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 2005  settembre 11 Domenica calendario

Moana, la tomba che non c’è. La Stampa 11/09/2005. «Dov’è sepolta non lo dirò mai. A nessuno

Moana, la tomba che non c’è. La Stampa 11/09/2005. «Dov’è sepolta non lo dirò mai. A nessuno. Rispetto l’ultimo desiderio di mia nipote Moana» (La zia, ieri pomeriggio, al telefono). « ora di finirla: Moana è a Lerma in una tomba anonima, senza un nome e senza una foto. Io stesso ho preso parte alla cerimonia di tumulazione undici anni fa, ma ancora nessun giudice mi ha chiamato» (Mauro Biuzzi, esecutore testamentario, ieri). «Escludo che la signora Pozzi sia sepolta qui» (Massimo Aratra, sindaco di Lerma, ieri). «Non parlate più di lei» (la madre, Rosanna Alloisio, qualche anno fa). «In paese non c’è stato nessun funerale, solo una messa di suffragio. Ho cercato in parrocchia l’atto di morte, ma non c’è. So che la mamma non vuol dire dove sia sepolta Moana perciò io, se anche lo sapessi, non lo direi. Ma qui a Lerma no, non credo» (il parroco, don Piero Martini, ieri). «La sua morte prematura creerà la stessa impressione e gli stessi effetti di quella di Marilyn Monroe, forse anche di più» (il sociologo Sabino Acquaviva, all’indomani della scomparsa). «La barca sta affondando» (Moana il 14 settembre ’94, giorno prima di morire, al telefono con l’amico e impresario Riccardo Schicchi»). «Sa cosa mi ha detto la signora che è andata ad abitare nel suo attico di Roma? Che ogni tanto, di notte, sente rumori e strani scricchiolii...» (Ilona Staller, ieri al telefono). «Non credo ci sia ancora qualcosa da dire su Moana. Io sto partendo, vado a trascorrere due settimane in un convento, sento il bisogno d’una pausa spirituale» (Simone Pozzi, il fratello, tre giorni fa). «Diteci dov’è Moana e, se è morta, dateci una tomba sulla quale portare un fiore» (Brunetto Fantauzzi, autore del libro «Moana: giallo politico», il cui contenuto è alla base di un esposto denuncia che ha convinto la procura di Roma a disporre nuove indagini e riaprire il caso (ieri). Sì, ma quale caso? E’ un feuilleton, la storia di Moana Pozzi, e la scoperta che alla Camera di commercio di Roma la sua posizione di «imprenditrice ed editrice» non sarebbe mai stata chiusa, poco aggiunge alla sostanza romanzesca delle cose. L’infanzia in giro per il mondo con la famiglia cattolicissima, al seguito del padre ingegnere nucleare, gli studi dalle Orsoline, il primo film porno girato «per amore» («forse il suo unico grande amore», ricordava ieri Schicchi, «un attore italo-americano bellissimo, fu lui a convincerla...»); e poi: la carriera folgorante da pornostar sfrontata ed assertiva e da diva della tv, i molti incontri fugaci con uomini potenti che mandavano i loro autisti a prenderla (il presunto «giallo politico» di Fantauzzi, appunto...); la famiglia squassata, come s’immagina possa essere una famiglia cattolica nella quale due figlie su due si votano alle luci rosse; il matrimonio a Las Vegas con l’autista-uomo di fiducia, che rimasto vedovo si sarebbe poi messo con la cognata Tamiko detta Mima, in arte Baby, ragazza buonissima con un debole per i gangster (già, ma che fine ha fatto Baby Pozzi?); e ancora, la ricchezza accumulata in tanti anni di duro lavoro, il superattico da favola con qualche bel pezzo d’antiquariato, le auto, il testamento scomparso; forse un figlio segreto; sicuramente una morte tragica e prematura, ammantata di mistero o solo di legittimo riserbo, chissà. Era l’estate del 1994, quando si venne a sapere che Moana stava morendo in un ospedale di Lione. E per come eravamo messi quell’estate, la notizia dell’agonia improvvisa ed imprevista della pornostar intelligente parve a molti il paradigma perfetto. Quello era l’anno della vittoriosa discesa in campo del re delle televisioni e dei primi interrogativi allarmati sul potere delle immagini; della scoperta della chirurgia estetica (tette al silicone, soprattutto: anche Moana s’era rifatta) e di una diffusa voglia di santità al femminile; della Giovanna D’Arco cantata quasi simultaneamente da Angelo Branduardi e Francesco de Gregori, della Irene Pivetti prima maniera («Credo che ogni cattolico abbia il dovere di diventare santo»). Anche la Pozzi stava per scendere in campo, si era da poco parlato di una sua candidatura a sindaco di Roma e la cosa, in quello strampalato 1994 - «quante ne abbiamo fatte, anche con Cicciolina», ricorda Schicchi, oggi non ci si crederebbe» - pareva del tutto verosimile. Così fu naturale, nello sgomento e nella tristezza, pensare che Moana, la Moana che stava morendo alla fatidica età di 33 anni (Aids? cancro? nessuno mai vide un certificato di morte, nessuno vide il suo corpo, una tomba o un’urna) si fosse pentita e convertita, e che sul suo comodino tenesse «Le confessioni» di Sant’Agostino. E ci stavano anche le dietrologie di quanti misero in dubbio la morte, adombrando la possibilità, suggestiva, che la malattia terminale fosse una messinscena per permettere alla pornostar di cambiare vita e fuggire in India, ultima tappa magari d’un esemplare percorso spirituale. In India Moana c’era andata sul serio, ma prima, a tentare le ultime cure, quelle della disperazione. Cicciolina ricorda bene quando tornò a Roma: «Era uno scheletro, si vedeva che soffriva molto. Ripartì quasi subito. Andò a Lione, per morire». Di cosa? Carcinoma epatico fulminante, è la versione accreditata. Ma la Staller ricorda che «qualche anno prima, un giorno, venne a trovarmi e scoppiò a piangere. ”Ilona”, mi disse, ”devo annullare gli spettacoli, sto andando a farmi ripulire il sangue”». E Schicchi rivela: «Da bambina aveva avuto la leucemia». Forse per questo faceva la dura: «Non c’è nulla di poetico nella vecchiaia, morire a vent’anni o cinquanta è la stessa cosa». Dura e tormentata. «Il mio sogno», confidava Moana quando era all’apice della carriera, «è una vita con pochi traumi, che mi esoneri dal dolore». Un sogno tragico e comune, che ha segnato le vite di molti ex ragazzi della sua generazione. Quella di Marilyn è un’altra storia. Stefania Miretti