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 2005  settembre 21 Mercoledì calendario

JULIO CESAR

(Julio Cesar Soares Espindola) Rio de Janeiro (Brasile) 3 settembre 1979. Calciatore. Portiere. Dal 2005/2006 all’Inter, ha vinto la Champions League i il Mondiale per club 2010, gli scudetti del 2006, 2007, 2008, 2009, 2010 (il primo a tavolino), le coppe Italia 2005, 2006, 2010, 2011 ecc. Prima aveva giocato qualche partita nel Chievo • «[...] Ha cominciato a stare dietro a tutti quasi per caso (“quando ero bimbo, mio padre, e non so bene il perché, mi regalava spesso guanti e completini da portiere...”), e come unico idolo ha avuto Taffarel (“mi sono sempre ispirato a lui, che tra l’altro ha fatto bene anche in Italia”). [...]» (“La Gazzetta dello Sport” 21/9/2005) • «[...] s’è costruito come fanno i difensori centrali: tribuna, panchina, campo. Poi campo e campo ancora. [...] Vai a leggere l’almanacco, clicca sulla sua pagina del sito interista e scopri che c’è stata gente che l’ha messo dietro, che l’ha tenuto in panchina, in tribuna. Lontano. Sono gli unici che tirano fuori la sua storia normale, di terzo diventato primo, senza mai passare per secondo. Senza pudore, senza vergogna, c’è qualcuno che non ci credeva, che non pensava che ce la potesse fare così. Allora onore all’onestà di Sergio Marcon che gli stava davanti e ora non riesce a vederlo col binocolo. “Sinceramente quando è arrivato al Chievo nel 2005 non mi aspettavo che potesse diventare uno dei migliori portieri del mondo [...] Julio arrivò a Verona nel gennaio 2005. Era venuto al Chievo per ambientarsi e prendere confidenza con il calcio italiano. Il titolare era Luca Marchegiani e io ho saltato un paio di partite per infortunio. In quelle occasioni Julio ha preso il mio posto in panchina, ma per il resto le gerarchie sono sempre rimaste chiare”. Cioè niente per Julio Cesar, neanche un minuto e neanche la possibilità di riscattare quella mezza figuraccia che fece appena arrivato: si presentò che aveva un filo di pancetta, quella da sportivo un po’ pigro e poco utilizzato. Non era un ragazzino [...] aveva 25 anni e aveva già fatto cinque stagioni al Flamengo. Problemi? Neanche l’ombra. Julio Cesar accettò persino di andare a giocare qualche partita con la Primavera. Non era quello che è: ogni tanto capitava che si tuffasse ancora con la pancia, alla brasiliana anni Ottanta. Invece coi piedi era forte. A parare e a giocare. L’aveva notato Luciano Castellini che non ha mai nascosto il merito di essere andato a sceglierlo, per caso, cercando altro e altri: “Branca ebbe una soffiata, io andai dieci giorni a spiare gli allenamenti del Flamengo facendo numeri pazzeschi per non farmi vedere da Leo Junior, allora direttore tecnico dei rossoneri e mio amico dai tempi del Toro. Poi mi spostai in Argentina a vedere Barbosa del Banfield, ma non c’era gara: Julio Cesar era già affidabile e sereno a 25 anni. Feci la mia relazione a Marco e al povero Giacinto Facchetti. Considerando che Julio era a parametro zero, fu un gran bel colpo. In Brasile Julio giocava in modo diverso, più con piedi e stop di petto. Il che non guasta anche in Italia, ma qui se sbagli due rinvii rischi di perdere uno scudetto. Meglio palla lunga che corta, si dice nell’ambiente. Ha grande serenità, supera gli errori in un amen, trasmette sicurezza ai compagni [...]” [...] Dicono sia un mulo per davvero. S’allena ogni volta come uno che deve prendersi il posto di un altro. Solo che l’altro è se stesso. [...] a Verona sapeva perfettamente di non giocare, ma si allenava come se toccasse sempre a lui la domenica dopo. Costante, preciso. [...]» (Beppe Di Corrado, “Il Foglio” 26/5/2009).