Il Sole 24 Ore 11/09/2005, pag.46 Giuliano Zincone, 11 settembre 2005
La tristezza di quelli che ”amo solo te”. Il Sole 24 Ore 11/09/2005. Le canzoni melanconiche di Sergio Endrigo sembravano fatte apposta per dondolarti abbracciato a una ragazza, sperando che t’accostasse alla guancia il suo profumo "Calèche"
La tristezza di quelli che ”amo solo te”. Il Sole 24 Ore 11/09/2005. Le canzoni melanconiche di Sergio Endrigo sembravano fatte apposta per dondolarti abbracciato a una ragazza, sperando che t’accostasse alla guancia il suo profumo "Calèche". Oppure per recitare il tenebroso davanti a una finestra, aspettando che lei ti raggiungesse pigolandoti domande affettuose. Quest’ultimo atteggiamento era piuttosto rischioso, in primis perché lei non arrivava mai, e in secundis ("but not least!") perché le parole di Endrigo, "se le cose stanno così", potevano facilmente indurti a spalancare le imposte e a buttarti sul duro asfalto. Infilarsi dentro le poesie è pericoloso, diceva Antonin Artaud. A vent’anni, una quota di pessimismo è obbligatoria, per mettere le mani avanti di fronte alle imboscate della vita. Ma il cantautore di Pola esagerava un po’. La sua ispirazione perlacea era (quasi) interamente dedicata alla "consapevolezza della perdita", al bicchiere mezzo vuoto, alle lacrime chiare, alla condizione di abbandonato, alle lontananze, agli addii, agli struggimenti. Perché tutto (secondo lui) era sempre destinato a finire malissimo, e uno doveva coltivare la solitudine come un fiore, mentre nessuno si diverte più, mentre l’estate si spegne negli occhi tuoi, perché tra le nostre mani più niente resterà anche se la Triestina militava in serie A, e a via Broletto un gentiluomo ammazzava la moglie che l’aveva tradito. Insomma, il messaggio di Endrigo era molto chiaro e venerato, nei formidabili anni Sessanta, quando non tutti i ragazzi escogitavano rivolte. Anzi, nelle elezioni del famoso Sessantotto, il voto dei giovani fu quasi identico a quello degli adulti. Il corteggiamento dell’umor nero è un topos di molte produzioni poetiche e perfino di molte canzoni. Ricordiamo, per esempio, Il n’y a pas d’amour heureux ("Non esiste un amore felice"), parole di Louis Aragon, musica e canto di Georges Brassens. I ragazzi degli anni Sessanta, siccome erano ragazzi, pensavano soprattutto a questo, perfino mentre sognavano rivoluzioni. Basta leggere (un po’ più tardi) il romanzo Porci con le ali per capire ogni cosa. Endrigo cantava i suoi versi disperati e bellissimi proprio mentre esplodevano i Beatles geniali e i Rolling Stones cattivi. Il nostro amato cantautore diceva cose strane, perfino nella sua canzone più celebre. Io che amo, forse era sincera, ma di sicuro non era allettante, per la ragazza cui era rivolta. Le donne, in genere, preferiscono quelli che "hanno avuto mille cose", e cioè i migliori fichi del bigoncio, non quelli che "hanno avuto solo te" e che quindi sono scarsi e s’accontentano di te. Ma questa è una teoria (scientifica!) che riguarda i tempi in cui fare l’amore serviva a procreare. Molto seria è la tristezza che colpì Endrigo negli anni in cui i discografici incominciarono a trascurarlo. Peccato. I Beatles sciolsero il gruppo quando erano molto più giovani di lui. E poi, da soli, fecero poco. Non bisogna insistere, non è sano accasciarsi quando l’estro t’abbandona. quasi patetico, il Paul Anka che torna sul palco, lui che fu uno dei più geniali musicisti del secolo scorso. E l’anziano Paul McCartney, oggi, presenta un disco nuovo. Auguri. Lui, con i Beatles, cantò (anche) l’incertezza dell’estrema maturità, con una domanda che adesso sembra rivolta al suo pubblico: "Mi vorrai ancora, quando ne avrò 64?". Lo saprai l’anno prossimo, sir Paul. Giuliano Zincone