Varie, 15 settembre 2005
BORRELLI
BORRELLI Ilaria Napoli 9 giugno 1968. Attrice. Regista. Sceneggiatrice. Scrittrice. «A Napoli ha vissuto dodici anni. I primi che si è trovata davanti. E dopo, punto e a capo. Come nei suoi libri. Dove la lingua è un intruglio si umori che s’addensa e si sfrangia in cadenze tronche, seguendo un fraseggio musicale scandito da sincopi e ritmi dispari. Che è poi il riverbero della vita grondante e convulsa [...] Il suo secondo romanzo, Luccatmì, pubblicato da Avagliano, è [...] diventato un piccolo caso editoriale: per lei sono scesi in campo Raffaele La Capria e Ruggero Guarini, due che di solito non sprecano lodi e note di fanfara. Eppure la storia comica e dolente d’una ragazzina che prova a farsi largo in ogni maniera nel mondo del cinema (descritto come un grottesco Luna Park dell’orrore), pur di catturare uno sguardo che dia respiro alla sua anima soffocata dalla fragilità, ha affascinato entrambi, conducendoli a spendere parole più che confortanti. [...] la faglia dell’infanzia. ”Me la ricordo ancora quella domenica, 23 novembre 1980 [...] Abitavamo in una stradina dei Tribunali, poco lontano da Spaccanapoli; i miei genitori, sessantottini persi, avevano lasciato il Vomero per farci campare lì, in mezzo al popolo. Rivedo la scena: ho 12 anni, la casa che comincia a tremare, il terrore che s’azzecca addosso come una piattola... chi se lo scorda più. Mia madre, per esempio, non s’è mai ripresa dalla paura. Al punto che, subito dopo il terremoto, ci trasferimmo a Roma. Dovevamo rimanerci un anno, non ci siamo più mossi. Soltanto mio padre tornò a Napoli. [...] Dopo l’accademia d’arte drammatica ho fatto l’attrice in alcune pellicole italiane. Ruoli importanti, ma invisibili. Molti di quei lavori non sono stati distribuiti. Così ho fatto le valigie e me ne sono andata in Francia, dove invece ho recitato da protagonista in un bel po’ di serial televisivi: storie femminili che qui non se ne vedono, al cinema e nei libri. Perché la donna, nelle storie italiane, non ha mai un sogno tutto suo da realizzare, una vita fatta di cose normali come il lavoro, l’amicizia, la necessità di far quadrare i conti... No, la sua sorte narrativa dipende invariabilmente da un uomo e, sotto sotto, incarna sempre una scassaballe che t’ammazza la salute con piagnistei e sensi di colpa. Perfino un giovane come Muccino non è scampato alla trappola... E questo, francamente, lo trovo umiliante. Non che sia femminista, per carità: m’è bastata e avanzata mia madre. Mi chiedo solo perché non si possono raccontare storie di donne vere, reali, che, come la protagonista di Luccatmì, si battono per un piccolo sogno che riguarda loro e nessun altro. In letteratura, l’ha fatto Natalia Ginzburg e basta. per questo amo i suoi romanzi”. [...] lascia Parigi e vola a New York. ”Nel giro di pochi giorni sono passata dalla macchina con autista che m’aspetta in aeroporto a una stanzetta con topi nell’East Village. Ma volevo studiare regia e i soldi che avevo guadagnato in Francia mi sono serviti a pagare i corsi. Ed è comunque a New York che mi sono data il permesso di scrivere. Sì, il permesso. Perché da noi si pensa che buttare giù un romanzo sia roba per intelligentoni, geni da parate, una sacra cerimonia che bestemmi solo ad accostarti. Invece la scrittura è artigianato: devi imparare delle regole, rispettarle, e con quelle poi costruire una solida architettura dentro la quale far muovere liberamente la fantasia. Luccatmì è nato così: avevo una storia da raccontare, l’ho modellata in una struttura dal calco preciso e ho seguito la voce di quella ragazza. [...]” [...]» (Enzo D’Errico, ”Sette” n. 27/2002) • Scrisse Ruggero Guarini: «[...] la scrittrice italiana più attraente del momento. La più scioccante, la più spiritosa, la più divertente. Bravissima a cavare il comico dal tragico, il ridicolo dall’atroce, il buffo dall’orripilante, Attentissima a evitare le smorfiette della solita similpoesia. E abilissima nell’impastare lingua e dialetto in una scrittura veloce e leggera come un furetto in fuga [...]» (Ruggero Guarini, ”Sette” n. 27/2002)