Giornale di Brescia 01/09/2005, pag.9 Pierpaolo Prati, 1 settembre 2005
Delitto di Brescia 01/09/2005 - 1
Gatti dalla solitudine all’isolamento. Il Giornale di Brescia 01/09/2005. Bravo a scuola, bravissimo soprattutto nelle materie scientifiche. Un po’ meno in quelle umanistiche e in educazione fisica. Una bravura, quella di Guglielmo Gatti, per chi ha un suo ricordo dalle medie, imposta dalle aspettative in famiglia. Come imposta sarebbe stata la decisione di lasciare la facoltà di ingegneria per il servizio militare, nonostante l’imminenza della laurea e un libretto zeppo di 30 e lode. Disoccupato dopo la naja, Gatti esce dalla caserma libero da impegni di lavoro, ma anche da passatempi socializzanti. Ha tutto il tempo di coltivare le sue passioni solitarie: la lettura e il computer. Strumenti che, solo virtualmente, colmano il vuoto lasciato da un telefono che non squilla (si contanto sulle dita di una mano le chiamate transitate sul suo telefono in otto mesi) e da rapporti che non esistono. Morto il padre Giuliano, accade in giugno, a Gugliemo, che ha già perso la madre due anni prima, non restano che gli zii. Lo zio, fratello della madre, e la sua seconda moglie. La sua ex governante. Con loro un rapporto non particolarmente assiduo. Così come con i parenti da parte di padre. Il cugino Pietro Gatti di lui dice: «L’ho visto tre volte in vent’anni e in occasione di tre funerali. Non avevamo rapporti, era lui che voleva così e a me stava bene». Ma di Gatti, giocoforza, si viene a sapere altro nel corso della sua permanenza in isolamento. Buona parte delle notizie attorno all’uomo ritenuto dagli inquirenti il responsabile dell’atroce duplice delitto, vengono necessariamente a galla dalle parole del suo avvocato e da quelle delle persone che hanno la possibilità di vederlo. Il primo, Luca Broli, continua a definirlo persona lucida, dotata di grande capacità dialettica («se conoscesse la legge, potrebbe fare tranquillamente l’avvocato» aveva detto), e di notevole tranquillità. Un uomo ordinato: pranzo e cena praticamente sempre alla stessa ora. Un amante del cibo («Il suo appartamento sembra un supermercato», riferisce) che va spesso a fare la spesa. Più confezioni dello stesso prodotto, come fosse un cultore, nonostante sia single, del 3X2 e amasse avere la dispensa sempre fornitissima: dalla marmellata, alla verdura. Dal 17 agosto le sue abitudini cambiano. Alle restrizioni del carcere, però, la sua personalità, la sua indole, il suo carattere non si piegano. Guglielmo Gatti resta l’uomo tranquillo e flemmatico di sempre e con le abitudini di sempre. A partire dalla lettura. Il cappellano gli porta praticamente un libro al giorno. L’unico ponte con l’esterno. E su quella ipotetica linea di collegamento con la vita, Gatti «cammina» per 13, 14 ore al dì. Leggendo e rileggendo. Il nipote del «piano di sopra» lascia le sue righe di realtà solo per la visita quotidiana con il medico dell’infermeria. In quell’occasione il carcere viene blindato, tutti gli «ospiti» rientrano nelle loro stanze: al suo passaggio il 41enne non può avere il benchè minimo contatto umano. Quando torna in cella per i pasti (che consuma, ma non finisce) e per soddisfare la sua grande fame di lettura, alla fine ci rimane. In due settimane, infatti, non ha mai voluto usufruire della possibilità che gli è concessa per legge: il quarto d’ora d’aria. Invece di «godersi» tutto solo il cortile del carcere, Gatti se ne rimane sempre in cella. Posto nel quale rimpiange il suo computer, il suo pettine, le sue comodità e dal quale con tutta la sua flemma e tutta la sua forza dimessa riesce a resistere senza lamentarsi. Riesce a ripetere a tutti coloro che hanno conquistato la sua fiducia, di essere estraneo alle accuse: di non aver ucciso Aldo Donegani e Luisa De Leo. I suoi zii. Pierpaolo Prati