato come riserva di Cristiano Ronaldo [...] è una star planetaria. Non merita un trattamento simile. Fino al 2002 aveva razzolato nella J-League giapponese col Kyoto Purple Sanga. Arrivò ai mondiali col ct olandese Gus Hiddink e fece l’unico gol della partita che eliminò il Portogallo. Fu eroe nazionale, o quasi. In realtà, il vero eroe di quei mondiali alla fine risultò Ahn, che come si ricorda ci eliminò a noi. Ahn, dalla sua, aveva la faccia del principino popstar, buono per gli adolescenti, ottimo per le ragazzine. Ma Hiddink non ci fece caso. Portò in Olanda Park e Lee sfidando le ironie dei compagni di squadra che li trattavano da cocchi dell’allenatore, e questo è il risultato: dopo 4 anni il brutto anatroccolo Park Ji-Sung, capace di correre dall’inizio alla fine di una partita coi piedi in fiamme per il dolore (è successo), risulta dai sondaggi lo sportivo più noto della Repubblica coreana. Il suo fedele scudiero Lee è al terzo posto. [...] entrambi giocano nella Premiership (Lee è al Tottenham). Ahn, invece, dopo le tragicomiche disavventure con Gaucci, il ritorno in Oriente, l’eclisse tra gli Yokohama Marinos, ha trovato un posticino al Metz in Francia. Park non ha soltanto un parco e un museo in patria, ma in Olanda si è pure guadagnato l’onore di una canzone intera. Song for Park. Gliel’hanno scritta per festeggiare lo scudetto del Psv Eindhoven, clonando il giro di un capolavoro minore della new wave inglese anni 80: Papa’s got a brand new pigbag dei Pigbag. All’inizio un vocione urla: Signore e signori, ecco a voi il laterale destro, la macchina gol della Corea, Park Ji-Sung. Di seguito, per circa due minuti, il coro scandisce: du-du-du-duu Ji-Sung-Paa-ri! la pronuncia olandese, e poi nessuno sa essere coatto come gli olandesi coatti. Gli autori Ortega e Bonanza ci hanno fatto i soldi: il motivetto, entrato nella hit parade, ha risuonato a lungo nei telefonini d’Olanda e di Corea. Un momento, però. Abbiamo detto Park Ji-Sung. Mica Kim il Sung. Il ragazzo è timido, ha i piedi piatti, è bruttino e lo sa. ”Se fossi bello come Beckham - ha dichiarato appena sbarcato in Inghilterra - potrei diventare famoso come lui. Ma non lo sono, e tutt’al più posso diventare un buon giocatore”. Umile centrocampista in movimento perpetuo, geniale nella punizioni, utilissimo in campo, faticosissimo da guardare, il giocatore risulta essere pienamente in accordo con l’estremismo sadomaso di certo cinema coreano. Le sue cartelle cliniche (operazione al ginocchio, piedi a pezzi) dimostrano che è stato in grado di infliggersi qualsiasi tortura pur di arrivare dove voleva arrivare. E ciò è politicamente male. Esteticamente, quanto meno ambiguo. Dice un proverbio coreano: ”Quello che puoi, fallo”. Dice l’allenatore-padre Gus Hiddink: ”La parola impossibile non esiste nel vocabolario coreano”. una cazzata, ovviamente, ma ormai Hiddink lo studiano all’università e nelle scuole per manager coreani, perciò non si può dire» (Alberto Piccinini, ”il manifesto” 21/9/2005).