Adriano Sofri a Franco Montini e Piero Spila, la Repubblica 26/8/2005.Il brano è tratto da "Un attore contro. Gian Maria Volonté, con Dvd, edizioni Bur-Rizzoli, 26 agosto 2005
"La vera forza politica di Lotta continua fu nel costituirsi come palestra di mimetismo. L’idea di allora, del 1968 e del 1969, era di uscire dai propri panni, l’idea di una grande rappresentazione teatrale, una grande incarnazione di altre parti, che gli studenti non fossero più studenti, che i figli di papà, che gli operai non fossero più operai, e che le figlie di papà si potessero sposare con gli operai
"La vera forza politica di Lotta continua fu nel costituirsi come palestra di mimetismo. L’idea di allora, del 1968 e del 1969, era di uscire dai propri panni, l’idea di una grande rappresentazione teatrale, una grande incarnazione di altre parti, che gli studenti non fossero più studenti, che i figli di papà, che gli operai non fossero più operai, e che le figlie di papà si potessero sposare con gli operai. Come diceva quel brutto inno che si cantava: "Siamo operai, pastori sardi, immigrati turchi...". Questo straordinario mimetismo sociale è diventato strada facendo il peggior vizio, la perdità dell’identità, una specie di mestieraccio che ti faceva mandare uno ad Augusta e fare il lavoro di operaio, e dopo due ore già si comportava come un operaio di Augusta e spiegava a un operaio di Augusta come si doveva fare l’operaio ad Augusta. La cosa che a un certo punto determinò la vera crisi di tutto il movimento era la tristezza delle persone, il senso di un fardello, di un peso addosso, l’idea che tutto questo avesse in qualche modo istigato la strage di piazza Fontana, l’idea che tutte queste lotte si svolgessero all’interno di un clima di cattiveria. Dall’altra parte c’era questa perdita di sé, che era poi anche il problema dei bravi attori. I bravi attori non hanno una vera vita, si trascinano per tutto il mattino in attesa ndel pomeriggio per recarsi finalmente a teatro e andare a cena. Carlo Cecchi mi ha raccontato di Eduardo che andava in camerino già nella tarda mattinata se la recita era la sera alle nove. Qualcuno una volta gli chiese: ”Ma maestro, che fa qui a quest’ora?”. E lui rispose: ”Guardo ’e ccartte”"(Adriano Sofri).