Questo sito utilizza cookies tecnici (propri e di terze parti) come anche cookie di profilazione (di terze parti) sia per proprie necessità funzionali, sia per inviarti messaggi pubblicitari in linea con tue preferenze. Per saperne di più o per negare il consenso all'uso dei cookie di profilazione clicca qui. Scorrendo questa pagina, cliccando su un link o proseguendo la navigazione in altra maniera, acconsenti all'uso dei cookie Ok, accetto

 2005  settembre 16 Venerdì calendario

Sembra incredibile, ma da un piccolo pesce di acqua dolce potrebbe arrivare presto una nuova cura contro le emorragie e i sanguinamenti gravi

Sembra incredibile, ma da un piccolo pesce di acqua dolce potrebbe arrivare presto una nuova cura contro le emorragie e i sanguinamenti gravi. Un gruppo di ricerca dell’Università di Southampton, in Gran Bretagna, ha preso infatti una tilapia, conosciuta anche come pesce San Pietro (nella foto a destra), e l’ha geneticamente modificata aggiungendovi il gene umano che produce un agente proteico ad azione coagulante, il fattore VII. Questo agente è uno della cascata di reagenti che entrano in gioco ogni volta che c’è una ferita per bloccarne il sanguinamento. Non solo. è usato anche per curare una rara forma di emofilia detta Malattia di Alexander e per i pazienti con emofilia A e B. Può infine essere utilizzato per bloccare tutte le emorragie interne causate da traumi, incidenti o ferite d’arma da fuoco. Se il progetto inglese dovesse andare a buon fine, si tratterebbe di un notevole passo avanti: fino a oggi il fattore VII è stato sempre estratto dai criceti, ma il processo ha costi talmente proibitivi che solo pochi pazienti, in numero irrisorio rispetto a quelli che ne avrebbero realmente bisogno, possono usufruire alla fine dell’estratto. Grazie al gruppo di ricerca britannico coordinato da Norman Maclean e al pesce San Pietro geneticamente modificato, invece, il fattore VII potrà forse essere prodotto a un decimo del prezzo attuale.