Vanity Fair n.34 01/09/2005, Marina Cappa, 1 settembre 2005
Adesso che sono entrato in "pulizia". Vanity Fair 01/09/2005. Sul tronco dell’ulivo c’è Gian Maria Volonté che guarda l’orizzonte
Adesso che sono entrato in "pulizia". Vanity Fair 01/09/2005. Sul tronco dell’ulivo c’è Gian Maria Volonté che guarda l’orizzonte. Una sera di qualche mese fa, Ennio Fantastichini si è seduto qui, ha acceso un cero e ha parlato al Maestro: gli avevano offerto di interpretare Bartolomeo Vanzetti, lo preoccupava il confronto con il Vanzetti fatto da Volonté 34 anni prima, che cosa doveva fare? Ha accettato. Così, il 31 agosto, in anteprima a Venezia, lo vedremo con Sergio Rubini nel film tv in due puntate Sacco e Vanzetti, che poi, in autunno, andrà in onda su Canale 5. L’albero, con altri duecento ulivi ereditati dal nonno contadino, è sempre lì, sui colli romani da dove nelle giornate limpide lo sguardo si spinge fino al mare. Accanto, c’è la piscina che l’attore ha fatto costruire otto anni fa, quando è nato suo figlio Lorenzo. Sotto, la casa di famiglia. qui che vive Fantastichini, quasi sempre, a parte questi giorni d’estate, in cui riesce a tenere con sé il figlio in totale solitudine. "Quando sono entrato in ”pulizia”, quasi otto anni fa, soffrivo ed ero anche in piena crisi di abbandono, mollato dalla donna che credevo di amare. Mi sono fatto una grande scorpacciata di tenebre e dolore. Passavo l’inverno qui ad annaffiare e a piangere. Per questo oggi sono molto legato a questa casa. Qui ho metabolizzato il dolore, ho attraversato una grande rabbia e ho affrontato la bestia". Bestia, pulizia, rabbia. Ennio le intercala con risate poderose, ma le parole sono macigni. Le lancia una dopo l’altra, per raccontare, e ricostruire, la sua storia. A partire dall’infanzia. "La malinconia è stata mia compagna perenne. Sono nato fallato. Credevo che fosse depressione, finché ho toccato con mano in famiglia che cos’è la vera depressione, quella che porta a porre fine alla propria esistenza. Ma questi sono fatti molto privati, toccano persone troppo vicine". Dov’è cominciata, questa infelicità? "Fin da ragazzo provavo un senso di isolamento, in una realtà che non mi corrispondeva". Suo padre era maresciallo dei carabinieri: le ha pesato un’educazione troppo rigida? "Altro che rigido. Mio padre chiamava mia mamma al balcone: ”Giulietta, aggiungi un piatto di pasta, che abbiamo arrestato uno e deve mangiare”. Erano innamorati persi, non smettevano mai di toccarsi. Un modello meraviglioso, che ho passato la vita a distruggere. La notte li sentivo... quante scopate si facevano. Eppure, hanno avuto tre figli tutti depressi". E poi? "A 18 anni mi sono sposato per poter dormire con la mia ragazza. A 19 ci siamo lasciati. L’ho incontrata di nuovo quando mio padre si è ammalato di cancro. Lei è oncologa, e abbiamo fatto un patto: se dovesse succedere a me, niente accanimento terapeutico, solo una bolla d’aria in vena. Sa, ho promesso a mio figlio che smetterò di fumare, ma ancora non ci sono riuscito. Già ho rinunciato all’alcol e alle droghe". quella la pulizia a cui si riferiva? "Non tocco un goccio da sette anni. La mia vera droga era l’alcol, oltre a un po’ di cocaina. mio figlio che mi ha dato questa seconda vita. L’alcol era il prezzo della mia malinconia. Ho frequentato gli Alcolisti Anonimi, a loro devo molto". Psicoanalisti? "Solo una volta. Da un tizio che mi ha detto: signor Fantastichini, lei è stato rovinato da Frank Capra, la vita non è meravigliosa. Per due anni, ho tenuto il Prozac nel cassetto, senza usarlo, finché è scaduto. Volevo affrontare da solo il dolore". Che succedeva quando si ubriacava? "Avevo la sbronza triste, me la facevo in completa solitudine. Come con la cocaina: sempre dietro una porta sbarrata, mai assieme agli altri". Solo sbronza triste? Lei ha fama di persona rabbiosa, violenta persino. "Quando ancora frequentavo la passione, ho avuto qualche litigio ”dinamico” con la madre di mio figlio. Cose in altri Paesi considerate normalissime, ma che nel mio caso hanno costruito una leggenda intorno a me. Ci siamo un po’ menati a Venezia, un’altra volta è dovuto intervenire a separarci il mio amico Massimo Ghini". Un rapporto complicato. "Nadia ha attraversato buona parte della mia vita. E con lei è finita malissimo. Tre cause: civile, penale e al tribunale dei minori. Volevo Lorenzo in affidamento, lei mi ha fatto pignorare questa terra, che è quella della mia famiglia. Non eravamo sposati e quindi per me era tutto più difficile, si pensava che dovessi versare l’assegno e basta. Ora c’è una tregua, mio figlio passa con me le vacanze. il mio sole, anche se non ci dormo la notte". In che senso? "Penso alla sicurezza economica che gli voglio dare, e al fatto che a 50 anni rischi ancora di finire sotto un ponte, basta che non ti chiamino più. Io non faccio film da tre anni". Non c’entra il suo famoso caratteraccio? "Sono leggende metropolitane". Da dove nascono? "Dal mio senso della giustizia". Tradotto più chiaramente? "La mia violenza verbale... L’agente mi dice che i produttori hanno paura di me. Il fatto è che io credo alla cavalleria". Me lo spiega con un esempio? "Giravo un film per la tv, La fuga degli innocenti. Per la regola del Don Chisciotte, quando vedo che si aggrediscono le persone indifese, le giovani fanciulle, divento un animale. Così ho difeso la mia collega Jasmine Trinca. Mi sono incazzato, e stavo per passare al fisico. C’è gente che è subito pronta a maltrattarti, se non ti difendi". E lei si difende, par di capire. "Certo, e siccome c’è una certa frustrazione nel non potermi mandare a quel paese, dicono che sono uno che dà cazzotti". Quanti ne ha dati, davvero? "Ne ho dati da ragazzo per ragioni politiche. Mi chiamavano La Pasionaria". E adesso? "A cinquant’anni ti accorgi che la rabbia è inutile, e cerchi di trasformarla in indignazione". La passione che fine ha fatto? "Oggi mi riparo dagli tsunami affettivi. Ma sono fidanzato con Antonella da cinque anni. Questo mi fa sentire giovanile, mi ripara dagli insulti del tempo". Quanti anni ha Antonella? "Diciannove meno di me". Verrà con lei a Venezia? "Mi ha fatto arrabbiare. D’accordo che è timida, è una ragazza di queste campagne, che con il cinema non c’entra niente. Però me la volevo proprio portare al Festival, invece si è rifiutata". Come sarà questo Sacco e Vanzetti tv? "Il film di Montaldo, quello del 1971, si occupava soprattutto del processo. Nel nostro c’è tutto quello che viene prima". Il Vanzetti di Montaldo era Volonté, con cui lei 15 anni fa girò il film di Amelio Porte aperte. Che cosa ricorda di questo uomo che ancora chiama Maestro? "Guardandomi dall’alto in basso, mi disse: ”Giovane attore italiano... quanto duri?”. Era un uomo meraviglioso, ma riusciva anche a essere crudele. Ripenso spesso a quelle parole. un’ossessione che condivido con migliaia di 50enni quella di ritrovarmi a dormire sotto i cartoni". Progetti meno catastrofici? "Dovrei girare un film tv su Muccioli a fine settembre: ero molto prevenuto, poi sono andato a San Patrignano ed è stato sconvolgente. Prima ero antiproibizionista, oggi non più. Poi, ho un progetto mio". Di che cosa si tratta? "Un lavoro teatrale dedicato a Landolfi, uno dei massimi scrittori dell’ultimo secolo. Sono diversi racconti. In uno c’è anche un pedofilo che violenta una sordomuta. Sa, da bambino anch’io sono stato molestato, da un frate...". Marina Cappa