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 2005  settembre 10 Sabato calendario

FUMETTO Rosa

FUMETTO Rosa (Patrizia Novarini) Torino 22 agosto 1946 • «[...] nel ’68 fece impazzire Alain Bernardin che la volle al Crazy Horse a fare la monella italiana che esce dal Vesuvio. “Ero una specie di clown e mi battezzò come ‘Rosa la bolognese’”. In realtà Rosa è torinese di nascita, per tutte le scuole elementari ha abitato a un passo dalla Mole Antonelliana. Poi a Milano per continuare gli studi, un po’ dalle Piccole Suore del Santo Natale, un po’ dalle Carmelitane, infine dalle Preziosine. “In quel tempo non mi piacevo molto, era l’epoca di Veruska che era alta un metro e ottanta, mi sentivo lontana da quel modello, solo dopo che arrivai al Crazy Horse imparai a sentirmi bella”. Dal primo numero quasi comico si incarna nel mito della nudità femminile estremizzata al rango d’opera d’arte assoluta: “Avevamo la consapevolezza che un momento fugace ci rendeva perfette”. All’inizio semplice strip tease, poi il nudo integrale vero e proprio. Una rivoluzione assoluta in quegli anni: “Accadde nel 1973, ci era stato commissionato un galà privato per lanciare la nuova collezione dei gioielli di Van Cleef. Fu allora che Bernardin ci fece togliere quel pezzettino di stoffa che portavamo attaccato al pube con lo scotch biadesivo, finalmente libere con addosso solo le nostre mutandine naturali!”. [...] Nel ’79 Rosa si dimette dal Crazy Horse e lascia Parigi. Nel 1983 la Rai la chiama per fare il Il Cappello sulle 23, varietà notturno sulla seconda rete: “Avevano pochi soldi e pensavano che io con un numero di strip tease avrei risolto tutto, ma nessuno osò scrivere sul contratto che mi sarei dovuta spogliare”. Le regole erano che il nudo venisse concordato da precise clausole. “Fu alla quarta puntata, la mia collega Trucula Bon Bon aveva un vestito un po’ largo che ogni tanto le scendeva sul seno, lei lo tirava su e si ricopriva. Dietro le quinte il regista Mario Landi però imprecava perché pretendeva di poter rubacchiare quel po’ di nudo. Allora chiesi la camera in primo piano e gli urlai davanti a tutti che era un porco, se voleva il nudo non aveva bisogno di trasformare il pubblico in un gruppo di guardoni, il nudo glielo davo io, anche integrale! E così mi tolsi tutto, anche se non ero pagata per farlo. Era la mia maniera per salvare il pudore di noi artiste che quella gente aveva offeso”. Dopo aver respirato per dieci anni l’aria delle dee dell’olimpo parigino, tornare tra la gente comune non è sicuramente stato facile per lei: “A me piace il denaro, so come usarlo, per questo non sono mai diventata ricca. Frequento poco lo star system italiano, trovo che ci sia molto provincialismo, preferisco vedermi con persone intelligenti”. Racconta quindi della sua collaborazione con un illustre professore della Berkeley University: “Si chiama Nanty Meyer, l’ho aiutato per un corso di studi universitari sulla strategia dell’innovazione centrato sul modello di Bernardin. Dal nostro lavoro uscirà un libro, avrà per titolo Conversazioni tra un accademico e una stripteaseuse”. Invece non ha incontrato entusiasmo la sua proposta di pubblicare un manuale di spogliarello per casalinghe: “Il mio progetto era un prodotto multimediale che insegnasse alle donne come mettersi in scena in casa propria. Già in Germania, per combattere il calo di desiderio generalizzato, si fanno campagne per riappropriarsi dell’arte della seduzione. Mi sarebbe piaciuto fare un corso molto educativo per far capire come tutte possano essere belle. Basta una musica, una luce, un’atmosfera. A me hanno detto di no, ma tanto qualcun altro, prima o poi, lo farà!”» (Gianluca Nicoletti, “La Stampa” 10/9/2005).