La Stampa 23/08/2005, pag.16 Pierangelo Sapegno, 23 agosto 2005
Calciatori «maledetti» il declino di tre grandi. La Stampa 23/08/2005. Paul Gascoigne teneva una pinta di birra in alto e poi ruttava
Calciatori «maledetti» il declino di tre grandi. La Stampa 23/08/2005. Paul Gascoigne teneva una pinta di birra in alto e poi ruttava. Era capace di parlare con i rutti, diceva. Beveva tanto che i suoi tifosi dell’Everton gli vietarono persino l’ingresso in una discoteca, il Cream. Entrava e usciva dagli ospedali, e tutte le volte diceva «riprendo a giocare e non bevo più». Poi tornava a casa, beveva di nuovo e picchiava la moglie Sheril. L’ultima volta è di pochi giorni fa. Doveva partecipare al Britain’s Worst Celebrity Driver, un reality show. I produttori l’hanno chiamato e gli hanno detto che «non interessava più»: aveva cercato di menare i due figli di Sheril, c’era scritto sul Sun. In quei giorni George Best usciva da un tribunale del Surrey. Gli uscieri gli avevano aperto la porta: «Arrivederci, signor Best». Non avevano fatto in tempo a sorridere. «Arrivederci un cazzo». George era stato rinviato a giudizio per l’aggressione a Vicky Pope, amica della sua ultima fidanzata, Gina Devilo. Aveva cercato di tirarle un pugno. Era ubriaco, come Paul Gascoigne quella volta che si schiantò contro un furgone a Tyne and Wear, e ne venne fuori barcollante, ma illeso, perché il Dio dell’alcol ha sempre un occhio di riguardo per i suoi disperati. Adesso che Maradona è tornato a sorridere, a parlare di nuovo senza incespicarsi sulla bocca dentro tutti i suoi chili, con la pancia che trasbordava, adesso che Diego è tornato vicino al suo amico Salvatore Bagni, un altro maledetto come lui sui campi di calcio, uno che collezionò 28 espulsioni in pochi anni con la maglia del Napoli, facendo a pugni e a calci anche con la sua vita di mediano, adesso che Diego si stringe alle sue figlie e conduce pure un talk show in Argentina, sono rimasti solo loro, Paul Gascoigne e George Best, quelli che non ce l’hanno fatta, che continuano a finire dentro ai titoli di cronaca, a buttare le esistenze, anche se sanno che ne stanno andando, che i soldi finiscono, e gli onori, e le vittorie e le speranze. Paul ha 37 anni, George 59. Quasi non si conoscono eppure hanno la stessa dannazione, lo stesso percorso che scende dagli altari, la stessa rabbia e lo stesso orgoglio, e tutt’e due arrancano, inciampano, ma lasciano lontana chiunque voglia dargli aiuto, anche se i medici glielo ripetono da una vita, anche se fanno gli appelli in tv per salvarli, anche se le donne li lasciano una alla volta, anche se finiranno tutt’e due per restare senza un penny buono neanche per farsi l’ultima bevuta. Gascoigne, l’avvocato Agnelli lo vide ai Mondiali italiani del ’90, semifinale Germania-Inghilterra. Vinsero i tedeschi e dopo una gran partita Gazza, come lo chiamavano i tifosi della Lazio, pianse come un bambino, asciugandosi le lacrime nella maglietta sporca. L’avvocato ne rimase colpito e disse che gli dispiaceva per lui, che era «un genio del calcio». Lo comprò Cragnotti e lui passò il tempo a giocare e scherzare, a far le boccacce nelle interviste e gol impensabili, prima di andarsene. Però, visse almeno 10 anni di gran calcio. Best, invece, era stato un’altra cosa, 5 anni solo, dal ’63 al ’68 per diventare il quinto Beatle, come lo battezzò il giornale portoghese Ola alla fine di un Benfica-Manchester, quarti di finale di Coppa Campioni 1966. Ma in quei 5 anni riuscì a prendere tutto, due scudetti, la Coppa Campioni, il Pallone d’oro. Quando lo vinse aveva 22 anni, era il 1968. E aveva già cominciato a bere, proprio quella notte di Lisbona, 4-1 al Benfica, due gol suoi e Matt Busby che non stava più nella pelle: « vero, sei un genio», gli diceva. Perché aveva avuto ragione quel suo amico irlandese che qualche anno prima gli aveva spedito un telegramma: «Matt, I think I’ve found a genius». Quella sera George Best aveva 20 anni: «Ho cominciato a bere per festeggiare la vittoria e non ho più smesso». Per uno che doveva fare il tipografo a Belfast tutto questo era un sogno da diventare pazzi. E forse un po’ pazzi lo sono diventati, lui e Paul. Gazza, erano talmente abituati a vederlo gonfio di birra che quando pochi mesi fa si mise a dieta e dimagrì come un’acciuga, scrissero che aveva l’Aids. Lui entrava e usciva dagli ospedali, e minacciò querele. Era una polmonite: «Ho rischiato la vita», disse. Poi ci scherzò sopra: «Chi ha detto che fa bene alla salute smettere di bere?». Prendete Best. Non ha mai avuto cedimenti, non ha smesso quando gli hanno cambiato il primo fegato che era esploso e continua a non smettere adesso che ha quello nuovo già gonfio come una zampogna. «Mentre giocavo bevevo e bevevo anche quando non giocavo. Bevevo anche quando nel 1990 venni invitato al Wogan Show per un’apparizione. L’intervista durò pochi minuti. Wogan mi chiese di tutte le donne con cui ero uscito e io dissi: ”Terry, a me piace scopare, va bene?” Lui imbarazzato cercò di cambiare argomento. Che cosa ti piace fare nel tempo libero?, mi chiese. Risposi: fottere». Qualche anno dopo, nel 1997, la sua vita si incrociò con quella di Gascoigne. Gazza era finito nelle grane per aver picchiato la moglie. Lui cercò di difenderlo: «Non so che cosa succede nell’intimità delle case, ma di tanto in tanto tutti diamo una sberla alla moglie. Io di sicuro». E difatti qualche mese dopo, la sua ex moglie, Alex, si presentò al commissariato di Kensington con il volto tumefatto: «Mio marito mi ha preso a pugni», disse. Fecero pace, ma tre anni dopo erano di nuovo da capo. Il 13 luglio 2000 Best uscì di casa sbattendo la porta e finì in un pub a ingurgitare quanto alcol poteva. Lo trovò alle 7 il custode di un parco: era steso su una panchina, con una bottiglia di champagne in mano. Fu quella volta che Londra venne tappezzata dai manifesti scritti dal dottor Roger Williams: «Non date da bere a quest’uomo se veramente gli volete bene. Potrebbe costargli la vita». Proprio quell’anno il Cream vietò l’ingresso a Gazza: «Vogliamo vederlo ballare in campo. Lo facciamo per lui». Però, chissà che succede nella testa di questi disperati. Anche Maradona, quando non stava bene, si rifiutava di incontrare Bagni, gli diceva che era un traditore. Adesso lo presenta in tv: «Il mio amico Salvatore. Se sono qui lo devo a lui». Ma Best e Gascoigne no, non ce l’hanno fatta ad arrivare a questa curva. «Ogni cosa ha il suo tempo», scrisse Best nel suo libro. «Un tempo per seminare e un tempo per raccogliere. Un tempo per piangere e un tempo per ridere. Un tempo per conservare. E un tempo per buttare via». George ora ha finito tutti i soldi. Gli hanno trapiantato il fegato e un anno dopo aveva già il bicchiere in mano e l’occhio pesto. Ha venduto tutti i suoi trofei. Ha incassato 235 mila euro. Ha divorziato da Alex e ha pianto: «Non ho avuto nessuna come lei». Ma il giorno della sentenza era ubriaco. Pierangelo Sapegno