Varie, 5 settembre 2005
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Vargas Fred
• (Frédérique Audouin-Rouzeau) Parigi (Francia) 7 giugno 1957. Scrittrice • «Fred Vargas è francese, accento sulla seconda a. una donna, Frédérique, e anche il cognome è una maschera: quando va in laboratorio, chiusa al buio a studiare le ossa di animali remoti, non si chiama così. Ha in odio la celebrità ma, essendolo, il lusso che si concede più volentieri è quello del silenzio: può sparire beata lei anche due mesi senza lasciare altro recapito che il telefono fisso della madre, a Parigi, e stare in Normandia ad un indirizzo sconosciuto dove non suonano fax né cellulari, non ci sono computer, non arrivano i telegrammi e quando arrivano bisogna andare all’ufficio postale a ritirarli, con calma. Ha venduto un milione di copie ma questa storia bisogna raccontarla dal principio perché da noi l’eco di quel che succede altrove arriva sempre molto attutito, quasi un sussurro se si tratta di romanzi gialli (polizieschi, dicono loro): la grande critica letteraria se ne occupa poco, malvolentieri, e con la sufficienza di chi sta parlando di ben poca cosa nonostante sia evidente da tempo che il noir e i suoi dintorni siano il luogo della letteratura dove compare più viva la descrizione dei nostri anni, ”il nuovo romanzo sociale”, dice il vecchio giallista ateniese Petros Markaris, ”se Victor Hugo vivesse oggi scriverebbe certamente un noir”. [...] è un’archeozoologa e medievista: ha [...] pubblicato un’opera sulla peste che raccoglie cinque anni di ricerche, due dei quali passati a studiare i ratti in una sala buia dell’istituto Pasteur. Prima si era applicata alla vita nei villaggi del Medioevo. Prima ancora, da bambina, disegnava fumetti e suonava la fisarmonica. Madre chimica, padre scrittore surrealista, una sorella gemella, Jo, con cui vive in simbiosi. ”Senza di lei non sono intera. Conosciamo i nostri pensieri, le nostre intenzioni. la mia metà”. stata Jo, Joelle, a scegliere di firmarsi con lo pseudonimo Vargas: il nome del personaggio di Ava Gardner nella Contessa scalza. ”Quando ho cominciato a scrivere è stato naturale prendere il suo nome”. Il poster di Mogambo, con Clark Gable e la Gardner, è attaccato in salotto della casa dove vivono insieme. ”Mia sorella è la mia prima lettrice. Ho scritto tutti i miei romanzi in tre settimane, d’estate. Poi li correggo per mesi. Correggere è quel che preferisco. Jo prende il testo e annota le sue considerazioni di lato. Non scrive, disegna: un sorriso quando il passaggio le piace molto, due quando si spancia dal ridere, un’onda quando è perplessa”. Jo, di lei: ”Parlare di Fred è il mio soggetto di conversazione preferito”. Fred, di Jo: ”Lei ha cominciato a disegnare da bambina, io a scrivere tardi, invece. Non sono una scrittrice. Vendo più libri di quanti quadri lei venda semplicemente perché i libri sono un oggetto più semplice da comprare”. [...] un corpo magro senza eccessi, i capelli corti e la voce che canta. ”Quello che cerco nella scrittura è la musica. La musica delle frasi. Mi piace molto avere più personaggi anche se rischio di perdermi perché non so maneggiare il piano solo, riesco invece con l’orchestra sinfonica: i personaggi secondari servono a nutrire l’orchestra. [...] Non parto mai dall´assassino, ma da un gruppo di gente, dalle situazioni. In Parti in fretta e non tornare ho cominciato dal banditore di notizie che va in piazza a raccontare. Poi è venuta la peste, poi il resto. [...] L’assassino generalmente lo trovo per ultimo”. C’è sempre un gioco che fa da chiave al romanzo. [...] ”Un poliziesco è un romanzo di conoscenza. Lo scopo non è punire ma identificare. Non vedo la differenza fra un eroe greco che entra in un labirinto per sconfiggere il Minotauro, un cavaliere che affronta un drago in una foresta inestricabile e un eroe di un poliziesco. In ogni caso gli eroi devono trovare la strada attraverso le tentazioni per arrivare a una catarsi simbolica che, alla fine, aiuta il lettore ad alleviare le sue angosce [...] Il poliziesco è una favola nella quale facciamo finta di farci paura [...] Mi chiedono sempre quando scriverò un libro vero, un romanzo. Non capisco mai la domanda”» (Concita De Gregorio, ”la Repubblica” 5/9/2005).