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 2005  settembre 11 Domenica calendario

CREMONESI

CREMONESI Lorenzo Milano 16 novembre 1957. Giornalista. Del ”Corriere della Sera”. Il 10 settembre 2005 fu rapito a Gaza dalle Brigate Al Aqsa (liberato dopo poche ore senza senza conseguenze). Scrive per il ”Corriere della Sera” dal 1984. Per vent’anni ha seguito le vicende mediorientali, come corrispondente da Gerusalemme e inviato in Iraq e Afghanistan. Si reca per la prima volta in Iraq nel 1991, durante la Guerra del Golfo. Vi fa ritorno nell’autunno del 2002, e si stabilisce nel Paese fino al maggio 2003. Dall’Iraq scrive anche del sequestro delle «due Simone». autore di due libri: il primo, del 1985, ha come argomento Israele: Le origini del sionismo e la nascita del kibbutz (1881-1920). Il secondo, Bagdad Cafè, raccoglie i suoi scritti per il ”Corriere” durante la guerra che ha portato alla caduta di Saddam. Appassionato di corsa e montagna, nel 2004 è in Himalaya, per seguire la spedizione commemorativa per i 50 anni della conquista italiana del K2. «[...] l’inviato di guerra più esperto a disposizione del ”Corriere della Sera”. Sempre sui fronti più caldi, intrepido, e ciò nonostante, molto prudente. Profondo conoscitore delle questioni mediorientali e in particolare del conflitto tra palestinesi e israeliani che iniziò a seguire, con un semplice contratto di collaborazione come corrispondente da Israele, fin dal 1987, sotto la direzione di Ugo Stille. Poi vennero le guerre: l’Afghanistan e l’Iraq dove, scoprì lui stesso, era stato inserito in una lista di personaggi da sequestrare [...]» (Paolo Colonnello, ”La Stampa” 11/9/2005). «Lorenzo Cremonesi appartiene a quella razza di giornalisti che ama calarsi nelle situazioni, viverle dal di dentro e spesso con una partecipazione che fa loro abbandonare ogni timore di esporsi, anche il più ragionevole. un salutista, una persona che ama le sfide, uno che trascorre le vacanze facendo ”trekking” sull’Himalaya o maratone una più estenuante dell’altra, a Baghdad aveva preso l’abitudine di uscire dai recinti sorvegliati del ”Palestine” all’imbrunire, quando la morsa del caldo si allentava un poco, per una mezz’oretta di ”footing” mentre marines americani e guardie armate irachene lo guardavano schizzare via straniti. Poi d’un tratto come sovente accade in questo mestiere un fatto esterno l’aveva reso più riflessivo, la disavventura capitata ad altri l’aveva spinto a riesaminare il proprio modo di porsi rispetto al lavoro e al mondo [...] Una sera tornando in albergo dall’esercizio quotidiano Cremonesi scoprì che poco prima a non grande distanza un ”commando” armato aveva portato via dalla sede di ”Un Ponte per Baghdad” due ragazze italiane, Simona Torretta e Simona Pari, poche ore dopo uno strano gruppo che si firmava ”Ansaar al Zawahiri” avrebbe chiesto in cambio delle prigioniere la liberazione di tutte le detenute musulmane in Italia, poi il ritiro delle truppe e chissà cos’altro ancora. Tutti i giornalisti italiani in Iraq conoscevano le due ragazze, alcuni avevano anche condiviso con Simona Torretta brutti momenti e avanzi di formaggio durante la campagna di guerra americana però Cremonesi cominciò a partecipare alla vicende di quel sequestro come nessun altro. Sembrava che la sorte delle Simone lo coinvolgesse direttamente e qualche sera, lui così poco colloquiale, confidò un cruccio: dopo mesi di lavoro a Baghdad aveva l’impressione di avere spinto un po’ troppo in alto la visibilità degli italiani e dunque indirettamente quella delle due volontarie. Le Simone qualche volta erano venute in albergo per fare un bagno in piscina, insomma era come se nei momenti di pausa fra la piccola comunità italiana di Mesopotamia si fosse diffusa una sorta di leggerezza assolutamente in contrasto con le minacce del clima politico circostante. Lorenzo era rimasto in Iraq per lunghi mesi e d’un tratto tutta la pesantezza del lavoro svolto gli ricadeva addosso, man mano che proclami di rapitori veri o presunti e rivendicazioni via Internet si facevano più fitti e contraddittori il suo modo di seguire gli eventi diveniva più frenetico. Messaggi incontrollabili annunciavano l’avvenuta decapitazione delle ragazze, in Italia si organizzavano fiaccolate e ”tours” mediorientali di esponenti del governo - prima Margherita Boniver, poi Frattini - lui continuava a tenere contatti con il comando americano, a interrogare i diplomatici italiani, a sollecitare i carabinieri del Sismi dell’ambasciata in un modo così insistente da provocare qualche litigio. Spronava i colleghi a fare altrettanto, trascorreva ore al telefono con l’Italia, cercava canali di comunicazione attraverso conoscenze irachene, a un certo punto il rischio di creare interferenze con trattative già avviate e la stanchezza accumulata gli suggerirono di abbandonare la copertura di una vicenda che stava scuotendo i nervi a tutti. Le prime notizie incoraggianti sulla sorte delle ragazze vennero qualche giorno dopo dal direttore di un giornale del Kuwait e poi finalmente [...] dopo un intervento perfino di re Abdallah di Giordania, le Simone furono consegnate a Maurizio Scelli, commissario della Croce Rossa. Lorenzo ne gioì come tutti, ebbe bisogno di un po’ di tempo per riprendere il necessario distacco dalle cose e poi tornò in Iraq per una seconda, lunga stagione di lavoro. Le sedute quotidiane di ”footing” si erano rarefatte, sequestri e sgozzamenti rendevano indispensabile mantenere un profilo molto, molto basso [...]» (Giuseppe Zaccaria, ”La Stampa” 11/9/2005).