MACCHINA DEL TEMPO DICEMBRE 2004, 16 settembre 2005
Sembra incredibile, ma da un piccolo pesce di acqua dolce potrebbe arrivare presto una nuova cura contro le emorragie e i sanguinamenti gravi
Sembra incredibile, ma da un piccolo pesce di acqua dolce potrebbe arrivare presto una nuova cura contro le emorragie e i sanguinamenti gravi. Un gruppo di ricerca dell’Università di Southampton, in Gran Bretagna, ha preso infatti una tilapia, conosciuta anche come pesce San Pietro (nella foto a destra), e l’ha geneticamente modificata aggiungendovi il gene umano che produce un agente proteico ad azione coagulante, il fattore VII. Questo agente è uno della cascata di reagenti che entrano in gioco ogni volta che c’è una ferita per bloccarne il sanguinamento. Non solo. è usato anche per curare una rara forma di emofilia detta Malattia di Alexander e per i pazienti con emofilia A e B. Può infine essere utilizzato per bloccare tutte le emorragie interne causate da traumi, incidenti o ferite d’arma da fuoco. Se il progetto inglese dovesse andare a buon fine, si tratterebbe di un notevole passo avanti: fino a oggi il fattore VII è stato sempre estratto dai criceti, ma il processo ha costi talmente proibitivi che solo pochi pazienti, in numero irrisorio rispetto a quelli che ne avrebbero realmente bisogno, possono usufruire alla fine dell’estratto. Grazie al gruppo di ricerca britannico coordinato da Norman Maclean e al pesce San Pietro geneticamente modificato, invece, il fattore VII potrà forse essere prodotto a un decimo del prezzo attuale.