Il Sole 24 Ore 29/08/2005, pag.14 Marina Mojana, 29 agosto 2005
Quelle grandi vedute sulle rive del Po. Il Sole 24 Ore 29/08/2005. Il nucleo originario dei dipinti della Sabauda di Torino è costituito dalle opere d’arte di casa Savoia e con i numeri di inventario 467 e 469 entrano in pinacoteca anche due capolavori del vedutismo settecentesco firmati dal veneziano Bernardo Bellotto (1722-1780), nipote del più celebre Canaletto
Quelle grandi vedute sulle rive del Po. Il Sole 24 Ore 29/08/2005. Il nucleo originario dei dipinti della Sabauda di Torino è costituito dalle opere d’arte di casa Savoia e con i numeri di inventario 467 e 469 entrano in pinacoteca anche due capolavori del vedutismo settecentesco firmati dal veneziano Bernardo Bellotto (1722-1780), nipote del più celebre Canaletto. La Veduta di Torino con Palazzo Reale e il pendant con la Veduta con il vecchio ponte sul Po furono commissionati all’artista nell’estate del 1745 da Carlo Emanuele III, duca di Savoia e re di Sardegna e acquistati per 975 lire piemontesi l’uno. Le due tele, lunghe quasi due metri e alte 127 centimetri, concludono la prima fase artistica del Bellotto, anticipando nel taglio compositivo la forte prospettiva, la precisione matematica, i marcati equilibri chiaroscurali e la raffinata scelta dei colori delle vedute di Dresda, dove l’artista veneziano arriva, in qualità di pittore di corte, proprio nell’inverno del 1745. Tra le due vedute di Torino, la più "sentita" è senza dubbio quella presa verso sud-ovest da un luogo vicino all’attuale chiesa della Gran Madre di Dio. Alcune case del Borgo Po appaiono a sinistra, sulla riva orientale del fiume e, dietro esse, si scorgono il Monte dei Cappuccini e Santa Maria del Monte. Il primo piano è dominato dal ponte di legno e pietra che conduce alla Porta del Po, all’epoca l’antico ingresso al centro città, mentre in lontananza, a sinistra del centro, appare il Castello del Valentino e sullo sfondo si profilano le Alpi. Il quadro vanta un interessante elenco di primati: fu il primo della serie dei grandi formati e anche il primo in cui il pittore diede dignità di rappresentazione alla periferia di una città, ma anche il primo a includere il suo autoritratto; l’artista si mostrò in primo piano a sinistra nell’atto di disegnare, in compagnia di un gentiluomo e di un ecclesiastico. Con quest’opera, realizzata a soli 23 anni, Bellotto dichiara di aver raggiunto la maggior età artistica, dimostrata nell’abilità straordinaria con cui seppe imprimere profondità alla veduta: da un lato la forte prospettiva lineare induce l’occhio a spingersi lontano, verso le Alpi, dall’altro tutti gli edifici, anche quelli distanti sullo sfondo, sono presenti con uguale chiarezza, come se fossero colti dallo zoom di una macchina fotografica capace di provare emozione. Marina Mojana