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 2005  settembre 09 Venerdì calendario

PELLICANI Luigi Luciano.

PELLICANI Luigi Luciano. Nato a Ruvo di Puglia (Bari) il 10 aprile 1939. Sociologo. «[...] intellettuale, socialista riformista, grande teorico dell’anticomunismo craxiano, oratore per conto dello Sdi, il partito dei socialisti fedeli all’Ulivo [...] ”La mia famiglia era comunista. Mio padre si fece anche qualche anno di confino. Lo strappo è avvenuto nel 1956, con la rivolta ungherese. Avevo 17 anni. Abitavo a Napoli, con mia madre che si era separata [...] mi piaceva molto giocare a football e andare al cinema, western e polizieschi. Studiavo poco, leggevo molto. Volevo fare il regista. Mi laureai con una tesi su Gramsci. E mi convinsi che il comunismo non era una buona idea realizzata male. Era proprio un’idea sbagliata [...] Andai in Spagna. Ortega y Gasset diventò uno dei miei chiodi fissi. Poi in Francia dove mi innamorai della sociologia. Quindi tornai in Italia e andai a insegnare a Urbino [...] Craxi? Era il 1976. Mi sentivo isolato. Erano diventati tutti rivoluzionari, marxisti, leninisti, gramsciani, marcusiani. Non trovavo un editore perché avevano tutti il terrore di pubblicare un libro che poteva essere considerato addirittura nazista [...] Senonché diventò segretario del partito Craxi. Lessi una sua intervista sull’’Europeo’ e scoprii che citava un mio saggio su Bernstein. Andai a parlare con Craxi e scoprii che la pensava come me [...] un’amicizia? Una collaborazione. Craxi non l’ho mai frequentato. Ho pranzato con lui tre volte [...] Il giorno dell’inaugurazione della libreria di Mondo Operaio incontrai Craxi che mi chiese di scrivere un saggio su Socialismo e leninismo per un libro che l’internazionale socialista voleva dedicare a Willy Brandt. ’Facile’, risposi. Sapevo quasi a memoria i 45 volumi di Lenin. Finora non ho trovato nessuno che abbia letto tutte le opere di Lenin. Questa è una delle ragioni per cui il comunismo ha fatto tante conquiste. Chi ha letto Lenin sa che la sua è una dottrina morbosa, quella del ’ripulire la società dagli insetti nocivi’. Pulci, cimici, lo stesso lessico che Hitler usava per gli ebrei. C’è perfetta coincidenza tra l’universo morale di Hitler e quello di Lenin. I testi parlano chiaro [...] Successe che Berlinguer, intervistato dalla Repubblica, se ne venne fuori parlando della ’ricca lezione leniniana’. Io lessi e pensai: ’Questo è pazzo’. Persona rispettabilissima Berlinguer, ma di Lenin aveva letto al massimo un bignamino [...] Livio Zanetti, direttore dell’’Espresso’, chiese a Craxi di rispondere. Ma Craxi stava partendo per Hammamet e non aveva tempo né voglia. Mandò il mio saggio a Zanetti e gli disse: ’Pubblica questa. Più o meno è una risposta a Berlinguer’. Quel saggio conteneva una lunga citazione di Proudhon. Quando uscì fu veramente una bomba. Eugenio Scalfari aizzò i dirigenti del Psi. ’Ma come, non reagite?’ [...] Quel saggio - disse a Scalfari - non solo è una critica al leninismo, ma anche al marxismo. ’Craxi ha fatto la barba a Marx’, scrisse Scalfari. Finì che Craxi chiese a Flores d’Arcais di organizzare un convegno dove fu ufficializzato il no socialista al leninismo [...]”» (Claudio Sabelli Fioretti, ”Sette” n. 23/2002).