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 2005  settembre 10 Sabato calendario

I Raventos. Il Sole 24 Ore 10/09/2005. Dai vigneti del Penedés, nel cuore della costa mediterranea della Catalogna, alla valle di Napa, in California, passando per Mendoza, in Argentina

I Raventos. Il Sole 24 Ore 10/09/2005. Dai vigneti del Penedés, nel cuore della costa mediterranea della Catalogna, alla valle di Napa, in California, passando per Mendoza, in Argentina. Un salto di migliaia di chilometri e centinaia di anni: quasi cinque secoli di vini, con o senza "bollicine". Le origini dell’impresa familiare più antica della Spagna risalgono al XVI secolo. del 1551 il testamento del catalano Jaume Codorníu, in cui vengano elencati macchinari e strumenti dell’epoca per la coltivazione dell’uva. Con particolare cura, il "pioniere" cinquecentesco della famiglia descriveva orgogliosamente la sua celler, la cantina, fra i suoi beni più preziosi. la prima traccia del "contratto" firmato da Codorníu con questa generosa regione fra Tarragona e Barcellona, un’area che, nell’Ottocento, risentirà della fervida attività della regione più industrializzata della Spagna. La saga familiare vera e propria inizia nel 1659, con un matrimonio che sugella due nomi e due grandi vigneti. Anna è la giovane pubilla dei Codorníu, l’erede di proprietari terrieri già importanti a quell’epoca; ma anche lo sposo, Miquel Raventós, vanta vigneti e cantine. Da quel momento in poi, la famiglia assume il nome del marito, ma Codorníu resterà l’azienda, l’etichetta del vino spumante, la fama e la tradizione. Passano due secoli, i vigneti crescono, così come la famiglia. A casa Raventós nasce l’uomo che cambierà la storia di quest’industria, Josep Raventós Fatjó. Un imprenditore, un viticoltore, ma soprattutto un anticipatore, che capì il potenziale del settore. A 33 anni, nel 1857, ereditò Can Codorníu e fin da quel momento iniziò a cullare l’idea di produrre Cava (vino spumante) con il "metodo tradizionale". Ci riuscì - dopo vari esperimenti - nel 1872, e per portare avanti questa produzione (ancora molto limitata: in tre anni vendette 864 bottiglie), fece costruire un’avanguardistica cantina sotterranea di 42 metri di lunghezza. Un’assoluta novità, per quel periodo, nella Penisola iberica. Ma in realtà fu il figlio, Manuel Raventós Domènech, l’erede che trasformò a 360 gradi l’azienda. Un imprenditore catalano pieno di iniziativa, pronto a viaggiare in Francia per imparare l’arte dello champagne, capace di rischiare: convinto del futuro del Cava, si dedicò esclusivamente a questo vino spumante. Ma lo fece in uno dei momenti più difficili della storia di quest’attività: le viti del Penedés vennero attaccate dalla filossera, una malattia prodotta da un insetto che arrivava dall’America del Nord. Fu necessario ripiantare tutti i vigneti con innesti immuni: la cura funzionò dopo due anni. Nel frattempo Raventós aveva iniziato a muoversi anche sul fronte commerciale, aveva ottenuto una medaglia d’oro per il Cava all’Esposizione Universale di Barcellona del 1888, e nel 1897 arrivò il "premio" reale. La regina Maria Cristina nominava Can Codorníu fornitore della Corona. Non fece tutto da solo, Manuel Raventós. La moglie, Montserrat Fatjó, fu la mano destra dell’imprenditore; alla sua morte, sarà lei a mantenere per 26 anni (con una straordinaria visione innovatrice per quei tempi) le redini dell’azienda. Un capitano donna con un carattere molto forte, raccontano. Al termine del XIX secolo Codorníu inizia a guardare oltre l’Atlantico, e avvia le esportazioni in Argentina e a Cuba. La pubblicità diventa uno strumento imprescindibile, Manuel investe sulla commercializzazione e lancia un concorso per disegnatori di cartelloni che ottiene un grande successo. Gli affiches di Codorníu diventano simbolo di un’epoca: donne sinuose ed eleganti, teatri, saloni da ballo e pagliacci, uomini in frac e pierrot. Il modernismo catalano è all’apice, e proprio a uno dei suoi principali esponenti - Josep Puig Cadafalch - i Raventós, all’inizio del XX secolo, chiederanno di costruire le nuove cantine di Sant Sadurni d’Anoia, oggi monumento storico-artististico. il 1914 quando Manuel Raventós si lancia nel suo progetto più difficile: trasformare 3.200 ettari di terreni quasi desertici, a 12 chilometri da Lerida, nei vigneti di Raimat. Non era un salto nel vuoto: l’apertura del nuovo canale d’acqua di Aragón e Catalogna trasforma completamente la zona, e Raventós - osservando la qualità della frutta della regione di Segre - intuisce che anche l’uva avrebbe avuto un carattere particolare. Ancora una volta, il disegno delle grandi cantine Raimat viene assegnato a un architetto modernista, Rubió Bellver, discepolo di Gaudí. Tutt’intorno, progettò un vero e proprio paese per i dipendenti, con oltre cento case, una scuola e una chiesa. Più tardi il piccolo centro di Raimat - data la sua posizione "strategica" - vivrà una storia particolare: durante la Guerra civile venne collettivizzato, e poi, con la vittoria delle truppe del caudillo Franco, vi fu installato per otto mesi il comando dell’offensiva del Segre. Da quel punto, lo stesso generalísimo dirigerà l’occupazione di Barcellona nel gennaio del 1939. Nel frattempo l’azienda cresce: fra gli anni 20 e 40 continua la sua espansione commerciale, che porterà il gruppo a costruire la nuova cantina di Rondel. Negli anni 50 e 60 l’economia spagnola, ancora sotto il franchismo, vive una relativa e debole apertura. Ma da quel momento, fino alla morte del dittatore, il Paese iberico comincia a risentire degli effetti positivi della crescita internazionale, anche a causa del basso costo della manodopera e dell’arrivo dei primi turisti. In quegli anni il timone dell’azienda Codorníu viene assunto da Jesús Raventós Fatjó insieme ad altri membri della famiglia. Nella squadra dirigenziale spicca Manuel Raventós Artès, direttore generale, che dal 1975 segnò una nuova fase espansiva della società, con la costruzione delle nuove cantine di Raimat e soprattutto l’acquisizione della compagnia Bach. Quest’antica bodega era stata fondata nel 1915 nella regione del Penedés dai fratelli Bach, commercianti di cotone. Non a caso, il vino più famoso di questa casa - "ExtrísimoBach" (premiato all’Esposizione Internazionale di Barcellona nel 1929) - doveva il suo nome al cotone di prima qualità importato dall’Egitto e dall’India, l’extrísimo. Ma la Guerra civile colpì drammaticamente questa vecchia famiglia catalana, e a partire dal 1942 la proprietà passò di mano in mano, finché non venne acquisita dai Raventós. Gli obiettivi del gruppo, negli anni successivi, diventano più ambiziosi, la necessità di aumentare i terreni e i vigneti spinge Codorníu ad attraversare l’oceano: nel 1992 la società spagnola acquista una proprietà di oltre 150 ettari in California, nella Napa Valley. All’inizio si dedica al Cava, il vino spumante, ma poi indirizza la produzione anche sui vini da tavola tranquilli, "senza bollicine". Una direzione che il gruppo ha assunto un po’ ovunque, anche in altre cantine. Poco a poco, Codorníu ha acquisito nuove proprietà, dalla Rioja all’Aragón, fino all’Argentina (a Mendoza): nuovi tasselli che si aggiungono dopo l’avvio del piano di espansione nel 1997. In totale oggi Codorníu ha 11 bodegas, oltre 3mila ettari di vigneti propri, più di mille dipendenti. Il 26% del fatturato dipende dall’estero: un mercato in cui, negli ultimi cinque anni, la crescita è stata del 70 per cento. Il business plan del ’97 ha dato i suoi frutti, facendo raddoppiare le cantine e portando l’utile, nell’ultimo esercizio, sopra i 12 milioni di euro. E proprio come accadde con la "mitica" Montserrat Fatjó, anche oggi a capo dell’impresa c’è una donna: Maria del Mar Raventós Chalbaud presiede Codorníu dal ’98. Imprenditrice, manager, ma anche madre: ha sei figli, dai 16 ai 25 anni. Si autodefinisce "austera", ama la disciplina. Ma non le piace attribuirsi il merito dell’espansione dell’ultimo periodo. Il successo - ha detto in un’intervista al quotidiano "El Mundo" - dipende da tutta la squadra. Accanto a lei, nella gestione di una compagnia che fattura oltre 200 milioni di euro, ci sono Magí, Anton, Ricard e Jordi Raventós, Xavier Pagés e Xavier Farré, rappresentanti dei diversi rami della saga. Ma l’unione fra le varie famiglie non è stata sempre indissolubile, e nel 1982 - dopo un periodo di tensioni - gli eredi di Manuel Raventós Fatjó decisero di abbandonare il gruppo, vendendo le proprie azioni e creando una nuova azienda di vini, "RaventósBlanc". Oggi la famiglia mantiene la proprietà del gruppo: Codorníu è in mano a circa 200 azionisti, dei diversi rami della famiglia. Ma lo scorso anno, in linea con lo sforzo di professionalizzazione del management, il consiglio di amministrazione di Unideco (che controlla Codorníu) ha nominato un nuovo direttore generale, Josep Forroll Turró, esterno alla famiglia. Recentemente, una sentenza del Tribunale Supremo ha obbligato Codorníu a ritirare una particolare bottiglia bianca di Cava, considerando il contenitore "parte intrinseca" del marchio Carta Nevada, uno spumante di Freixenet, altra impresa familiare catalana, numero uno nella produzione di vino spumante e leader per il mercato estero. La sentenza ha riacceso i riflettori sulla vecchia "guerra del Cava", una disputa fra i due gruppi catalani - a colpi di denunce e ricorsi giudiziari - iniziata nel 1996 e terminata teoricamente nel 1997. Ma i tempi della giustizia - e alcune denunce mai ritirate - mantengono ancora oggi gli strascichi di quella vecchia "battaglia". Michela Coricelli