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 2005  settembre 13 Martedì calendario

Cavallo Luigi

• Torino 17 maggio 1920, Beziers (Francia) 8 settembre 2005. Partigiano. Giornalista. Sindacalista. «[...] Giornalista all’“Unità”, partigiano, espulso dal Pci alla fine degli anni ’40, dopo un breve soggiorno negli Stati Uniti e in Germania Cavallo fece nascere nel 1953 il movimento “Pace e libertà” insieme a Edgardo Sogno. In quello stesso periodo fondò alla Fiat il Sida, il cosiddetto sindacato giallo nato per contrastare l’influenza delle organizzazioni di sinistra in fabbrica. Indagato dal pretore torinese Raffaele Guariniello che aveva promosso l’indagine sulle schedature dei dipendenti da parte dei vertici Fiat, Cavallo venne anche accusato di aver organizzato con Sogno e Randolfo Pacciardi un “golpe bianco” per fermare l”avanzata elettorale delle sinistre. Il progetto di Cavallo era quello di realizzare “un golpe di destra con un programma avanzato di sinistra che divida lo schieramento antifascista e metta l’estrema destra fuori gioco”. Per questo tentativo nel 1974 venne indagato dall’allora giudice istruttore Luciano Violante che lo fece arrestare. Scarcerato riparò in Francia dove continuò l’attività pubblicistica con una serie di articoli contro il Banco Ambrosiano di Roberto Calvi, colpevole di non voler salvare dal fallimento Michele Sindona. Nell’86 il tribunale di Milano lo condannò, insieme allo stesso Sindona, per un tentativo di estorsione ai danni di Calvi. Estradato dalla Francia per scontare la pena, Cavallo tornerà successivamente a Beziers dove ha trascorso gli ultimi anni della sua vita. [...]» (p. g., “la Repubblica” 13/9/2005). «Doppiogiochista o comunista tradito? Provocatore o intellettuale di destra? Oppure golpista? O agente al servizio prima di un Edgardo Sogno, poi di un Michele Sindona? La storia e la figura di Luigi Cavallo [...] sono all’insegna dell’ambiguità e del mistero. L’unica cosa certa che si può dire è che era un tipico prodotto della guerra fredda, un personaggio esperto nell’alimentare, contro la sinistra e i sindacati, il “patrimonio della paura”. In questa veste è stato protagonista di un decisivo segmento di storia torinese e di intrecci con la politica. La sua biografia si apre con la partecipazione alla lotta partigiana: era gappista, in “Stella Rossa”, formazione che aveva militanti nelle fabbriche ma sulla cui identità fiorirono le polemiche: provocatori o trockisti, per i dirigenti comunisti. I compagni di allora lo ricordavano come freddissimo e coraggioso, ma circolavano dubbi sulle sue azioni e anche su suoi rapporti coi tedeschi. Dopo la guerra, lavora nella redazione dell’“Unità” di Torino, scrive editoriali, Giorgio Amendola lo mette agli esteri, diventa corrispondente da Parigi, segue conferenze internazionali: è un personaggio del Pci. Ma si scopre che alcuni suoi articoli sono copiati da riviste straniere. Il partito conduce un’inchiesta segreta, al termine della quale - il 1° dicembre 1949 - sulla prima paginadell’“Unità” appare un avviso che invita i “compagni” a diffidare di Cavallo. Dopo l’allontanamento forzato dai comunisti - che lui trasforma in scelta ideologica -, passa alcuni anni da giornalista negli Stati Uniti, scrivendo corrispondenze per la catena di quotidiani che faceva capo alla “Gazzetta del Popolo”. Ricompare in Italia solo nel 1954, con il movimento anticomunista “Pace e Libertà”, importato dalla Francia dall’ex comandante partigiano Edgardo Sogno. I due hanno visioni alternative: Sogno tendeva a un’organizzazione monarchica, Cavallo puntava a una centrale antisindacale. La vince lui: “Pace e Libertà” è un cuneo inserito nelle relazioni aziendali, per diffondere nelle fabbriche, e in particolare alla Fiat, l’idea che stare con la Cgil significava il licenziamento e che i dirigenti comunisti tradivano la classe operaia (una provocazione famosa è il fotomontaggio che mostra un leader del partito sulle ginocchia di una soubrette). A mettere a nudo questa attività è il pretore torinese Raffaele Guariniello, con una sentenza del 1975 che condanna Cavallo per violazione delle norme della legge sulla stampa e di quelle sulle investigazioni. Un processo su questioni di sapore burocratico, che però permette al pretore di scoperchiare le provocazioni di Cavallo, acquisendo molti materiali sulla sua propaganda anticomunista, condotta attraverso le due testate “L’Ordine Nuovo” e “Tribuna Operaia”: “I danni causati dalle denunce scandalistiche vanno ben al di là - dice per esempio un appunto di Cavallo - della disgregazione organizzativa e del decadimento dell’attivismo. Esse provocano infatti una paralisi parziale dell’apparato comunista. Il sospetto si insinua all’interno del comitato federale (chi fa la spia?)...”. La sentenza ha l’effetto di bruciare il ruolo di Luigi Cavallo. Ma un anno dopo, nel maggio 1976, gli va peggio: il giudice istruttore Luciano Violante arresta Cavallo e Sogno. L’accusa è di concorso in un piano golpista: sciogliendo il Parlamento, modificando la Costituzione, anche istituendo campi di concentramento.In seguito l’accusa cadrà, fra polemiche giudiziarie e politiche. Tuttavia Sogno dirà, in un libro di Aldo Cazzullo, che il tentativo di golpe era reale. Intanto Cavallo aveva scelto di stabilirsi in Francia. Per un po’ scompare di scena, ma dieci anni più tardi, nel dicembre 1985, il governo italiano chiede e ottiene la sua estradizione con l’accusa di aver collaborato alla fuga del banchiere Michele Sindona (il quale sarà poi ucciso nel 1986 nel carcere di Voghera da uncaffè avvelenato). Fisicamente massiccio, abitualmente elegante, sicuramente colto, è riuscito a non lasciare sue fotografie: la sua forza era di restare sempre nell’ombra. Quando i magistrati cominciarono a far luce, Luigi Cavallo divenne un sopravvissuto. Della guerra fredda» (Alberto Papuzzi, “La Stampa” 13/9/2005). «[...] un uomo che è stato talmente comunista da firmare editoriali sull’“Unità” con Palmiro Togliatti, poi allontanato dal Pci, accusato di aver organizzato un “golpe bianco” antisovietico con Edgardo Sogno e assolto, accusato di aver collaborato a creare un sindacato padronale in Fiat, condannato per estorsione ai danni di Roberto Calvi per conto di Michele Sindona. Il provocatore si chiamava il libro che gli dedicò nel ’76 Alberto Papuzzi, e c’è un’aria oscura e polverosa anni ’50 e ’60 nella sua vita, che di sicuro porta via con sé molti misteri. La guerra fredda, il giornalismo inteso come dossier riservati branditi contro personaggi specifici, strumenti nelle battaglie durissime della politica e dell’economia. Cavallo ha chiuso i suoi giorni a Beziers, capitale vinicola della Linguadoca, Francia del Sud, ma proprietario di un appartamento a Parigi, alla Madeleine. La vita sul filo del rischio, azione e scrittura, non aveva reso male: negli ultimi anni Cavallo, la figura alta e corpulenta, moglie e due cani, si presentava elegante, di buoni gusti, evidentemente agiato. Dunque, Cavallo, che prenderà due lauree, Filosofia a Torino e Scienze politiche a Berlino, nel 1943 è partigiano, anzi fonda, con altri militanti comunisti, la rete “Stella rossa”, uno dei primi gruppi di resistenza antinazista in Piemonte. Dall’aprile ’45 al maggio ’46 è caporedattore di politica interna all’“Unità”, dal ’46 al ’49 è accreditato a Parigi e a Berlino come inviato del giornale, poi la rottura. Cavallo dice di aver dato l’addio al partito in polemica antistalinista a favore di Tito, sull’Unità compare un avviso che lo definisce “mai iscritto regolarmente al Pci” e “diffida i compagni ad avere rapporti con lui”. Si apre il periodo americano: accreditato presso l’Onu come giornalista e traduttore dalla Lega Jugoslava, ma nel 1952 viene arrestato ed espulso, c’è il maccartismo e lui rifiuta di testimoniare contro i comunisti americani. Ritorno in Europa, Cavallo partecipa alla rivolta operaia di Berlino, organizza la diffusione di stampa clandestina nella Germania Est. Ma è attivo anche in Italia, compare Edgardo Sogno, con il quale Cavallo fonda la rivista “Pace e libertà”. Fra i collaboratori anche Giorgio Pisanò, che arriva dalla Repubblica di Salò. “Pace e libertà” ha un ruolo nelle durissime lotte operaie in Fiat, nella creazione del sindacato autonomo Sida. Luciano Violante, giudice a Torino, lo fa arrestare, 1974, assieme a Sogno per il “golpe bianco”. Prosciolti, “il fatto non sussiste”. Ma Sogno dirà ad Aldo Cazzullo nel Testamento di un anticomunista: “Il colpo di Stato non sussiste perché non è mai avvenuto, il codice punisce anche la preparazione di iniziative eversive, ma il magistrato che la vuole reprimere, deve provarla...”. Non è finita. Cavallo è alla testa dell’agenzia “A”, attacca Roberto Calvi, presidente del Banco Ambrosiano, o meglio — secondo i giudici che lo condannarono a quattro anni — ricatta Calvi per conto di Sindona. Corre di nuovo in Francia e da qui difende il bulgaro Antonov accusato come mente dell’attentato al Papa, lo chiama vittima di un complotto dei servizi italiani e del “Reader’s Digest”. Cavallo sarà estradato in Italia per scontare la condanna, poi di nuovo in Francia. Ultima fatica, un libro contro la Banca d’Italia» (Andrea Garibaldi, “Corriere della Sera” 13/9/2005).