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 2005  settembre 17 Sabato calendario

Borghese Franz

• Roma 21 gennaio 1941, Roma 16 dicembre 2005. Pittore. Attraverso il disegno e l’incisione ha approfondito temi di analisi sociale e storica, dai primi disegni giovanili (1956) eseguiti al tavolino del bar di fronte al Liceo Artistico di via di Ripetta, in cui ritraeva compagni di scuola e tazzine di caffè, alle raffinatissime acqueforti della maturità. Degni di nota gli studi su Napoleone Bonaparte, una delle figure da lui più amate, sulla quale aveva anche scritto un romanzo, Waterloo, battaglia immaginaria, in cui capovolgeva le sorti dell’evento. «Nella vita reale l’uomo non ama riconoscere i propri difetti, ma adora vedersi messo alla berlina su un palcoscenico o su un quadro: la finzione dell’arte, in tal senso, è catartica. Questo spiega il millenario successo della commedia e della satira ed è una delle ragioni della popolarità di Franz Borghese, pittore e scultore che in tal modo può tranquillamente fare a meno di quel curriculum di Biennali e mostre in gallerie esclusive necessario a molti suoi colleghi all’avanguardia. L’artista romano, in effetti, lavora su temi antichi, sviluppando il consolidato canovaccio della comédie humaine i cui personaggi sono feroci giocatori di scacchi, grotteschi ufficiali napoleonici, uomini d’affari in tuba e marsina o musicisti pazzi (Il fascino discreto). I suoi modelli più recenti appartengono al periodo fra le due guerre, quando i primi guasti causati da un malinteso senso del progresso e il primo conflitto mondiale misero a nudo il lato meno nobile dell’uomo: la critica concorda nell’attribuirgli padri ispiratori come Otto Dix o Georges Grosz, ma si potrebbe ugualmente citare l’acre realismo americano degli anni Trenta, quello praticato, fra gli altri, da John Sloane o da Reginald Marsh. [...] ulteriori affinità: con William Hogart, ad esempio, fustigatore dei costumi dell’Inghilterra settecentesca; con Francisco Goya o anche, più semplicemente, con Mino Maccari, sebbene nei dipinti di Borghese il microcosmo da Strapaese sia sempre sul punto di dilatarsi in una dimensione più universale. Lo comprovano i quadri di soggetto antimilitarista che rileggono la storia passata o recente, ma anche le citazioni dirette di iconografie celebri e capaci di attraversare i secoli, come La nave dei folli di Hieronymus Bosch: del resto, non è forse un altro bateau ivre, il Titanic, l’allegoria del naufragio di quella società moderna, tanto tronfia quanto ridicola, che popola i dipinti di Borghese?» (Franco Fanelli, ”Corriere della Sera” 17/9/2005). «[...] era timido, così timido che talora appariva scortese o scontroso, era forse sfiorato da crisi di carattere esistenziale, ma niente di più. [...] Era uno dei pittori più venduti d’Italia, e quindi straricco. Perché allora era triste, se non depresso? Perché era snobbato dalla critica, che forse non gli perdonava lo straordinario successo di vendita e di pubblico. Un paradosso assoluto, in un mondo come quello odierno in cui anche gli artisti inseguono nevroticamente il traguardo del successo. Non siamo più all’epoca in cui Ennio Flaiano diceva che avere successo era volgare. Oggi la volgarità, salvo rare eccezioni, è il dato dominante della mentalità collettiva. I critici forse ignoravano che Franz Borghese vantava un curriculum invidiabile sul piano artistico e culturale. Aveva superato l’esame di ammissione al liceo artistico con un maestro rigoroso e geniale come l’architetto Maurizio Sacripanti. Aveva ottenuto gli elogi di uno scrittore d’arte severo e fascinoso come Dino Buzzati. Oltre che pittore e scultore, era anche scrittore, cresciuto alla scuola di Voltaire. Eppure il suo nome non appariva in quasi nessuno dei libri sulla Scuola Romana, della Scuola di Piazza del Popolo, della Nuova Scuola Romana. Era qui il suo rovello. Certo, veniva dagli espressionisti tedeschi, specialmente da Grosz e Otto Dix. Ma chi è che non ha subito, negli ultimi cinquanta o sessant’anni, la lezione dei maestri dell’espressionismo? Mino Maccari, Bruno Caruso, lo stesso Guttuso, che poneva Beckmann fra i maggiori dieci pittori del Novecento? I transavanguardisti da dove vengono, se non da quei maestri, oltre che da Giorgio de Chirico? Molti degli stessi pittori della pop art non avevano subito il magistero di Grosz, quale docente, negli anni della guerra, della Students League di New York? Franz Borghese era un pittore-scultore di talento, colto, raffinato, ironico, caustico, sarcastico, che non considerava la parodia della borghesia alla stregua di un gioco social-mondano ma identificava il lavoro con la vita, al punto che tutta la sua opera può essere letta, secondo quanto è stato detto, come una sorta di ”autobiografia artistica”. Poiché il mondo dell’arte non è meno mutevole di tutte le altre cose, non è da escludere che prima o poi la critica faccia ammenda del pregiudizio in cui è incorsa nel caso del pittore prematuramente scomparso» (Costanzo Costantini, ”Il Messaggero” 18/12/2005).