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 2005  agosto 04 Giovedì calendario

Vedendo il calcio d’estate viene da chiedersi cosa sarebbe Baggio se avesse vent’anni oggi. Il Chelsea nel suo ruolo ha Gudjonsen, ed è una delle prime quattro squadre d’Europa

Vedendo il calcio d’estate viene da chiedersi cosa sarebbe Baggio se avesse vent’anni oggi. Il Chelsea nel suo ruolo ha Gudjonsen, ed è una delle prime quattro squadre d’Europa. Non è al suo livello Ronaldinho, che è più giocoliere di Baggio ma segna pochissimo su azione. meno fantasioso Kakà, più lineare, più semplice. Gli assomiglia di più Robinho, ma siamo sempre in una zona proibita del calcio. Il Brasile non è un esempio, è un’eccezione normalizzata ma pur sempre una straordinaria eccezione per due ragioni evidenti e molto semplici. La prima è che è grande come un continente ed ha la popolazione di mezza Europa. Nonc’è oggi al mondo un fantasista bianco che ricordi lontanamente Baggio. La rapidità, il palleggio, l’invenzione, il tiro, soprattutto il dribbling, merce rarissima nel calcio fisico di oggi. Per Baggio era mestiere naturale. Purtroppo non c’è nemmeno Baggio a ricordare se stesso. Colpisce l’evento continuo che Maradona fa di sé e il niente che propone Baggio. Ha smesso di giocare 15 mesi fa. Non ha letteralmente più toccato un pallone. Come si fosse liberato di una protesi che da tempo gli pesava. Di lui non si sa più niente. Il più grande giocatore degli ultimi vent’anni è riuscito ad ascendere direttamente nel Wahalla senza dover rilasciare un’intervista, senza avere sciami di fotografi giapponesi a immortalare la sua mano tremula.  quasi incredibile questo silenzio. Quasi indecente. Come se Biancaneve uscisse dalla fiaba e diventasse donna fra le donne. Come se il gatto con gli stivali diventasse un Buricchio qualsiasi. Baggio si è costruito una nuova casa ad Altavilla vicentina, protetta da mura, quasi inespugnabile, dentro cui ha sparso con attenzione e amore i suoi ricordi. Dicono sia un vero museo, con maglie, palloni, trofei, regali, targhe, appunti suoi che chiosano di ”verità” i resti mortali di una storia fantastica. Se li è fatti da sé, ha voluto liberare gli altri dall’incombenza, come non si fidasse, come fosse vero che riesce a fare benissimo a meno di tutti noi. Forse non ha capito che cos’è, che cosa ancora rappresenta. Dopo Maradona è il giocatore più amato al mondo. Più conosciuto. Può passare la vita a viaggiare, a fare l’ambasciatore del pallone, a guadagnare di sponsor e ingaggi quello che vuole. Il suo calcio comincia adesso e stavolta non gli creerebbe i problemi che lo hanno fatto soffrire, nemmeno un menisco a posto, i legamenti strappati a tutti e due i ginocchi, una lieve zoppia che avanza come la medaglia di un reduce. Lo vogliono tutti, lo cercano tutti, Baggio non va da nessuno. Resta nella sua fortezza con i suoi tre figli specializzandosi nell’arte di cucinare. Si diverte così. Dicono si realizzi. Poche settimane fa aveva invitato Maradona a casa sua promettendogli un asado reale, con carne argentina. Baggio adesso naturalmente caccia molto più di prima. già stato quattro volte nella sua riserva nella Pampa. Si alza dalle sue due ore di meditazione giornaliera, impugna un fucile e va a sparare agli animali. Detto così una cosa assurda. Fatta da lui quasi normale, giocata con il privilegio del silenzio, con la lentezza regale delle sue prede fra cui si mimetizza da così tanto tempo da farne ormai in qualche modo parte. Nessun campione ha chiuso senza chiedere niente. Chi vuole un ruolo in società, chi va in televisione, chi cerca da subito di allenare. Baggio ha staccato la spina in modo così netto da far pensare a un suo rapporto faticoso con il calcio, quasi doloroso. Forse sono state davvero molte le delusioni anche per uno che giocava come nessuno. Non essere mai stato un punto fermo, sentire addosso l’amicizia ma soprattutto l’invidia di chi ti sta vicino, di chi ti allena. Dover pagare sempre un po’ la tua diversità, il dono di un talento così grande che da solo quasi non sai gestire. La delusione di non essere andati ai Mondiali in Giappone quando gli spettava. Di aver tante volte dovuto ricominciare da capo. Non credo si sia sentito capito Roberto Baggio. Lo ha capito la gente, molto meno il calcio. Avrebbe dovuto andarsene, non era un giocatore italiano. Aveva muscoli negroidi e baricentro argentino. Non abbiamo mai avuto un giocatore così e non lo abbiamo capito appieno. Gli inglesi si tirano dietro ancora Beckham, ancora ne fanno il loro ambasciatore olimpico, eppure non salta un uomo da anni ed è pieno di debolezze che Baggio non ha mai avuto. Forse è scomparso anche per questo, Baggio. Forse per questo non ha voluto premi né incarichi. Il Losanna lo voleva addirittura presidente, gli dava la società in mano. Ma è strano questo niente totale, questo rifiuto lungo come un muro che separa Baggio dal suo ambiente. l’ora di capire e di chiarirsi.  tornata la voglia di ringraziarlo, di vedere se davvero, come dicono, sia un po’ ingrassato. Se quando gioca nel parco della sua villa con il piccolo Mattia (undici anni) ha ancora, come si dice, il miglior piede destro del mondo. Se siamo ancora amici, lui, noi, tutti. Meno qualcuno, che allena ancora, che gioca ancora. Ma sinceramente, Roberto, questi sono problemi loro.