4 settembre 2005
Tags : Alison. Lapper
Lapper Alison
• Nata a Burton on Trent (Gran Bretagna) il 7 aprile 1965. Artista. «[...] non ha le braccia, i piedi sono attaccati alle cosce. nata con una malformazione congenita: la focomelia. Nei primi giorni di vita, i medici, e anche sua madre, si auguravano che morisse. Invece è sopravvissuta. Ha trascorso tutta l’infanzia e la giovinezza in un istituto per disabili. A tre anni ha cominciato a dipingere con i piedi, e non ha più smesso, finendo per laurearsi in storia dell’arte alla Brighton University, mettendosi a fare la pittrice, usando immagini del proprio corpo per quadri e composizioni. Si è sposata, ha divorziato, è rimasta incinta con un altro uomo e a questo punto, contro la volontà del partner, ha proseguito la gravidanza, nonostante il limitato rischio (il 5 per cento dei casi) di mettere al mondo un bambino affetto dalla sua stessa malattia. [...] le è nato un bel maschietto, perfettamente sano [...] Già così, la storia di Alison Lapper sarebbe degna di un libro (che lei ha [...] scritto, My life in my hands, La mia vita nelle mie mani [...]), o di un film, che forse ora qualcuno girerà. [...] una statua di Alison, nuda e incinta, alta cinque metri, verrà installata sul piedistallo rimasto vuoto di Trafalgar Square, la grande piazza nel cuore di Londra, accanto al monumento dell’eroe inglese più celebre della storia, l’ammiraglio Nelson. Scolpita in marmo da Marc Quinn, uno scultore d’avanguardia, nel laboratorio di Franco Cervietti a Pietrasanta, in Toscana, la statua di Alison ha vinto il concorso indetto dalle autorità britanniche per decidere che monumento porre sulla colonna vuota di Trafalgar Square. La giuria comprendeva i direttori dei maggiori musei della capitale. Tra le centinaia di proposte considerate, sembrava favorita quella di una statua di Nelson Mandela. Alla fine, invece, ha vinto l’immagine di una donna nuda, focomelica, incinta. [...] Quando Alison cominciò a dipingere con i piedi, da ragazza, faceva ritratti di donne incantevoli, perfette. Un giorno l’insegnante di arte le disse a bruciapelo: ”Penso che disegni figure del genere perché rifiuti di confrontarti con quello che sei”. Alison ci pensò su. Andò in biblioteca. Sfogliò innumerevoli libri d’arte. Uno le cadde di mano, aprendosi alla pagina in cui era ritratta la Venere di Milo: la statua della divinità simbolo della bellezza, a cui l’usura del tempo ha fatto perdere le braccia. ”Ehi, quella sono io!”, si illuminò Alison, e da allora iniziò a usare il proprio corpo nei suoi ritratti. Un’illuminazione simile l’ha avuta anche Marc Quinn scegliendo l’opera con cui ha partecipato al concorso per Trafalagar Square: visitando il Louvre, si ritrovò a riflettere sul paradosso per cui tanta gente ammira come ideale di bellezza l’immagine di una donna senza braccia, ma prova repulsione alla vista di un disabile in carne ed ossa. La decisione della giuria, in un primo tempo, ha provocato polemiche: pessima arte, troppo ”politicamente corretta”, hanno decretato alcuni critici, comunque inadatta a un’esibizione a Trafalgar. Ma da quando la storia di Alison è circolata sui giornali, quasi tutti hanno cambiato idea. ”Penso che questa statua esprima il concetto definitivo di disabilità - , commenta lei. Cioè che ogni forma umana può essere bella e valida quanto qualsiasi altra”» (Enrico Franceschini, ”la Repubblica” 4/9/2005).