Varie, 10 settembre 2005
BECHIS
BECHIS Franco Torino 25 luglio 1962. Giornalista. Dal 2009 vicedirettore di Libero. Già direttore del ”Tempo” e di ”Italia Oggi” • «[...] Giornalista ”muscolare”, ha scritto di lui ”Il Riformista”, con ciò introducendo una categoria insolita tra professionisti dalle spalle mosce. Non ai muscoli di Franco Bechis si riferiva il quotidiano di Antonio Polito, bensì, ovviamente, allo stile del direttore de ”Il Tempo” [...] Appassionato utilizzatore di registratori, Bechis deve al piccolo accessorio molti successi professionali e qualche notte in bianco. stato un giornalista del ”Tempo”, allevato alla sua scuola, a registrare il famoso colloquio in cui i colonnelli di Gianfranco Fini lo dipingevano tremante e finito. Ma una sera, invitato a cena da Ciarrapico e recatosi con un miniregistratore nel taschino, visse ore d’ansia quando, lasciata la casa, si accorse che niente era stato registrato. Disperato, erano ormai le due di notte, chiese consiglio ad un amico: ”Che faccio?”. Finì per fare appello alla memoria e il giorno dopo su ”Mf”, il giornale per il quale lavorava, l’intervista con Ciarrapico uscì lo stesso. Chissà se firmata Fosca Bincher o Chris Bonface, tutti anagrammi di Franco Bechis, uno sfogo per la sua esuberanza di cronista e un bell’affare per il suo editore Panerai che, pagando uno, si ritrovava due o tre giornalisti. Temutissimo, si diceva. Anche nei rari casi in cui circola senza aggeggi elettronici. [...] C’era ancora il governo Prodi quando una mattina, alla buvette di Montecitorio, il deputato Ds Fabio Mussi si concesse un epocale sfogo contro i suoi. Pensava di parlare a un collega, invece erano in tre. Alle sue spalle, Bechis fingeva di mangiare una pastarella e invece, tic, tic, tic, memorizzava tutto. Atteggiamenti che non sempre lo rendono simpatico. Rispettato, ecco. ”Un giornalista vero, peccato sia di parte”, sospira chi lo vedrebbe bene in un grande quotidiano. La sua permanenza a ”Repubblica”, d’altronde, durò meno di tre mesi [...] anche al ”Giornale”, ricordano, non erano pronti ad accoglierlo a braccia aperte. ” un lupo solitario”, ribadisce chi lo conosce. A parte qualche uscita con la moglie, la giornalista televisiva Monica Mondo, con qualche amico giornalista e con Giancarlo Elia Valori, non lo si vede in giro di frequente. Un lupo che viene da Cl, filone torinese e di sinistra, che con la Compagnia delle Opere mantiene intensità di rapporti, così come con alcuni dei direttori con cui ha lavorato, Pierluigi Magnaschi per esempio e, soprattutto, l’editore Paolo Panerai. Il mentore, quello che per primo ha creduto in lui. [...]» (Maria Latella, ”Corriere della Sera” 10/9/2005). «Attenzione: se lo incontrate per strada non raccontategli nulla di riservato. [...] è uno di quei giornalisti per i quali la notizia è un mito e non c’è regola morale. Spesso ha un registratore in tasca e un microfono nascosto sotto la manica della giacca. [...] ”Quando ero capo della redazione romana di ”Milano Finanza’ [...] lo studio personale di Andreotti, primo ministro, era al piano di sotto. Il portiere mi avvisava se arrivavano personaggi importanti e io correvo ad aspettarli in ascensore. Avevo sempre dei registratori nascosti addosso. Praticamente vivevo in ascensore [...] Un giorno andai al ministero delle Partecipazioni Statali. Entrai nell’ufficio di Castellari, direttore generale, quello che poi è morto in maniera un po’ strana. Poggiai delle cartelle che avevo con me sopra alcune cartelle con su scritto Enimont e, alla fine, presi tutto e me ne andai [...] Facevo cose terribili [...] Ciarrapico una volta venne sotto il mio ufficio e mi prese per la collottola. ”Mi stai rovinando!’ [...] Scrivevo quello che mi diceva. Una sera mi ha invitato a cena nella sua terrazza, per raccontarmi, in via riservata, una storia. Io andai imbottito di registratori. La chiacchierata fu bellissima, ne feci due pagine. Saltò il presidente della Consob [...] Spesso ho il corpo percorso dai fili dei microfoni. Quando mi presento sono un uomo cablato [...] Mio padre ha lavorato tutta la vita alla Zegna. entrato fattorino ed è uscito direttore marketing [...] Era repubblicano. Per lui Giorgio La Malfa è un orrendo traditore [...] Ho fatto il ”77. Avevo 15 anni, sono scappato di casa e sono andato a Bologna. Andai a casa di Guccini [...] mi sembrava del tutto normale che mi ospitasse. Era un compagno. Ed era il mio mito. Non mi fecero nemmeno entrare. Sono rimasto in mezzo alla strada, ci fu una terribile nevicata, un freddo fottuto, ho dormito alla stazione due notti, mi hanno beccato i poliziotti e se Dio vuole mi hanno rispedito a casa [...] Ero vicino a Lotta Continua. Ma verso i sedici anni mi sono fidanzato con una ragazza di Cl e sono diventato ciellino. La ragazza l’ho anche sposata, alla fine [...] Io sono un conservatore liberale [...] Ho votato di tutto, tranne Msi, Rc e Pri [...] Ho cominciato in una radio dei salesiani. Poi scoprii gli scalabriniani [...] Un ordine religioso che aveva quasi tutti i giornali in lingua italiana che uscivano in Canada, Stati Uniti, America Latina e Australia. Ma articoli ne mandavo tanti e soldi ne vedevo pochi. Piantai lì e andai a fare l’alpino a Bressanone [...] ”Mondo economico’, ”Sabato’, ”Italia Oggi’. L’assunzione a ”Milano Finanza’. Quando scoppiò la guerra per la Mondadori mi ci buttai. Seguivo De Benedetti e Pippo Corsentino seguiva Berlusconi. Pippo era bravo e un po’ figlio di buonadonna. Una volta arrivò alla mia scrivania mentre intervistavo Confalonieri. Di nascosto staccò il filo del telefono. Quando riuscii a riconnettermi mi dissero: ”Guardi che è al telefono con Corsentino’. Alzai lo sguardo e lo vidi che correva dal direttore gridando che aveva lo scoop. Lo aspettai fuori, gliene dissi, lui ammise la carognata e siamo diventati amici [...] Non mi piacciono i tromboni. Tipo Turani, Alan Friedman [...] Ho imparato il mestiere da quelli come Augusto Minzolini e Guido Quaranta. Gente che cammina, gira, rubacchia. Io facevo pool con Minzolini. Per ascoltare le chiacchierate riservate ci nascondevamo nei gabinetti. Due bei figli di buonadonna [...] Adornato se la prese quando pubblicai l’elenco dei fondi che vari ministeri ed enti davano a ”Liberal’ invece di darli alla ricerca sul cancro [...] Prodi chiese il mio licenziamento dal ”Sabato’. Si accanì per un pezzo sulle perdite di bilancio dell’Iri. Sospettava che il mio articoletto fosse un segnale del Vaticano e scrisse una lunga lettera al segretario del Pontefice, Stanislao Dziwisz, per lamentarsi. Scrisse anche alla Seat, la nostra concessionaria di pubblicità, chiedendo se il ”Sabato’ fosse più interessato a far scrivere Franco Bechis oppure ad avere la pubblicità del gruppo Iri [...]”» (Claudio Sabelli Fioretti, ”Corriere della Sera-Magazine” 17/6/2004).