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 2005  agosto 27 Sabato calendario

Sacco e Vanzetti. La Repubblica 27/08/2005. Le testimonianze. Mentre si stava formando la giuria, Harry Dolbeare, accordatore di pianoforti di South Braintree, era stato esonerato dall´incarico dopo aver confabulato col giudice

Sacco e Vanzetti. La Repubblica 27/08/2005. Le testimonianze. Mentre si stava formando la giuria, Harry Dolbeare, accordatore di pianoforti di South Braintree, era stato esonerato dall´incarico dopo aver confabulato col giudice. Chiamato poi a deporre come testimone d´accusa riferì di aver chiesto l´esonero perché mentre era in tribunale aveva riconosciuto in Vanzetti un uomo che aveva visto a South Braintree il 15 aprile, quattordici mesi prima di testimoniare. Dolbeare dichiarò che quella mattina, ancora del tutto priva di eventi particolari, aveva visto un´automobile che avanzava per strada con cinque persone a bordo, e che aveva fatto caso specialmente all´uomo che stava seduto dietro, in mezzo ad altri due. Quest´uomo si sporgeva a parlare con qualcuno seduto davanti. Dolbeare ne vide soltanto il profilo che si stagliava contro la tenda nera. «Che cosa c´era in quegli uomini che attirò la sua attenzione?», chiese l´avvocato McAnarney. «L´aspetto generale di quei cinque. Non li conoscevo e mi sembrarono stranieri». «Che altro?». «Be´, che sembrava proprio un gruppo di delinquenti». Dolbeare ammise che aveva visto un bel po´ di automobili con tre, cinque e anche sette stranieri che venivano dalla zona dei cantieri navali di Fore River. «Mi descriva in qualche modo gli uomini che si trovavano sul sedile anteriore», chiese McAnarney. «Vorrei che quello che dico non venisse verbalizzato, poiché le mie impressioni non sono sufficientemente precise. No, gli uomini seduti davanti non mi fecero nessuna impressione particolare». Gli pareva che portassero dei vestiti usati, ma non sapeva dire se erano tute o giubbe da lavoro, né se erano puliti o sporchi. «Mi descriva in qualche modo gli altri seduti sul sedile posteriore», chiese McAnarney. Ma Dolbeare non fu in grado di fornire alcun dettaglio particolare eccetto che si trattava di un «gruppo di delinquenti». Tutta la confusione che quel giorno, a Braintree, seguì gli omicidi non lo spinse affatto a informare le autorità che aveva visto un gruppo di delinquenti in automobile, né lo spinse ad andare alla stazione di polizia di Brockton insieme alla numerosa delegazione che vi andò da Braintree dopo che Sacco e Vanzetti furono arrestati. Perfino le tante fotografie di Vanzetti pubblicate ovunque non lo spinsero ad agire. Alle 4.15 del pomeriggio del giorno del delitto, Austin T. Reed, custode del passaggio a livello a Matfield Crossing, a qualche miglio da South Braintree, abbassò le sbarre per far passare un treno e obbligò così una grande automobile da turismo a fermarsi. «Un uomo di carnagione scura» con «guance infossate, zigomi alti e baffi corti» che portava un cappello floscio, si sporse per gridare in un inglese chiaro e impeccabile: «Perché diavolo ci hai fatto fermare?». Tre settimane dopo, quando Sacco e Vanzetti erano già stati arrestati e molti venivano portati al carcere di Brockton per poterli vedere, anche Reed andò a Brockton «a cercare un italiano» come poi testimoniò al contro interrogatorio, un italiano con i baffi, e Vanzetti corrispose al caso. Riconobbe non solo l´aspetto, ma anche la voce. Una voce che, mentre conversava dentro il carcere, e in italiano, ricordava al testimone «quella stessa voce roca» con cui l´italiano gli aveva gridato dall´automobile. Questo testimone era sicuro della sua «identificazione», per quanto i baffi di Vanzetti siano tutt´altro che «corti» e il suo accento sia chiaramente quello di uno straniero. Bisogna anche sottolineare che Reed aveva piazzato l´uomo con i baffi che aveva «identificato» come Vanzetti, sul sedile anteriore, accanto al guidatore, cioè nel posto in cui ogni altro testimone aveva messo il bandito che si voleva invece far identificare come Sacco. Un altro testimone, Austin C. Cole, controllore sul tram di Brockton su cui Sacco e Vanzetti furono arrestati la sera del 5 di maggio seguente l´omicidio, testimoniò che quelle stesse persone avevano viaggiato sul suo tram alla stessa ora il 14 o il 15 aprile. Se però questa testimonianza viene accettata come valida per il 14, contemporaneamente smentisce quella di Faulkner sul passeggero del treno da Cohasset la mattina dopo. Se invece viene accettata per il 15, allora significherebbe che due banditi dalle mani ancora insanguinate - uno dei quali era stato al centro dell´azione di fronte a dozzine di spettatori - avevano lasciato la loro potente automobile per salire, parecchie ore dopo, su un tram in una città poco distante dal luogo del delitto. Al controinterrogatorio Cole ammise che, quando i due erano saliti in vettura in quel giorno di aprile, all´inizio aveva pensato che il più grosso dei due fosse «Tony il portoghese», un tale che gli capitava di vedere a Campello da una dozzina d´anni. L´avvocato della difesa McAnarney mostrò a Cole la foto di un uomo con grandi baffi scuri, visto di profilo. D. Riconosce questa foto? R. Sembrerebbe Vanzetti. (Naturalmente, mentre risponde, Cole è seduto in posizione da poter vedere benissimo Vanzetti). D. la foto di Vanzetti? R. Io la chiamerei così. D. E non è una foto del suo amico Tony? R. No. A questo punto un uomo viene condotto in aula. D. Conosce quest´uomo? R. Sì, l´ho già incontrato. D. Chi è? R. Tony. McAnarney fece nuovamente vedere la fotografia a Cole. D. una foto di Vanzetti? R. Sembrerebbe. Ma in realtà si trattava della foto di un altro italiano, del tutto diverso da Vanzetti, però anche lui con grandi baffi. * * * L´accusa fece di tutto per far apparire Sacco come l´uomo di carnagione scura «dalla barba incolta» che si era appoggiato allo steccato sotto la fabbrica Rice&Utchins, aveva sparato a Berardelli, era saltato in macchina e, sporgendosi, aveva sparato a destra e a sinistra mentre l´auto traversava rapidamente la città. A questo scopo, portò in tribunale quattro presunti testimoni del delitto e della fuga che "identificarono" Sacco. Questi quattro erano la signorina Splaine, la signorina Devlin, Pelser e Goodridge. Altri due, Wade e De Bernardinis, chiamati per lo stesso motivo, delusero l´accusa non essendo riusciti a identificarlo con certezza. Mary Eva Splaine, contabile della Slate&Morrill, descrisse uno dei banditi della macchina in fuga in maniera straordinariamente esauriente, se si tiene conto che si affacciava da una finestra del primo piano ad almeno 25 metri dall´auto e vide il bandito soltanto per quel breve intervallo che un´auto impiega a percorrere una decina di metri a circa 30 chilometri l´ora - ovvero un secondo e venti centesimi. Prima aveva visto l´automobile da una finestra che dava a est, poi si spostò a una finestra che dava a sud. Mentre raggiungeva la finestra a sud, un uomo si affacciò da dietro il sedile anteriore dell´auto. «Era un po´ più alto di me - fu la sua testimonianza - sarà stato tra 63 e 65 chili, capelli scuri, sopracciglia scure, guance magre e viso rasato di un certo colore verdastro. Aveva la fronte alta. I capelli erano pettinati all´indietro ed erano lunghi, direi, quattro o cinque centimetri. Aveva le spalle dritte e squadrate. Non aveva cappello... Il viso dai tratti netti era accuratamente sbarbato. Aveva una camicia grigia. Sembrava un uomo vigoroso, energico, e aveva una grande mano sinistra, una mano poderosa». Continuò dicendo che quell´uomo si sporgeva per metà fuori dalla macchina, subito dietro il sedile anteriore, su cui appoggiava la sua mano sinistra, presumibilmente lontana dalla faccia per quant´è lungo il braccio. «Fu sotto i miei occhi a partire dalla metà della distanza che c´è tra i binari del treno e il negozio del calzolaio, cioè più o meno 18 o 22 metri, la metà dei quali fa 9 o 11 metri. La mia visuale si fermava al negozio del calzolaio». La Splaine dichiarò che Sacco era senza dubbio l´uomo che si sporgeva dalla macchina. L´avvocato della difesa Fred H. Moore le mise di fronte i verbali dell´audizione preliminare relativa a Sacco, che dimostrano che a quell´epoca, un anno prima del processo e poche settimane dopo il delitto, e dopo aver potuto osservare Sacco a piacimento in tre diverse occasioni, aveva ammesso sotto giuramento che «non poteva giurare che Sacco fosse senz´altro il bandito». «Non è vero - dichiarò ora - non l´ho mai detto». Ma il giorno dopo venne in tribunale e annunciò di voler cambiare la sua testimonianza, aggiungendo che ammetteva di aver detto, all´audizione preliminare, che non era in grado di giurare che Sacco era senz´altro il bandito (pag. 416 degli Atti). Aggiunse che la sua attuale convinzione che proprio Sacco fosse il bandito derivava dall´averci «riflettuto». Il verbale della testimonianza da lei fornita in sede preliminare (pag. 56) mostra che quando lei era stata interrogata alla centrale di polizia aveva detto: «Non credo che quel che ho potuto vedere mi dia il diritto di dire che quello è senza dubbio la persona giusta». Nell´audizione preliminare lei ricordava una rivoltella nella mano destra. Al processo non disse niente né della mano destra né della rivoltella. Infine ammise che quando era stata alla centrale della polizia di Stato a Boston, poco dopo il delitto, le avevano fatto vedere una certa foto in un album di ritratti di delinquenti abituali e lei aveva detto: «Questo sì che somiglia tutto al bandito». Poi però aveva saputo che si trattava di uno che quel 15 aprile era detenuto nel carcere di Sing Sing. Frances J. Devlin, anche lei contabile della Slate&Morrill, testimoniò più o meno come la Splaine. Aveva visto l´automobile che fuggiva dallo stesso punto di vista, una finestra al primo piano di Hampton House, cioè da almeno 25 metri di distanza. Disse di aver visto un uomo che, sporgendosi dal sedile posteriore destro, sparava sulla folla. Questo bandito, disse, era un tipo robusto, di carnagione scura, pallido, un bell´uomo dai tratti marcati. Era leggermente stempiato e portava i capelli pettinati all´indietro. Identificava «senza alcun dubbio» Sacco come il bandito. Durante il contro interrogatorio la Devlin ammise che nell´audizione preliminare aveva detto che il bandito era alto e robusto, mentre Sacco è soltanto 1,65. Ammise anche di aver detto, in quell´occasione: «Non posso dire con sicurezza che si tratti di lui». I verbali della polizia di Quincy dimostrano che all´audizione preliminare aveva detto di esser riuscita a osservare il viso del guidatore meglio che quello dell´altro bandito, cosa ovviamente impossibile visto che si trattava di un´automobile coperta e con guida a sinistra. Ma al processo disse di non aver mai detto niente di simile e di non aver affatto visto il viso del guidatore. Ammise che Sacco, alla centrale di polizia di Brockton, era stato costretto ad assumere, davanti a lei, pose uguali a quelle in cui lei diceva di aver visto il bandito. Rispondendo a Harold Williams, dell´accusa, la Devlin spiegò che al processo di primo grado aveva detto di non essere in grado di identificare Sacco in modo certo come il bandito «a causa dell´immensità del crimine. In fondo all´anima ne ero certa, ma mi sembrava orribile affermarlo, dirlo, così, direttamente». Malgrado il fatto che le descrizioni fatte dalle due giovani donne, se si tiene conto della posizione da cui osservarono la scena e della brevità dei tempi, fossero piene di dettagli così stupefacenti, malgrado il modo con cui i dubbi espressi alle audizioni preliminari si mutarono, al processo, in assolute certezze, esse furono le testimoni più forti contro Sacco. * * * Una testimonianza che contraddiceva quelle di Mary Eva Spkaine e di Frances Devlin fu offerta da Frank Burke, conferenziere, che ebbe modo di osservare i banditi in fuga da una posizione molto migliore di quella in cui si trovava ciascuna delle due donne. Lui si trovava su Pearl Street, vicino alle rotaie della ferrovia per New Haven e proprio sul tragitto dell´auto che fuggiva. Si trovava a tre metri dalla vettura. Ci vide dentro due uomini, entrambi di carnagione scura. Il bandito che si sporgeva dal sedile posteriore gli puntò contro la pistola e premette il grilletto, ma non vi fu alcuna esplosione. Burke ebbe modo di vedere in tutti i particolari l´uomo che l´accusa sosteneva fosse Sacco. Lo descrisse come uno che aveva il viso pieno, schiacciato, la mascella larga e robusta e la barba non rasata, «dal viso scuro e l´aria di un disperato». Solo che Burke dichiarò che quel bandito non era né Sacco né Vanzetti. Lui si era trovato proprio di fronte all´auto in fuga, mentre la visuale, dal punto in cui erano sia la Splaine che la Devlin, era interrotta dal negozio del calzolaio, e lui aveva dato una descrizione accurata dell´uomo del sedile anteriore destro, che l´accusa vuole fosse Sacco, avendolo visto da una distanza di tre metri invece che di venticinque, come nel caso delle signorine Splaine e Devlin. * * * Dalla condanna di Sacco e Vanzetti, pronunciata il 14 luglio 1921, condanna che ha scioccato una grande parte dell´umanità come non capitava da quando Dreyfus fu spedito all´Isola del Diavolo, il Comitato di difesa, sostenuto da contributi in arrivo da ovunque negli Stati Uniti e da ogni parte nel mondo ove esiste un movimento dei lavoratori, finora è riuscito a rimandare l´esecuzione. La richiesta di riapertura del processo che è appena stata negata era la settima. All´inizio la difesa era affidata a Fred H. Moore. Poi è passata a William G. Thompson, un eminente avvocato di Boston, presidente di un comitato dell´Associazione degli avvocati del Massachusetts, il quale ha avuto il coraggio e il senso civico di assumere una causa molto impopolare, col rischio di perdere clienti e amici. John Dos Passos