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 2005  settembre 02 Venerdì calendario

Einaudi, Carli e le riforme difficili di Bankitalia. Corriere della Sera 02/09/2005. Nessuno ha tolto le castagne dal fuoco al governo: non Antonio Fazio, che non si è dimesso; non la Banca centrale europea né la Commissione Ue, che non ne hanno censurato l’operato

Einaudi, Carli e le riforme difficili di Bankitalia. Corriere della Sera 02/09/2005. Nessuno ha tolto le castagne dal fuoco al governo: non Antonio Fazio, che non si è dimesso; non la Banca centrale europea né la Commissione Ue, che non ne hanno censurato l’operato. Il Consiglio dei ministri di oggi si trova dunque di fronte alla responsabilità di decidere se difendere un governatore contestato come non era mai capitato ai predecessori o se revocargli, di fatto, il mandato avviando a conclusione, in ogni caso, un contrasto tra due istituzioni dello Stato quale mai si era manifestato dalla rifondazione della Banca d’Italia nel 1936. Nessuno, nell’establishment, avrebbe voluto un simile esito. Ma le vie d’uscita suggerite – l’autoriforma della Banca d’Italia e le dimissioni "spontanee" del governatore – avevano il pregio di evitare il rischio di un conflitto istituzionale, ma anche il difetto di pretendere che Fazio smentisse se stesso: troppo per un uomo convinto di aver osservato le leggi e servito il Paese e di aver pure seguito, nei casi Antonveneta e Bnl, una prassi mai contestata prima da parte di tanti critici dell’ ultima ora. Ma come revocare il Governatore? Questo potere è assegnato, per statuto, al Consiglio Superiore della Banca d’Italia, la cui delibera va poi approvata con decreto del Quirinale promosso dal presidente del Consiglio di concerto con il ministro dell’Economia, sentito il Consiglio dei ministri. La politica può dunque dare o negare l’avallo, ma non può avviare l’iniziativa. Formato da 14 consiglieri, 10 dei quali nominati dopo il 1993, e presieduto da Fazio, il Consiglio si riunisce per nominare o revocare il Governatore su invito del consigliere più anziano (l’avvocato Paolo Emilio Ferreri, in carica dal 1980) dietro richiesta scritta dei due terzi dei componenti. La decisione è valida se presa alla presenza di almeno i due terzi dei componenti e con la maggioranza dei due terzi dei presenti, sempre escluso l’interessato. E presuppone, ovviamente, l’accordo sul successore. In una vecchia intervista a L’Espresso, Francesco Cossiga ha raccontato come lui, da premier, nominò governatore Carlo Azeglio Ciampi concludendo che il Consiglio Superiore non ha mai contato nulla. Ma quelli erano altri tempi e, soprattutto, non c’era una revoca, più o meno mascherata, all’ordine del giorno: il compianto Paolo Baffi si era dimesso senza esserne richiesto a causa dei provvedimenti (drammaticamente sbagliati) già presi dalla procura romana. Nel 2004, in Germania, il presidente della Bundesbank si fece da parte non appena il ministro delle Finanze gli comunicò la sfiducia del governo dopo la denuncia sulla stampa di un weekend pagatogli da una banca. In Italia, la politica non ha mai avuto una simile autorevolezza. Del resto, la concentrazione di tanti poteri in Via Nazionale deriva dalle ricorrenti paure che la politica ha di se stessa: la vigilanza sul sistema bancario e la stessa manovra sul tasso di sconto (che poi verrà trasferita alla Bce) appartenevano al Tesoro e vennero trasferite da Luigi Einaudi e Guido Carli alla banca centrale per timore dei comunisti e poi del centrosinistra. La resistenza di Fazio e lo scudo del Consiglio Superiore, che non risulta convocato, costringono il governo ad assumersi la responsabilità di modificare le regole evitando quelle vie brevi che, di per sé, comporterebbero smagliature istituzionali. E questo è bene. Pur riconoscendo la legittimità di porre un termine al mandato del Governatore, la Bce aveva suggerito un regime transitorio per quello in carica così da non dare l’impressione di un licenziamento mascherato a opera della politica. Stabilendo un doppio termine al mandato del governatore – 7-8 anni come durata, 70 anni come età – si avrebbe modo di far uscire Fazio nell’ottobre 2006, anche se a 70 anni un governatore può non essere vecchio. Fissando un limite d’età più alto, cambierebbe il segno dell’operazione. Ma, al di là del destino di un uomo, sarà la qualità della riforma della Banca d’Italia prospettata dal governo a farci capire se andiamo verso la solita soluzione furbesca o se, invece, si farà un passo verso la modernizzazione del Paese. Massimo Mucchetti