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 2005  settembre 19 Lunedì calendario

Muscolino Pancrazio, di anni 44, e Nikolic Bojan, di anni 19, bosniaco, uccisi tutti e due la notte di domenica 11 settembre nella villa del Pancrazio medesimo, dove il Nikolic, insieme a un’altra decina di complici, era penetrato di notte

Muscolino Pancrazio, di anni 44, e Nikolic Bojan, di anni 19, bosniaco, uccisi tutti e due la notte di domenica 11 settembre nella villa del Pancrazio medesimo, dove il Nikolic, insieme a un’altra decina di complici, era penetrato di notte. La moglie del Pancrazio, Maria Stella, essendosi svegliata per un breve suono che le parve quello dell’allarme e avendo subito dopo il vetro della finestra di sotto che si rompeva, scosse il marito che le dormiva a fianco e subito scesero tutti e due nel salone al piano di sotto. Qui stavano almeno otto sconosciuti, con pistole e fucili a pompa, il cappuccio in testa. Uno di loro gridava che si aprisse la cassaforte. Erano le tre del mattino. Altri banditi tenevano a bada in camera loro le due figlie piccole Francesca ed Elisa, di 17 e 9 anni. Il figlio più grande, Gaetano di anni 19, apparve in cima alle scale. Proprio in quel momento il padre, seguito da due banditi, stava salendo per tornare in camera da letto e aprire la cassaforte che stava nello sgabuzzino. Il figlio gli andò dietro. Nella cassaforte c’erano effettivamente soldi e gioielli. Muscolino aveva un bel supermercato del circuito Sigma in Chian-chitta, ai Giardini di Naxos. Anche la villa era lussuosa, col parco e la piscina. Il padre da giovane era stato carabiniere. Poi, lavorando sodo, s’era costruita la sua fortuna. Ne parlava bene anche il sindaco diessino. Tirò fuori i gioielli da un cassetto della cassaforte. Poi aprì un altro cassetto, di forma verticale, dove stavano poggiati cinque fucili da caccia e, sul pavimento, due pistole. Prese la 7,65, si girò, scaricò tutto il caricatore contro i due banditi che fuori dello sgabuzzino aspettavano. Prese Bojan, che piegato in due si mise a strillare. L’altro bandito sparò due colpi: uno di questi s’infilò nell’ascella di Muscolino e lo ammazzò. L’altro prese di striscio il figlio Gaetano. I banditi scapparono di gran corsa, non pigliando per la gran fretta che poco denaro e pochi gioielli e lasciandone poi molti lungo la via della fuga. Si vide così, ripercorrendola all’indietro, la strada che avevano fatto: il pollaio, il recinto, il piazzale di rifornimento della Tamoil sulla Catania-Messina, il casello dei Giardini di Naxos. Qui erano pronti un furgone e un’automobile. Bojan morì sul sedile dell’auto. Lo mollarono a Villafranca Tirrena, nascondendo il corpo sotto una barca. Era ridotto in condizioni tali che i carabinieri, quando lo trovarono la mattina dopo, lo presero sulle prime per uno del Nordafrica. Proprio Bojan il bosniaco, una volta identificato, servì a capire chi erano i banditi. La madre di Bojan stava al campo nomadi di contrada Gasena alle porte di Agrigento. Le donne del campo, che erano furibonde, raccontarono tutto. La morte di Bojan aveva provocato una rivolta contro i banditi. Il bandito Fetovski, che adesso era scappato, era stato picchiato a sangue per aver messo nei guai tutti. Due rapinatori furono presi a mezzanotte di lunedì all’imbarcadero della Caronte. Stavano tentando di salire con un’Audi 100 sul traghetto per la Calabria. Altri cinque li ha intercettati la Stradale alle sette di mattina tra Barberino del Mugello e Pian del Voglio, sull’autostrada del Sole. Stavano a bordo di una Golf e di un’Audi A4, si portavano dietro donne e bambini. Qui fu recuperato qualche gioiello e uno dei cinque, Milan Dimitijevic di anni 42, raccontò che al colpo aveva partecipato anche un figlio suo sedicenne. Gli ultimi due banditi forzarono due posti di blocco sulla Salerno-Reggio Calabria, spararono, poi si nascosero tra i massi della barriera frangiflutti del porto di Salerno. Per prenderli bisognò adoperare i sommozzatori e bloccare per sette ore il porto. Anche loro s’erano portati appresso una donna con i suoi bambini. Il sedicenne figlio di Milan non è stato ancora preso. Subito dopo la rapina i banditi lo misero su un aereo per Milano, di qui il ragazzo è poi volato a Belgrado. La questione di una banda di slavi che tenti una rapina in terra di mafia resta irrisolta. Forse la mafia stessa ha un pochino aiutato, in questo caso, i carabinieri.