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 2005  settembre 16 Venerdì calendario

Ma Lolita non invecchia. La Repubblica 16/09/2005. Con la «sua sottana a ruota e le sue mutandine», esattamente cinquant´anni fa andava in stampa Lolita di Vladimir Nabokov

Ma Lolita non invecchia. La Repubblica 16/09/2005. Con la «sua sottana a ruota e le sue mutandine», esattamente cinquant´anni fa andava in stampa Lolita di Vladimir Nabokov. Prima che il suo nome facesse arrotolare la lingua, prima che entrasse negli annali della letteratura, prima ancora che prestasse il suo nome alle bambole gonfiabili e alle agenzie di accompagnatrici, Lolita è stato un manoscritto a lungo respinto, relegato in un cassetto chiuso a chiave. Il suo autore parlava di lei soltanto in via confidenziale, a condizione che la sua identità non fosse mai rivelata. Egli la tenne alla larga dalle grinfie del Servizio Postale degli Stati Uniti: Lolita era la sua «bomba ad orologeria». La vera sorpresa - in una cultura confessionale, in una società dalla quale sono scomparsi tutti i tabù, nell´epoca dell´Ave-Britney - è che sorprenda ancora, che lasci ancora il segno. Humbert Humbert afferma di aver scritto il libro in soli 56 giorni, ma Nabokov era meno pazzo, ed era docente della Cornell, per giunta. Sgobbò sei anni su quelle pagine. Fu soltanto nell´estate del 1953 che parlando con un editore alluse per la prima volta a un suo romanzo «su un uomo al quale piacciono le ragazzine». Nabokov era immigrato in America relativamente da poco, ma sapeva già fin troppo bene che nessuno in America avrebbe bussato impaziente alla porta per leggere le esplicite confessioni sessuali di un gentiluomo europeo che, svariate volte al giorno, per due anni di fila, violenta la propria figliastra preadolescente. La moglie di Nabokov, Vera, aveva già messo in guardia: il romanzo non era adatto all´infanzia. Il primo editore che lesse Lolita lo ritenne un libro non adatto neppure agli adulti, quanto meno non agli adulti che non fossero disposti ad andare in galera. A Doubleday, il giovane Jason Epstein fu lesto a comprendere che il romanzo era qualcosa di molto di più dell´insieme della sua trama, e che Nabokov «aveva in effetti scritto la Strada di Swann come se fosse stato James Joyce». Il libro si leggeva come un thriller. Il suo ritmo era incalzante. Era molto divertente. E il signor Epstein avrebbe potuto dire qualcosa contro Lolita soltanto «a causa della sua stravagante perversità». A casa di Nabokov questa definizione equivaleva a quella di «originalità estrema». E furono queste le parole che si lessero sulla pubblicità dell´opera quando, dopo un anno di risposte negative, Vera Nabokov spedì Lolita a Parigi. Il manoscritto si fece strada all´Olympia Press, dove Maurice Girodias era responsabile di una collana di classici osé in lingua inglese. Girodias fu immediatamente avvinto dal romanzo, sebbene non si facesse illusione alcuna in merito alle vendite. La sua unica condizione per stamparlo fu che Nabokov mettesse sul libro il suo nome, condizione che l´autore accettò. La prima volta che prese in mano i due volumi verde pallido delle edizioni Olympia - che nel corso degli anni successivi sarebbero stati spediti clandestinamente da Parigi in valigie americane - era l´8 ottobre 1955. A ciò seguì un silenzio assordante. Soltanto alla fine di quell´anno Graham Greene, a Londra, tirò Lolita fuori dalle tenebre. Greene non era stato sempre gentile con le ragazzine. Aveva perso una causa intentatagli per aver proferito alcune osservazioni su Shirley Temple e sulla sua «depravazione con le fossette». Ma quando gli fu chiesto quali fossero i migliori libri del 1955 egli citò tra altri tre titoli un misterioso libro in lingua inglese disponibile soltanto a Parigi. In Inghilterra scatenò un finimondo. In America il panico morale. A parte le considerazioni di ordine legale, non tutti furono conquistati dal libro. Edmund Wilson ne fu disgustato. Al pari di molti altri ebbe difficoltà a fare distinzione tra l´autore e il narratore. Evelyn Waugh giudicò il romanzo privo di meriti, tranne l´oscenità. Per E. M. Forster, invece, quelle stesse pagine erano «piuttosto noiose». Rebecca West ritenne il romanzo sforzato e brutto, un cocktail annacquato di Peter de Vries e S. J. Perelman. Ciò nonostante, ci furono molti estimatori. Laddove un tempo Nabokov era sempre stato mansueto, nella primavera del 1956 divenne insolente. Prendeva sottogamba quanti lo mettevano in guardia contro i rischi di pubblicare il libro in America. Autentica opera artistica, Lolita non sarebbe stata considerata «lasciva e libertina». Era per di più una tragedia. «Il tragico e l´oscenità si escludono a vicenda» disse in una conferenza Nabokov, che era sì un artista brillante, ma non un avvocato. La reputazione di D. H. Lawrence di essere uno dei grandi del secolo non aveva potuto nulla per evitare a L´amante di Lady Chatterly il processo per oscenità che gli fu intentato. E nel 1956 Nabokov non era Lawrence. In verità, agli occhi della legge la buona scrittura doveva rispondere di molte altre cose. Si andava preparando un colpo assai più pernicioso. Vi fu qualche ulteriore difficoltà, considerate le normative americane per i diritti d´autore e i natali stranieri di Lolita. Nabokov fece un altro ragionamento, forse soltanto come tattica negoziale con gli editori. Messo in guardia da Jason Epstein che non avrebbe potuto evitare un processo per oscenità né aspettarsi che sarebbe stato un equo processo, spiegò di non avere altra scelta: doveva pubblicare il libro. Non poteva sopravvivere con il solo stipendio della Cornell. Decidere non era tanto «una questione di principio, quanto una questione di soldi». E forse rilevante notare che nel corso di un anno in giro con Lolita, solo di vitto e alloggio Humbert spende l´esatto equivalente dello stipendio della Cornell di Nabokov. Mentre gli editori americani lo prendevano in considerazione, a Parigi il romanzo fu messo al bando. (In Francia il bando sarebbe stato prima tolto, poi rimesso e nel 1958 il libro poteva essere acquistato, ma non esposto in vetrina). Ricevendo queste notizie dalla Francia, Nabokov si sedette per confidarsi con Graham Green. «La mia povera «Lolita» sta vivendo un periodo assai critico» si lamentò. Il romanzo non era né carne né pesce. Quanti lo leggevano alla ricerca di qualcosa di artistico ne rimanevano inorriditi. Quanti vi cercavano pornografia ne erano annoiati. Nabokov su un punto aveva ragione: l´effetto finale, leggendo Lolita, era proprio quello di andare a letto con un pervertito e di risvegliarsi con un professore. Ma Nabokov aveva avuto ragione anche nel chiudere a chiave il cassetto. Il libro conteneva righe che danno i brividi, ogni qualvolta le si legge. «Quella era un´orfana» ci ricorda Humbert, mentre Lo è travolta dal dolore. «Era una bambina sola, una trovatella assoluta, con la quale quella mattina stessa un adulto nauseabondo e dalle membra pesanti aveva avuto vigorosi rapporti sessuali per tre volte «. Fu Walter Minton della Putnam a riuscire nel 1958 a soddisfare tutte le parti interessate e a pubblicare un´edizione americana di Lolita in un modo strategicamente brillante, facendo tesoro del suo squallido passato, pur inghirlandandola con il prestigio dell´establishment. Fece abile utilizzo del suo autore. Nabokov in effetti aveva svolto delle ricerche per Lolita, ma non come avrebbe potuto supporre la maggior parte delle persone. Aveva studiato le normative riguardanti gli orfani, aveva consultato le tabelle sulla maturazione sessuale, aveva letto The subnormal adolescent girl, aveva preso appunti sull´acne e sui Tampax, attingendo fedelmente ai tabloid. Ammise di aver a lungo avuto in mente Lewis Carroll. Poi, in modo alquanto rassicurante, apparve in pubblico con un accessorio essenziale: sua moglie, una donna di 56 anni. Non ci fu alcuna accusa, se si escludono quelle dei critici. Lolita fece venire un colpo al critico del New York Times. L´unica cosa gentile che Orville Prescott riuscì a dire del romanzo fu che non si trattava di pornografia da quattro soldi ma di «pornografia intellettuale». Di solito i recensori invece simpatizzavano con Humbert, stigmatizzando Lolita. Forse è per questa stessa ragione che il romanzo se la cavò bene: dopo tutto ad essere andate sotto processo erano state Lady Chatterly ed Emma Bovary. Humbert poteva anche essere un pervertito, ma non era dissoluto. Alla Cornell non vi fu quasi reazione alcuna. Uno degli studenti di Nabokov confessò di essere rimasto scioccato. Non da Lolita, bensì dall´idea che a scriverlo fosse stato il professore che a disagio leggeva a voce alta l´Ulisse. Il «Chicago Tribune», Il Christian Science Monitor e il Baltimore Sun si rifiutarono di recensire il romanzo. A Boston era «semplice pornografia». Fu un travolgente bestseller. Stacy Schiff