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 2005  settembre 02 Venerdì calendario

La maledizione dei risarcimenti. La Repubblica 02/09/2005. Beslan. «I miei figli mi hanno fatto diventare ricco»

La maledizione dei risarcimenti. La Repubblica 02/09/2005. Beslan. «I miei figli mi hanno fatto diventare ricco». Timur Rudik mostra la jeep con i vetri scuri. «Non la restituirei, per riaverli». Tre bambini morti, paralizzata in ospedale la giovane sposa. Una pioggia di rubli. Prima raggiungeva il pascolo sul dorso di un asino. Adesso segue «gli affari» a Vladikavkaz. Ride, confida che le donne lo incrociano con occhi «più caldi». Ma la notte i vicini lo sentono. Timur va alla finestra e piange. Chiama per ore la moglie e i figli, interroga il cielo. E’ la maledizione di Beslan. I sopravvissuti, accennandone, guardano a terra. Si vergognano: c’ è di peggio della morte. Erano solo vittime, molti eroi: ora scoprono che nella tragedia, dietro la generosità, cresce l’ abiezione. Più forte della volontà. Gli umiliati sono condannati a spartirsi i milioni dei risarcimenti. Tra la povera gente, sconvolta da inguaribili ossessioni, l’ oro dei bambini sterminati si fonde in odio. Ad ogni colpito corrisponde un conto corrente. Dicevano che nessuno avrebbe toccato il denaro scaturito dal sangue. Un anno dopo, commercialisti e avvocati sostituiscono psicologi e parenti. Il Cremlino ha monetizzato assalto e carneficina, anche il mondo ha confuso solidarietà e dollari. Beslan scopre che da un eccidio si può uscire con le tasche gonfiate. Ma pure divisi, soffocati dal rancore, annientati un’ altra volta. Dopo le lacrime, la guerra sulle anime vale l’ addio agli stenti. Come la lotta per Borik Rubaev, 7 anni. I genitori sono morti nella palestra. L’ orfano porta in dote 2 milioni di rubli e un patrimonio di euro. I nonni paterni e la zia materna sono al quinto processo per l’ affidamento. Prima del sequestro il bambino viveva in un istituto. Dopo la strage è stato rapito, a turno, dalle famiglie che lo reclamano. Un ricorso in cassazione lo ha rispedito in orfanatrofio: anche lì c’ è bisogno di qualcuno che onori la retta. Nelle famiglie viene definito «il tesoro di Mosca». Putin ha deciso che per l’ Ossezia ci voleva una lavata di banconote. Mai successo, nemmeno per la strage nel teatro della Dubrovka. Ma qui è diverso: ci sono lo choc dei bambini esplosi, il rischio delle vendette etniche, l’ orrore del mondo, la concorrenza degli aiuti occidentali, l’ impunità dello Stato. «Non si è pensato alla giustizia - dice l’ ex presidente della Corte suprema osseta, Taimuraz Cedzhemov - ma solo a fare bella figura». Così per la prima volta il governo russo quantifica un’ esistenza e paga. Nelle case, le somme si fanno sul retro delle foto dei defunti. Per il Cremlino una vita vale 3 mila dollari, una tomba di granito rosso, una pensione. Poi ci sono i due conti correnti della solidarietà, rubli e valuta straniera: 2 milioni di dollari, 110 mila a caduto. E viaggi all’ estero, cure gratis, aiuti umanitari. Chi non è impazzito un anno fa, ha perso la testa dopo. Si risparmiavano i copechi: ex parenti ed ex amici si sbranano per auto, case, computer, televisori, mobili, vestiti, biciclette. «Una vetrina crudele - dicono al Comitato delle madri di Beslan - cancellano le responsabilità e comprano il diritto alla verità, suggeriscono il silenzio, aizzandoci con quanto ci è sempre stato negato». E’ successo anche agli Essiev. Elbrus, 37 anni, nella scuola è stato fucilato. Per mesi in fin di vita la moglie Zalina, quarto mese di gravidanza, e le due figlie. Ora la madre, se le bambine chiedono dei nonni paterni che le allevavano, comincia a picchiare. Ha abortito, è tornata dai genitori: non dividerà i risarcimenti. Ma non solo i soldi spazzano chi è rimasto. Beslan è sconvolta da una impressionante rivoluzione edilizia. Dieci cantieri in pochi mesi. Due scuole, con piscine e ristoranti, un palazzo di vetro per l’ istituto di previdenza, un asilo, un centro sportivo, tre ospedali, due quartieri residenziali, un gigantesco istituto per la riabilitazione fisica. Non c’ è misura, nelle iniziative dei politici-imprenditori della capitale e di San Pietroburgo. Carità esibita, propaganda, appalti miliardari. Di chi è la «nuova città di livello europeo»? La valanga di cemento resterà deserta, la notte è nell’ anima, ma superstiti ed estranei al massacro si contendono nel rancore il diritto all’ accesso. La strage nella scuola ha partorito due comunità nemiche. Una coltiva il ricordo e la sua crudele eredità, la seconda alimenta l’ obbligo di dimenticare e l’ invidia verso la fortuna dei disperati. «Siamo tutti stanchi di soffrire - dice Malik Khociev - di odiare, di essere umiliati e di sentirci colpevoli. Non riusciamo ad essere buoni, ma non abbiamo più nessuno da amare». A Beslan, un anno dopo, anche i vivi sono morti. Giampaolo Visetti